Politica
Elly Schlein: trasformismo, non rivoluzione

“Cambiare tutto perchè nulla cambi“: questo il senso della gattopardesca operazione Elly Schlein. Altro che rivoluzione! A ben vedere, infatti, si fa davvero fatica a capire dove stia la novità nell’elezione di Schlein alla guida del PD.
Non è la stessa persona che Stefano Bonaccini ha scelto poco tempo orsono come sua vice in Emilia Romagna? Non è la stessa a cui il gotha del PD uscente, Enrico Letta in testa, ha permesso di candidarsi senza che neppure avesse, sino a pochi minuti prima, la tessera del partito? Vogliamo credere che un corpo estraneo al Pd vi si sia inserito senza il consenso della classe dirigente che ha preparato e gestito le primarie?
Giustamente Fabio Martini sull’Huffpost ha notato che “Letta e Bersani hanno apparecchiato la grande vittoria di Schlein” con un “cambio delle regole studiato per aprire la strada ad Elly” e chiuderla a Stefano Bonacini, espressione troppo palesemente vecchia del vecchio PD-PCI!
Chi ha appoggiato la Schlein, portandola alla vittoria? Quasi tutti i pezzi grossi, maschi, del partito: da Franceschini a Boccia, da Zingaretti a Orlando! Con il tifo più o meno clamoroso di Letta, Prodi, D’Alema e Bersani.
Bonaccini ha giocato sin dal principio una partita difficilissima, potendo godere soltanto della sua notorietà di amministratore locale. La parola d’ordine dell’apparato, del vecchio potere che si vuole reinventare, è quella di celebrare la presunta novità, la presunta rivoluzione, nella speranza di far resuscitare il partito dalle sue ceneri: bisogna far credere che è cambiato tutto, bisogna far tornare al voto i delusi, occorre presentare un partito ormai percepito come vecchio, ultra-conservatore ed ultra borghese, come luogo di opportunità, aperto ai giovani, alle donne, agli arrivi dell’ultima ora. Ma è tutta un’operazione di martketing, sia per quanto riguarda le persone, in sostanza sempre le stesse, sia per quanto riguarda i programmi.
La Schlein è forse diversa da Enrico Letta? Non viene anche lei da “buona famiglia” di potere, come lui? Non è estranea, come lui, al mondo operaio? Non è radicale come lui, avendo sostenuto le medesime battaglie, dal ddl Zan all’immigrazionismo selvaggio, all’aborto senza limiti?
Dove starebbe la differenza? Forse nella posizione sulla guerra in Ucraina? No, anche riguardo a quella la Schlein ha votato anche l’ultima spedizione di armi, sposando nel concreto la linea ‘guerrafondaia‘ del vecchio segretario!
Si vuole fare la rivoluzione banchettando a tavola con i re, le regine, i notabili del paese e del mondo (si ricordi il suo legame con Soros, che già anni orsono la sponsorizzava come affidabile, al pari d Cozzolino e Panzeri; vedi: https://www.iltimone.org/news-timone/con-elly-schlein-il-pd-ora-e-definitivamente-il-partito-di-davos/).
Cosa farà la Schlein domani? Battaglie radicali, ambientaliste, mondialiste, LGBTQ… e probabilmente un’alleanza con i 5S. Esattamente il “campo largo” che si è formato alla caduta del governo gialloverde e che anche Letta aveva in mente di riproporre, prima dell’imprevista caduta del governo Draghi.
Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, solo un’operazione di maquillage (la scelta era tra cambiare nome o cambiare aspetto).
Un po’ come dopo il 1989, quando il PCI di Occhetto, avendo compreso che era impossibile continuare a far finta che il muro non fosse caduto, decise di farsi chiamare PDS e mise la falce e il martello, prima al centro del simbolo, un po’ più in basso, in piccolo, sotto un alberello.
Anche oggi basta guardare bene per accorgersi che accucciati, ai lati della Schlein, o dietro, ci sono, solo un po’ più pudichi di un tempo, gli stessi personaggi, con le stesse idee e gli stessi programmi.
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