Trento
Operazione «Black Fog»: indagati Paternoster e Gaiardelli

Sarebbe la società Alto Avisio srl – secondo l’accusa delle forze dell’ordine – la prestanome della potente famiglia Iamonte che reinvestiva all’estero soldi riconducibili alla potente e nota cosca di ‘ndrangheta, in particolare attraverso una gestione occulta di due centrali idroelettriche in Romania.
La società trentina con a capo Giorgio Gaiardelli, ex presidente di Codipra, residente a Tres, e Guido Paternoster, residente a Taio, avrebbe accettato di mantenere l’intestazione fittizia della società in cambio dei soldi messi appunto dallo Iamonte. In poche parole i due trentini non erano altro che delle “teste di legno”.
Naturalmente si tratta solo di un’accusa ancora tutta da provare, i due professionisti trentini infatti hanno dichiarato che «Verrà presto dimostrata la nostra completa estraneità ai fatti. Non sapevamo che dietro a queste operazioni ci fossero determinati personaggi»».
Secondo la guardia di finanza trentina però sono emersi gravi indizi a carico dei due professionisti proprietari di due centrali idroelettriche in Romania in grado di generare redditi per 2 milioni di euro all’anno con numerosi rapporti finanziari presso banche svizzere (fra cui 1,6 milioni di dollari in seguito movimentati verso un conto sammarinese) e al possesso di immobili di pregio in Bulgaria, oltre a investimenti in titoli USA successivamente movimentati tramite bonifici mascherati da finanziamenti fra società estere per 15 milioni di euro.
L’operazione denominata Black Fog, (il nostro giornale ne aveva dato notizia il 28 giugno) viene avviata nel 2018 dopo alcune perquisizioni. Le due centrali idroelettriche sotto le lente di ingrandimento sono ubicate a Fenes e Obreja, nel distretto di Timisoara.
Secondo il giudice delle indagini preliminari Guido Paternoster e Giorgio Gaiardelli, sarebbero “legati a Pizzichemi”. Nel 2017 le due centrali sono state acquistate per un milione e 100mila euro da Pizzichemi “attraverso schermature” societarie, e il suo braccio destro Puri ne è diventato amministratore. Sulla carta, però, la proprietà restava in capo agli imprenditori trentini, da qui l’accusa di trasferimento fraudolento e il sequestro della partecipazioni di Alto Avisio nelle due società romene, Alto Energy e Vialtero.
Secondo i documenti sequestrati, la centrale di Fenes era produttiva, mentre quella di Obreja era da riattivare con un investimento da 750 mila euro.
Al prezzo di vendita era stata aggiunta una componente variabile: 183mila euro per ogni “certificato verde” – un incentivo alla produzione di energia rinnovabile – che avrebbe ottenuto in futuro l’impianto di Obreja. Fra le altre contestazioni, il trasferimento di 15 milioni di euro alla banca svizzera Zarattini, filiale di Lugano.
L’attività d’indagine, che ha consentito di sequestrare oltre 4 milioni di euro alla criminalità organizzata, è stata sviluppata all’esito di una precedente indagine in materia di criminalità organizzata – eseguita dagli specialisti del G.I.C.O. di Bologna – convenzionalmente denominata “Nebbia Calabra” e nel corso della quale era stata rinvenuta copiosa documentazione, anche informatica, relativa a cospicui investimenti all’estero effettuati dal principale indagato grazie alla connivenza e al supporto di numerosi colletti bianchi legati al mondo della finanza e dell’imprenditoria del nord est.
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