Trento
Marcello Foa a Trento: il sistema (in)visibile

Il tour di Marcello Foa per presentare il suo Il sistema (in)visibile toccherà anche la nostra città di Trento il 30 gennaio, ad ore 17.30 presso la sede del MpV locale (passaggio Teatro Osele 4; per info: 3498634175).
Giornalista e docente universitario presso La Cattolica di Milano e a Lugano, già presidente della Rai, Marcello Foa è soprattutto un attento indagatore delle vicende attuali riguardanti l’informazione, il potere e la politica estera.
Il libro analizza in particolare il cambiamento avvenuto nella politica con la caduta dell’URSS e l’avvento della globalizzazione: si è infatti passati da una politica protagonista, capace di controllare o di guidare l’economia, ad una politica impotente, sovrastata dal potere della finanza, delle multinazionali, dei monopoli e degli oligopoli crescenti: “Pensavamo di essere padroni del nostro destino, scrive Foa, mentre altri, in luoghi che nemmeno immaginavamo e che non necessariamente coincidevano con governi e parlamenti, decidevano per noi”.
Cosa avviene a Davos? Perché Bill Gates è stato trasformato, dai media, in un autorità della virologia? Sono liberi le università, i think tank, i giornali che ricevono continui finanziamenti degli uomini più ricchi del pianeta? Perché Gorge Soros appoggia qui e là rivoluzioni colorate, giornali, fondazioni, partito come +Europa di Emma Bonino? Ecc.
Sono tutte domande che hanno a che fare proprio con questo: il tramonto della politica, persino degli stati nazionali a vantaggio di una elitè che impone il suo volere in ogni campo, condizionando persino le idee e i valori dei popoli.
E tutto ciò cosa ha a che fare con le guerre avvenute dopo il 1989, da quella in Iraq a quella in Ucraina? In attesa di ascoltare Foa, oratore sempre acuto e brillante, un passo illuminante, tra i tanti, tratto dal saggio citato:
“Un business (quello delle armi, ndr), sorretto dalle consuete logiche oligopoliste. Da un quarto a un terzo di tutti i contratti del Pentagono vanno tradizionalmente a sole cinque grandi società: Lockheed Martin, Boeing, General Dynamics, Raytheon Technologies e Northrop Grumman. Che beneficiano anche dell’inevitabile influenza dell’amministrazione nel favorire le esportazioni di armamenti. Le aziende statunitensi coprono il 39% del mercato mondiale, metà delle quali in Medio Oriente.
L’elenco dei maggiori importatori vede l’Arabia Saudita al primo posto (11%), seguita da India (9,5%), Egitto (5,8%), Australia (5,1%), Cina (4,7%), Algeria (4,3%), Corea del Sud (4,3%), Qatar (3,8%), Emirati Arabi (3%), Pakistan (2,7%).
Quasi tutti Pesi alleati o amici degli Usa. Ne risulta una circolarità: il contribuente finanzia le guerre e la superiorità statunitense nel mondo, che a sua volta genera un indotto economico importante a beneficio delle industrie militari statunitensi, sia attraverso acquisti diretti del Pentagono sia inducendo gli alleati a comperare armi, in buona parte made in Usa.
Dunque il costo ricade sullo Stato, una parte molto rilevante del profitto va ai private palesando uno dei dividendi della globalizzazione, ossia un fenomeno promosso da un’elite che è principalmente, ma non solo, americana e che è anche, ma non solo, politica”.
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