Riflessioni fra Cronaca e Storia
Come gli Stati Uniti d’America acquistarono l’Alaska dall’Impero Russo

“L’Alaska fu un’anomalia nella storia della Russia, un’eccezione: era l’unico territorio in terraferma a non essere fisicamente connesso all’impero. I russi in Alaska non furono mai molti, la colonia ospitava in media circa 800 cittadini stanziali.
Nel corso del XIX secolo mentre il numero dei preziosi animali da pelliccia calava, gli yankee conquistavano zone sempre più estese dell’America del Nord.
Nel 1867, in un momento in cui la compagnia [società russo-americana fondata a fini commerciali nel 1799 per colonizzare il territorio e procurare pelli ndr], era piuttosto bene amministrata e valutava di espandersi nel settore del legname, dei minerali e dell’oro, lo zar Alessandro II vendette l’Alaska agli Stati Uniti per 7,2 milioni di dollari.
A negoziare per gli americani fu il ministro degli Esteri William H. Seward. L’accordo, che oggi senza esagerazioni possiamo definire il migliore affare immobiliare della storia, fu definito allora dalla stampa la “pazzia” o “la ghiacciaia di Seward”.
Solo la scoperta dell’oro nel 1896, prima nel Klondike e pochi anni dopo a Nome, mise a tacere per sempre le critiche da parte americana. I russi invece non digerirono mai il fatto che lo zar Alessandro II avesse venduto l’unica colonia russa d’oltremare per un prezzo irrisorio.
Ancora oggi in Russia ci sono gruppi di estrema destra che sognano di riconquistare l’Alaska, 150 anni dopo che gli americani la comprarono per 4 $ al metro quadrato”. Così la scrittrice norvegese Erika Fatland descrive il fatto storico nel primo capitolo (Estate artica) del libro “La frontiera. Viaggio intorno alla Russia” ed. Marsilio Specchi 2019.
Con l’ausilio di alcune mappe ben dettagliate inserite nel libro si ripassa la geografia e la storia complessa dell’Europa, costituita da una miriade di popoli, paesaggi, culture. Un mix tra diario di viaggio avventuroso, storia e antropologia sociale.
Un volume fantastico di oltre 600 pagine che racconta il tour compiuto dall’autrice lungo il confine con la Russia durato un anno, 60.932 km di terre e mari, dalla Corea del Nord alla Norvegia, viaggiando per Cina, Mongolia, Kazakistan, Azerbaigian, Georgia, Ucraina, Bielorussia, Lituania, Polonia, Lettonia, Estonia, Finlandia, non tralasciando il Passaggio a nord-est, la via di navigazione tra gli oceani Atlantico e Pacifico settentrionali che passa a Nord della Siberia, attraverso lo Stretto di Bering.
A proposito della “grande corsa all’oro” avvenuta tra il 1899 e l’inizio del 1900, anche il grande scrittore americano Jack London (1876-1916) si recò nel Klondike alla ricerca dell’oro, che non ebbe la fortuna di trovare.
Ma da questa esperienza ricavò numerose idee per i suoi capolavori letterari come “Il richiamo della foresta” (1903) e “Zanna bianca” (1906).
L’Alaska è lo Stato federato con la superficie più estesa degli Stati Uniti d’America, ma per il clima rigido è scarsamente popolato, circa 739.000 abitanti che per lo più vivono nelle città.
Dal punto di vista geografico lo Stato è attraversato dal fiume Yukon (3.190 km) tra i maggiori fiumi navigabili al mondo, mentre nella parte sud-orientale si eleva la cima più alta del Nord America il Denali (6190 m), un tempo denominato McKinley.
Dal 2015 il presidente Barack Obama ha ripristinato il toponimo originario Denali, ricevendo il plauso della comunità locale e della senatrice dell’Alaska Lisa Murkowski.
Si possono visitare otto meravigliosi parchi nazionali, tra cui il Denali che si trova a circa 400 km a nord di Anchorage (290.000 abitanti) la città principale.
Segue Juneau (circa 32.000 ab) unica capitale americana situata su un’isola e raggiungibile solo con aereo o traghetto, perché non esistono collegamenti stradali con il Nord America.
Da maggio a settembre la città di Juneau, che deve il suo nome ad un cercatore d’oro del Quebec, sperimenta un afflusso giornaliero di circa 6.000 turisti che visitano la località con navi da crociera. Altre importanti centri sono Fairbanks, Nome, Seward, Valdez e Sitka.
Osservando la mappa si può notare che circa un terzo del territorio dell’Alaska è all’interno del Circolo Polare Artico e confinante con il Canada.
D’inverno le temperature scendono fino -73°C mentre d’estate arrivano a +38°C e la luce del giorno non sembra mai finire.
Come ha potuto adattarsi la popolazione ad un clima così rigido?
Circa 14.000 anni fa arrivarono i primi abitanti dall’Asia attraverso lo stretto di Bering, alcuni sono rimasti in Alaska, altri invece si spostarono lentamente a sud verso il Nord America, America Centrale e Sud America.
A quel tempo il livello del mare attorno allo stretto di Bering era più basso e quindi risultava agevole attraversare il ponte di terra spesso ghiacciato.
Gli Inuit (in passato chiamati Eschimesi) sono stati i primi abitanti dell’Alaska, ma attualmente vivono anche in Canada, Groenlandia e attorno al Circolo Artico.
Se originariamente le abitazioni in inverno erano costituite da blocchi di neve e ghiaccio (igloo) e da tende nella stagione più mite, oggi gli Inuit alloggiano in case moderne, occupandosi ancora di caccia e pesca al salmone, una risorsa eccellente venduta in tutto il mondo.
L’Alaska possiede importanti risorse naturali: petrolio, gas naturale e legname che assicurano un grande business, ne è prova l’oleodotto Trans-Alaska completato nel 1977 che si estende per 1300 km attraversando l’intero territorio da nord all’urbanizzato sud, fino al porto di Valdez.
L’oleodotto scorre sottoterra o in superficie nel tentativo di impedire lo scioglimento del permafrost. Definito come una particolare condizione termica del sottosuolo molto diffusa nei climi freddi che determina per almeno due anni consecutivi lo stato di congelamento del terreno o roccia.
Ma c’è un campanello d’allarme dal punto di vista climatico.
L’Artico e l’Alaska si stanno riscaldando due volte più velocemente del resto del mondo a causa dei cambiamenti climatici e questo effetto sta accelerando lo scioglimento del permafrost; l’industria petrolifera deve mantenerlo congelato per salvaguardare l’infrastruttura ed estrarre più combustibili fossili, ma sono proprio questi a causare il riscaldamento.
L’aumento del costo dell’energia, lo sfruttamento delle risorse naturali e il tema della salvaguardia dell’ambiente sono problemi all’ordine del giorno degli Stati del mondo, che si sommano alla grave crisi scoppiata il 24 febbraio 2022 in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Nel commentare la vendita dell’Alaska avvenuta 150 anni prima, Sergey Aksyonov primo ministro della Crimea e sostenitore della linea assertiva in politica estera nel 2018 ha dichiarato che “se la Russia fosse in possesso dell’Alaska oggi, la situazione geopolitica nel mondo sarebbe diversa, potendo controllare le risorse naturali e minerali della regione e privando l’America di una posizione militare strategica alle porte della Siberia”.
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