Trento
Circonvallazione ferroviaria Trento: pian piano la verità viene a galla

Si addensano forti nubi sulla realizzazione della circonvallazione ferroviaria di Trento fin dall’inizio contestata da molti cittadini e comitati.
Accanto ad altri documenti di causa (legati al Ricorso che 23 cittadini) RFI ha depositato in Cancelleria, a sostegno delle proprie posizioni, nuovi elaborati circa le aree inquinate di Trento Nord e sul passaggio attraverso la Marzola della galleria a due canne che costituisce la parte dimensionalmente più grande della circonvallazione ferroviaria.
Si tratta di numerosi documenti fra cui tre elaborati riguardanti le aree inquinate ed un documento, lungo quasi 400 pagine, circa il tratto in galleria della circonvallazione AC/AV, praticamente un nuovo studio geologico ed idrogeologico, costruito anche sulle elaborazioni dei dati dei rilievi effettuati sul percorso dell’opera fino a luglio 2022 (ultimo sondaggio quello realizzato in località Bindesi).
Questo ultimo elaborato (riguardante la idrologia e geologia della Marzola e degli ingressi nord e sud della galleria a due canne) non è oggetto del presente lavoro, che prenderà in esame le ultime “decisioni” di RFI circa le aree ex SLOI ed ex Carbochimica che costituiscono, assieme alle rogge doganali, il SIN di Trento Nord.
Un successivo documento avrà nei prossimi giorni il compito invece di analizzare la nuova documentazione di RFI circa la Marzola, la paleofrana ed i rischi di attraversamento di quella montagna alla luce appunto della nuova documentazione.
Una premessa necessaria – In molti articoli precedenti abbiamo sottolineato che i documenti che RFI sta operando in aperto contrasto con la normativa per la approvazione delle grandi opere, introdotta con il “decreto semplificazioni”, il D.L. 77/2021, che definisce una procedura speciale per la approvazione delle opere di cui all’ allegato IV del PNRR (quello che contiene fra le opere anche la circonvallazione AC/AV di Trento).
La procedura del Decreto Legge 77/2021, in analogia con il Codice dei Contratti, attribuisce alla Conferenza dei Servizi (presieduta dal Committente dell’ opera, in questo caso RFI) un ruolo centrale. Ovvero in Conferenza dei Servizi “ferme restando le prerogative dell’ autorità competente in materia di VIA, sono acquisite e valutate le eventuali prescrizioni e direttive adottate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (…) e le osservazioni secondo le modalità di cui all’ articolo 46 del presente decreto, della verifica preventiva di interesse archeologico e della valutazione di impatto ambientale. La determinazione conclusiva della Conferenza dei Servizi approva il progetto e tiene luogo dei pareri, nulla osta ed autorizzazioni necessarie ai fini della localizzazione dell’ opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell’ intervento, delle interferenze e delle e delle relative opere mitigatrici e compensative…”.
All’ opposto RFI ha mandato all’esame del Comitato Speciale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici il progetto originario, quello del dicembre 2021, senza le prescrizioni avute nell’iter di approvazione del progetto dagli enti locali territorialmente interessati allo stesso.
A questa decisione, che il Consiglio Superiore non ha certo apprezzato (vedi Determinazione Motivata n.2 del Comitato Speciale) si aggiunga che il Progetto di Fattibilità Tecnico Economica prima di andare alla verificazione prevista (che è avvenuta da parte di una struttura interna di RFI!) non ha avuto neppure l’inserimento di quelle prescrizioni date dalla determinazione motivata n.2 del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, nonostante Il Comitato Speciale lo avesse formalmente richiesto (vedi Determinazione Motivata n.2)
RFI, invece, ha delegato ai verificatori, in pratica ad una sua struttura interna (alla faccia del conflitto di interessi!) la acquisizione e la valutazione delle prescrizioni, in questo modo, di fatto, rendendo nullo ed inefficace tutto il procedimento autorizzativo dell’ opera e mettendo a gara un progetto che è diverso da quello sottoposto sia al dibattito Pubblico che al Comitato Tecnico PNRR – PNIEC, a cui era insindacabilmente delegato il compito della valutazione ambientale.
Detto in altre parole RFI ha messo a gara e stà per affidare un progetto che non ha nessuna approvazione reale ed è privo addirittura, in molte parti, del parere del Comitato Tecnico PNRR – PNIEC!
I nuovi documenti allegati al ricorso – Rfi ha allegato al ricorso cinque nuovi elaborati relativi ai lavori nelle aree inquinate di Trento Nord. Si tratta di una relazione generale (58 pag.), di un documento relativo all’ ex area Sloi (135 pag) e di una relazione specialistica sul lavoro in ambiente confinato ( 9 pag), e di una relazione generale ed un documento specifico sull’area ex Carbochimica.
Rispetto agli interventi contenuti nel PFTE molte cose cambiano, alcune in meglio, altre in peggio, complessivamente il quadro peggiora ed in modo significativo.
Il comitato giudica molto positivo, e frutto della iniziativa di lotta, la decisione di non usare le aree del SIN per il deposito dei materiali di scavo che fuoriusciranno dalla galleria a due canne sotto la Marzola (era previsto su quelle aree il deposito di ben 1,5 milioni di metri cubi di materiale!) e di conseguenza la non realizzazione del ridicolo capping (trenta centimetri di sabbia e di “tessuto non tessuto” che avrebbero dovuto “impedire” che il terreno che uscirà dalle gallerie non si mescoli con quello inquinato).
Si tratta di un risultato significativo anche se accompagnato dal fatto che nel PFTE mandato a gara scompaiono totalmente le aree di deposito del materiale previste per l’imbocco nord, reperimento che viene demandato a chi vincerà la gara!
Il nuovo PFTE cancella anche lo spostamento del rio Lavisotto, di fatto facendo coincidere la bonifica delle rogge demaniali con la creazione di un nuovo alveo per il rio Lavisotto, scelta questa che finirà per interferire con la bonifica delle rogge demaniali violando il D.L. 77/2022 che prevede che interventi in linea nei SIN siano possibili solo se non interferiscono o impediscono le bonifiche.
Nella nuova documentazione RFI continua a sostenere la tesi che ad essere inquinate sono solo le aree incluse nel SIN e che quindi non c’è inquinamento sotto i binari della linea storica, una tesi contraddetta dalla caratterizzazione di quei terreni, avvenuta ancora nel 2004 ad opera di APPA, che aveva trovato piombo tetraetile sia sul lato ovest che sul lato est del rio Lavisotto, Del resto, lo abbiamo sempre detto che gli inquinanti non rispettano i confini catastali e che nel caso in ispecie è l’andamento nord/sud/sudest della falda che trasporta il piombo (seppure lentamente date le caratteristiche di quel metallo) dalle aree ex Sloi verso quelle ex Carbochimica.
Ma gli elementi negativi non si fermano qui – Nel documento si nega quanto APPA (Azienda Provinciale per la Protezione Ambientale, ovvero il braccio operativo sia della Provincia che del Ministero dellaTransizione Ecologica) aveva scritto circa il fatto che la realizzazione delle strutture laterali alla circonvallazione possano allargare l’ inquinamento, mettendo a contatto la falsa superficiale inquinata con la falda profonda, oggi non inquinata.
Si tratta di un muro conficcato sotto terra alla profondità di meno 26 metri, che a nord si estenderà dalla balza di via Pietrastretta, dove dovrebbe iniziare la galleria sotto la Marzola, fino a Roncafort, Si tratta di un muro che bucherà quella sottile lente di limo che fino ad ora ha impedito che il piombo, il mercurio e gli IPA (idrocarburi policistici aromatici ( che hanno inquinato prevalentemente l’area ex Carbochimica) passino dalla falda superficiale a quella profonda, allargando pericolosamente l’inquinamento. Che questo possa avvenire è dimostrato dalla vicenda della rogge demaniali che hanno portato il piombo e gli inquinanti da Campotrentino fino al fiume Adige, transitando sul percorso dell’Adigetto, oggi interamente coperto fino a via San Severino.
E questo senza parlare poi delle conseguenze che una tale realizzazione produrrà per le aree ad est di via Brennero (il quartiere dei Solteri in primis) dove i muri a quella profondità avranno un effetto diga per quanto riguarda la falda e ci saranno fenomeni pesanti di allagamento degli edifici (cosa che avviene anche ora, ma che è destinata a peggiorare significativamente)
Infine si tratta anche di un pessimo intervento paesaggistico visto che su detti muri, da poco dopo la rotatoria dei Martiri di Nassyria saranno montate barriere anti rumore della altezza di 5 metri dividendo in due, anche visivamente quel pezzo della Valle dell’ Adige,
Ma gli aspetti negativi non si fermano qui – Il documento sull’area SLOI presentato da RFI è una vera e propria presa in giro per la città.
Mentre nel PFTE realizzato a dicembre 2022 le quote di transito relative ai binari che scorreranno nelle aree SLOI erano in media a meno tre metri dal piano campagna, improvvisamente di alza la quota di scorrimento a meno un metro, salvo che nel tratto relativo alla Fossa degli Armanelli dove si scaverà fino a meno 2,4 metri e a pagina 37 della relazione generale scrive: “la realizzazione dell’ opera rimuoverà circa la meta del suolo contaminato del sito”, dove per sito si intende l’area di passaggio della linea storica. In altre parole si tratterà di uno scortico del terreno che non verrà bonificato, se non parzialmente, ponendo i binari della linea storica su aree inquinate in profondità da piombo e metalli pesanti e realizzando il raddoppio dei binari sotto gi attuali, dove, per RFI, non esiste inquinamento!
Realizzare i lavori in questo modo è pericolosissimo per la città e per i lavoratori e CGIL, CISL e UIL anzichè farsi belli con di protocolli d’intesa fatti al solo scopo di creare sull’opera una cortina di fumo che copre le opacità, farebbero bene a pretendere di guardare i documenti ed i progetti, che da soli dimostrano che i lavoratori che realizzeranno la circonvallazione sono sottoposti ad un pesante rischio sanitario.
Basta leggere le quantità di materiale che si asporterà per realizzare il transito sulle aree ex Sloi, spacciata per disinquinamento, per capire che siamo in presenza di una presa in giro volgare. Per l’intera area Sloi attraversata dall’ opera, a pagina 37 del documento di Rfi sulla Sloi, si legge “saranno rimossi 2163 metri cubi di materiale inquinato, di cui 472 per il rifacimento della nuova Fossa deli Armanelli. Circa la metà del terreno inquinato”. In verità si tratta invece di poco più di no spolvero visto che in quelle aree l’inquinamento raggiunge anche i 15 metri!
Nelle prescrizioni di APPA e del Comitato Tecnico PNRR si metteva in evidenza che i lavori su quell’area, vista la altezza della falda (circa due metri sotto il piano di campagna) avrebbero dovuto fare i conti con le acque aggottate. Chiunque ha lavorato in quelle aree sa che ogni scavo si riempie d’acqua e che questo rappresenta uno dei principali problemi tecnici dell’ operare in quei luoghi.
RFI cerca di risolvere il problema con una furbizia, per un verso alza il livello di transito dei binari della linea storica da circa meno tre metri sotto il piano di campagna, come erano stati progettati, a meno 1, evitando così sia la bonifica che di avere a che fare con le acque richiamate dallo scavo, essendo questo sopra falda; per l‘altro, facendo finta di non vedere che invece la nuova linea, i due nuovi binari, transiteranno a fianco degli altri ma a meno 8 metri sotto il piano campagna e che questo scavo si riempirà di acqua (che non potrebbe essere considerata non inquinata ed andrebbe depurata -dove, come, con che mezzi il documento non lo dice -). Infine, siccome lo scavo verrà realizzato sotto i binari attuali, area che per RFI non è inquinata non lo sarà neppure l’acqua ed ecco che miracolosamente, in questo modo, il problema è risolto. Tanto che dello scavo sotto i binari e delle acque aggottate neppure parla.
RFI mette in discussione addirittura le prescrizioni del Comitato Tecnico PNRR – PNIEC che aveva previsto che il lavoro su quelle aree dovesse avvenire in ambiente confinato (ovvero in una struttura chiusa dove i lavoratori operano con speciali tute e con la maschera e l’aria viene depurata prima di essere rilasciata) e rispondendo ad una prescrizione della PAT, che dal Ministero della Transizione Ecologica è delegata, unitamente ad APPA, al controllo dell’ applicazione delle prescrizioni fatte scrive che la tecnica del confinamento sarà usata solo se le analisi effettuate nel famoso “cantiere pilota” confermeranno l’inquinamento” ( aderendo in questo modo alle posizioni sostenute dai proprietari di quelle aree che da sempre negano l’inquinamento e che propongono di ricoprire l‘area con una coperta di cemento per poi realizzarvi sopra centinaia di migliaia di metri cubi di costruzioni). Sicuramente in ambiente confinato invece si svolgerà la quota parte di RFI di bonifica delle rogge da cui verranno asportati poco più di 1900 metri cubi di materiale inquinato.
Nel documento infine afferma che una campagna di soil gas sarebbe in corso (mentre non è mai neppure iniziata) e, si parla di una continua attività di monitoraggio per controllare le emissioni inquinanti che dovrebbe realizzarsi per tutti i 44 mesi previsti per la realizzazione dell’ opera (l’inizio dei lavori è previsto per aprile 23 e, si noti, i tempi previsti per la realizzazione vanno già ora a superare il giugno 2023, temine massino previsto dal regolamento attuativo del PNRR per la consegna dell’opra).
Guarda caso i monitoraggi previsti in primis per i lavoratori che in quelle aree lavoreranno, si svolgeranno in aree limitrofe (richieste in tal senso sono state fatte da Italferr a condomini che circondano l’area), al fine di non disturbare i proprietari dell’ area stessa che attendono con pazienza il si al progetto di RFI per avanzare con più forza le loro richieste speculative
Le stesse tecniche di lavorazione previste per operare in quelle aree sono prive di adeguati strumenti scientifici atti a dimostrarne il funzionamento. RFI parla di utilizzare la tecnica del Jet grouting per affrontare il problema della altezza della falda. Sappiamo che quella in corso per la bonifica delle rogge demaniali è una tecnica sperimentale che funziona, anche se non perfettamente, per quella bonifica e che ha senso se ad essere bonificate sono le rogge.
Ben diverso è il caso di uno scasso profondo circa 8 metri, dove transiterà la nuova linea (la famosa Trincea 04).Un jet grouding a quella profondità è quantomeno ardito, sia per la pressione dell’ acqua che a quella profondità può essere anche di 150 litri al secondo, che per la consistenza della falda, che se prevalentemente liquida impedirebbe il consollidamento della soletta in cemento che serve ad asportare gli 84.000 metri cubi di terreno che costituiscono quella trincea aperta e disperderebbe il calcestruzo in falda. Infine è tutto da dimostrare che la realizzazione di un jet grouting a quella quota, con quella pressione e di quella dimensione (per le rogge si parla di una larghezza di 2/2,5 metri, in questo caso si parlerebbe di 10/12 metri) sia possibile.
Anche in questo caso, insomma, il dibattito cittadino è stato interamente stralciato da RFI, che prosegue per la sua strada ed anziché affrontare i problemi cerca il modo per sbarazzarsene.
La delibera n. 24 del 28 febbraio 2022 del Comune di Trento, cogliendo in pieno la pericolosità dei lavori sull’area SLOI e sul SIN di Trento Nord chiedeva la realizzazione di un cantiere pilota per verificare la possibilità che la circonvallazione venisse realizzata. Una richiesta che non solo non è stata realizzata ma che i documenti prodotti da RFI dimostrano che non è mai neppure stata presa in considerazione.
Il Sindaco, che sempre è stato prone ai voleri di RFI e che dell’ opera aveva parlato come “occasione” per arrivare alla bonifica delle aree inquinate, per ringraziamento si troverà a far fronte alla ammissione di RFI di asportare soltanto (ed irresponsabilmente) 1 metro di terreno contaminato, la metà dell’ inquinamento delle aree dove transiterà la linea storica ed a coprire la bugia di RFI che afferma che sotto la attuale linea ferroviaria non c’è inquinamento nonostante le caratterizzazioni fatte nel 2004 dimostrino che l’inquinamento da piombo è sia a est che a ovest del rio Lavisotto.
Tutto questo mentre ancora non si conoscono i risultati dei prelievi effettuati a settembre sulla fossa degli Armanelli! Una vera vergogna soprattutto se raffrontati alle intenzioni di RFI (che di fatto se ne frega dell’ inquinamento) ed ai documenti che è stata costretta ad inviare in Tribunale a seguito del Ricorso e che altrimenti non avrebbero mai visto la luce.
Lette da questo punto di vista le rassicurazioni circa i monitoraggi e l’Osservatorio sulla sicurezza assumono il carattere grottesco degli imbonitori. A che servono monitoraggi dove i tempi di restituzione delle analisi supera i due mesi in aree inquinate da piombo?
Ormai quasi 200 anni fa un tale scrisse che la storia si presenta due volte, la prima come tragedia la seconda come una farsa. Il tipo ci vedeva lungo, la tragedia della Sloi la abbiamo vissuta fino al 1978, ora stiamo per affrontare la farsa. Fermarli è necessario.
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