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Italia ed estero

Coesistere con i grandi predatori: un nuovo studio

Lo studio ha raccolto e analizzato 70 anni di segnalazioni relative ad attacchi a persone da parte di 12 specie di grandi carnivori in tutto il mondo.

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I grandi carnivori da sempre affascinano e ispirano le società umane, ma possono allo stesso tempo costituire una minaccia per le persone che si trovano a dover condividere con loro ambiente e risorse.

Seppure si tratti di eventi molto rari, gli attacchi dei grandi carnivori alle persone rappresentano una delle sfide di conservazione e coesistenza più complesse, in quanto possono influire, direttamente o indirettamente, anche sulla conservazione dei grandi carnivori stessi.

Gli animali coinvolti in questi eventi, infatti, vengono spesso abbattuti o rimossi durante o dopo l’incidente. Inoltre, anche grazie all’attenzione mediatica che attirano, questi eventi possono influenzare drasticamente le attitudini delle persone nei confronti delle specie coinvolte. È quindi prioritario riuscire a ridurre questo tipo di incidenti e – a tal fine – risulta fondamentale acquisire conoscenze approfondite sulle dinamiche e sui fattori che possono aumentarne il rischio.

In alcune regioni del mondo, inclusa l’Europa, i grandi carnivori stanno ricolonizzando i loro areali storici, a seguito di diverse trasformazioni sia ambientali che socioeconomiche.

Questo ritorno ha portato popolazioni di grandi carnivori a insediarsi in aree in cui gli habitat sono frammentati e occupati da città, strade, terreni agricoli, e altre attività umane. In queste aree, i conflitti possono essere particolarmente aspri, poiché le persone non sono più abituate a convivere con i grandi predatori.

In altre aree del mondo, invece, le popolazioni di grandi carnivori sono in declino a causa dell’espansione delle popolazioni umane che causano distruzione, frammentazione e degrado degli habitat. In entrambi gli scenari, la stretta coesistenza che ne deriva comporta inevitabilmente un aumento delle interazioni con le comunità locali.

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In un nuovo studio pubblicato sulla rivista PLOS Biology la ricercatrice del MUSE, insieme a diversi altri esperte ed esperti internazionali, ha raccolto e analizzato oltre 5000 casi di attacchi alle persone registrati tra il 1950 e il 2019. La ricerca si è concentrata sulle specie di grandi carnivori terrestri maggiormente coinvolte in questo tipo di conflitti, tra cui anche tigri, leoni, orsi e lupi e ha considerato solamente quelle interazioni in cui il contatto fisico con l’animale ha portato al ferimento o alla morte della persona coinvolta.

L’indagine ha evidenziato interessanti differenze negli scenari e nelle frequenze in cui avvengono queste interazioni negative. Differenze legate sia alla diversa ecologia delle specie considerate, sia al contesto socioeconomico e ambientale locali.

Gli attacchi avvenuti nelle aree cosiddette “ad alto reddito”, come ad esempio Europa e Nord America, si sono verificati più comunemente mentre le persone coinvolte stavano svolgendo attività ricreative, come escursionismo, campeggio o passeggiate con i cani, mentre quasi il 90% degli attacchi registrati nelle aree geografiche “a basso reddito” si è verificato durante attività di sostentamento come l’agricoltura, la pesca o il pascolo del bestiame.

“Felidi e canidi – spiega la ricercatrice del MUSE Giulia Bombieri sono risultati i gruppi di specie maggiormente coinvolti in attacchi predatori, i più letali per le persone, mentre gli attacchi da parte di orsi sono quasi sempre difensivi, per esempio nei casi in cui questi vengono inavvertitamente sorpresi a distanza ravvicinata, oppure in difesa dei cuccioli o di fonti di cibo. La maggior parte degli attacchi mortali è stata registrata nei Paesi a basso reddito, nei quali si è verificata gran parte degli attacchi predatori da parte di grossi felidi come leoni e tigri”.

Notevoli differenze sono state riscontrate anche nelle circostanze e frequenze di attacchi da parte della stessa specie in aree geografiche diverse, a dimostrazione di come il contesto ambientale e socioeconomico umano siano fattori determinanti nel definire la tipologia di rapporti e interazioni tra persone e grandi carnivori.

Secondo autrici e autori, gli approcci per ridurre questo tipo di conflitti dovrebbero quindi essere adattati non solo alle specie, ma anche al contesto socioeconomico e ambientale in cui si opera.

Appare chiaro che nei Paesi ad alto reddito, dove la maggior parte delle interazioni con i grandi predatori avviene quando le persone entrano in aree frequentate dai grandi carnivori per svolgere attività ricreative e dove gli attacchi sono soprattutto una conseguenza di comportamenti inappropriati da parte delle persone, campagne di educazione rivolte a visitatori e residenti nelle aree con grandi carnivori sui comportamenti da adottare possono risultare efficaci per ridurre in maniera importante questo rischio.

Al contrario, nei Paesi a basso reddito, dove la coesistenza con i grandi carnivori è per lo più involontaria e obbligata, e gli attacchi di tipo predatorio sono più frequenti, le strategie per migliorare la coesistenza tra comunità locali e grandi predatori sono sicuramente più complesse e rappresentano una sfida importante.

Leggi l’articolo in PLOS Biology: http://journals.plos.org/plosbiology/article id=10.1371/journal.pbio.3001946

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