L'Editoriale
Maurizio Fugatti: tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino
Errori e promesse mai mantenute indicano ormai il crepuscolo della sua avventura in Piazza Dante

“Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”: diceva così Giulio Andreotti da Presidente del Consiglio dei Ministri, quando si avvicinava nell’aria una crisi di governo.
Maurizio Fugatti, invece, che dei democristiani vorrebbe emularne le azioni, pur non avendone la caratura culturale, preferisce rimanere in silenzio.
Che la sua Giunta sia ormai al capolinea è un dato scontato negli ambienti della politica provinciale. A tal punto che Fratelli d’Italia se ne guarda bene dall’entrarci per evitare il rischio di rimanere coinvolta politicamente nelle prossime scelte di Maurizio Fugatti.
Il sorpasso, quasi raddoppio, di Fratelli d’Italia alle politiche dello scorso 25 settembre rispetto alla provincia di Trento ha disarcionato gli equilibri che il presidente leghista aveva immaginato: l’alleanza (precaria e mai confermata perché ad oggi inesistente) con il Patt e il rapporto sempre più solido con “l’africano” Grisenti e col suo portavoce in Giunta, il vice Presidente Mario Tonina.
Il voto dello scorso 25 settembre ha spazzato via tutto. Fratelli d’Italia, pur non esplicitandolo con il suo commissario, il neo deputato Alessandro Urzì, ha fatto intendere che il partito di Giorgia Meloni per le provinciali del prossimo anno (autunno 2023) punterà verso una nuova leadership del centrodestra per la guida della Provincia autonoma di Trento.
Nei palazzi romani il ragionamento che si fa è questo: nel ‘23 Lombardia, Trentino e Friuli Venezia Giulia andranno al rinnovo delle rispettive amministrazioni. Fedriga, il presidente friuliano, sembra l’unico che sarà confermato, visti i buoni rapporti con Giorgia Meloni, premier in pectore.
Le aspirazioni “meloniane” vanno dirette sulla locomotiva del Paese, la Lombardia, e sulla guida di un territorio autonomo come il Trentino, per sdoganare definitivamente il suo partito rispetto al ventennio fascista.
I consiglieri del Presidente Fugatti sono trincerati nel silenzio. A microfoni spenti qualcuno, chiedendo di rimanere in anonimo, accusa Salvini del tonfo elettorale e del prossimo bagno di sangue in vista delle provinciali del prossimo anno.
Tuttavia i segnali che il voto sia stato una bocciatura sull’amministrazione provinciale è del tutto evidente. L’elettore leghista non ha digerito la “persecuzione” subita da chi non si è vaccinato (tutti i governatori della Lega hanno spinto molto su questo), la gestione sanitaria trentina passata dal primo al sesto posto nazionale e le code per le visite con prenotazioni anche oltre i 12 mesi con il conseguente sprerpero di denaro per le visite a pagamento.
L’elettore storico della lega non ha gradito nemmeno la capovolta avuta sui temi “caldi” come sull’inceneritore e l’abolizione delle Comunità di Valle. La sicurezza e la lotta contro la droga, temi caldi sbandierati in campagna elettorale e cavalli di battaglia delle lega dell’opposizione risultano non pervenuti, mentre Orsi e Lupi aumentano proporzionalmente alle stragi di ovini ed equini.
Questa settimana il centro Bruno festeggia i 20 anni dalla nascita, e molti militanti si stanno chiedendo come mai non sia stato chiuso e sgomberato 4 anni fa. E mentre centri sociali e anarchici se la ridono prendendo in giro i militanti delle lega in tanti si chiedono anche dove sia finita la valorizzazione del patrimonio Itea e che fine abbiano fatto i 1.250 alloggi che sono rientrati in possesso della Società e che non risultano disponibili alla locazione alla data in cui viene fotografato lo stato del patrimonio della Società destinato alla locazione abitativa.
Molti elettori della lega non hanno gradito inoltre i baci e gli abbracci con il Sindaco Franco Ianeselli e nemmeno alcune strampalate nomine di personaggi della sinistra dentro il governo leghista. E anche il silenzio dei consiglieri comunali della lega ora diventa pesante e pieno di interrogativi.
Alcuni militanti sperano in un recupero parlando di «rivincita» o di voto «liquido» e i vertici della lega per tenere buoni i pochi rimasti si affrettano a dire che quello di domenica 25 settembre è stato un voto nazionale, scordardo clamorosamente cosa successe nel 2018.
Qualcuno tira fuori anche l’esempio dei grillini di Conte che dopo il crollo si sono riposizionati e che crescono. Ma Conte & Company sbandierano il reddito di cittadinanza, al contrario la lega invece non ha più nulla da mettere sul piatto. Anche lo slogan tanto caro a Fugatti, «Prima i Trentini» non esiste più, perché non ci sono più i trentini che voteranno lega. Tutto qui.
Lo scontento nel gruppo consigliare è evidente, anche se tutti ben si guardano da esporsi con dichiarazioni ufficiali. “Gli chiediamo (a Fugatti ndr) un incontro per una questione – racconta in segreto un consigliere provinciale leghista – e ci manda dal dirigente che ci riceve dopo una settimana”.
I consiglieri sanno bene che la forza della lega in consiglio alle prossime elezioni sarà come minimo dimezzata e il malessere e il disagio presto lascerà il posto al nervosismo. Sono gli stessi numeri del 2018 che portarono la lega al potere in Trentino a dirlo.
La coperta è corta, troppo corta, e coloro che rimarranno esclusi magari dopo aver lavorato per 6 mesi in campagna elettorale a vantaggio dei 5 o 6 che entreranno in consiglio (potrei persino farne ora i nomi con poco margine di errore) non la prenderanno molto bene.
Archimede da Siracusa si starà girando nella tomba pensando che la matematica non è certo una opinione e che se nel 2018 la lega si portò in dote alle provinciali il 24% del 27% del ciclone Salvini, questa volta succederà la stessa cosa a vantaggio però di Fratelli d’Italia. E indovinate dove il partito della Meloni andrà a prendere questi voti?
Fugatti ha perso tempo nel correre dietro ad un sogno irragiungibile dimostrando ancora una volta di non sapere leggere le tabelline. Lega, parte del Patt, qualche civica e Renzi – Calenda (questo l’obiettivo di Fugatti) valgono insieme solo il 20/22%, cioè meno di quello che conta oggi solo Fratelli d’Italia in Trentino (25,5% in forte crescita). Ebbene, per superare il 40% Fugatti dovrebbe stringere un allenza con PD. Fate voi.
A Fugatti è sfuggita la cosa più semplice del mondo: sommando i voti di lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e qualche civica avrebbe la maggioranza da un bel pezzo e anche la sicurezza di avere un nuovo mandato di governatore. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.
La mancata elezione alla Camera dei Deputati del commissario del partito Diego Binelli, tornato al lavoro in questi giorni presso il Comune di Strembo, è l’ulteriore segnale che il rapporto territoriale che una volta il partito vantava avere, oggi non esiste più. Fatti e segnali che, per l’attuale governatore, sembrano ormai indicare il crepuscolo della sua avventura in Piazza Dante.
Ora il governatore dovrà decidere se allearsi con il centro destra (quello vero) oppure lasciare campo aperto al ritorno della sinistra al potere in Trentino. Un’eventualità piuttosto imbarazzante e a dir poco inquietante.
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