Trento
Per S. Valentino un augurio inedito a tutte le donne: La riflessione di Giuditta Stelzer, esperta di urbanistica al femminile.

Ci amate? Pensate prima alla nostra sicurezza. (Fonte Istat: in Italia il 36,6% delle donne, più di 11 milioni di donne, non esce di sera per paura)
“Il crimine di cui le donne temono di più è lo stupro. Il crimine che la maggior parte degli uomini teme è la rapina. La rapina è una brutta cosa. Lo stupro è peggio”.
Gli esseri umani hanno delle necessità di base che determinano i loro comportamenti. Una di queste è quella di sentirsi sicuri. In assenza di questo fattore, l’essere umano entra in un meccanismo per cui la sicurezza diventa una questione di emergenza assoluta, e tutto il resto passa in secondo piano.
Questa percezione di sicurezza è stata analizzata all’interno dello spazio urbano. Dopo aver analizzato come le città sono costruite, è saltato fuori che sono basate su concetti e convinzioni novecentesche e patriarcali e, grazie alla sua forma ed alle sue funzioni, la città mette in difficoltà principalmente donne, minoranza sessuali e di genere.
Lo spazio urbano è il luogo in cui maggiormente le donne si sentono insicure. Una mancata “sicurezza urbana” porta inevitabilmente a delle conseguenze: scarsa frequentazione di strade, parchi, piazze, ecc.. che portano a problemi di disoccupazione, degrado e desertificazione urbana.
I luoghi che generalmente provocano paura sono: metropolitane, vicoli, aree deserte, strade poco illuminate, parchi e aree densamente alberate, strade isolate, aree di parcheggio interrate.
Sebbene numerosi studi abbiano dimostrato che le vittime maggiormente colpite dalla paura del crimine e dal crimine stesso siano donne e anziani, in realtà tutti ne siamo potenzialmente vittime.
La differenza è che le donne soffrono la paura del crimine in modo più forte e stressante rispetto agli uomini. Per questo motivo le donne preferiscono autolimitarsi, riducendo così la partecipazione alla propria vita, preferendo rimanere in ambienti protetti per non incorrere in quei rischi di crimine potenziale derivante dagli spazi pubblici.
Perché le donne hanno paura quando sono fuori casa? Quando usufruiscono della città, le donne sanno di dover stare continuamente in guardia nei confronti dell’appropriazione maschile, appropriazione che si esprime in molti modi diversi: attraverso fischi, ammiccamenti, sguardi. Si tratta di pratiche prettamente maschili che popolano i nostri spazi urbani e con cui la maggior parte delle donne si è dovuta confrontare una o più volte nella vita.
Una ricerca condotta a New York dice che il 75% delle donne ha avuto esperienza di molestie o scippi sui mezzi pubblici, contro il 47% degli uomini; Istat invece dice che in Italia il 36,6% delle donne (più di 11 milioni di donne) non esce di sera per paura (a fronte dell’8,5% degli uomini), e il 35,3% quando esce da sola di sera non si sente sicura (contro il 19,3% degli uomini).
Le città, soprattutto di notte, sono buie e mal pensate: in alcuni luoghi camminare da sole è fonte di angoscia e, a volte, si tende a scegliere percorsi più lunghi per evitare determinate strade o piazze considerate pericolose.
La città è percepita come un luogo insicuro perché le situazioni che si presenteranno sono ignote: ciò che non conosciamo ci fa paura e la società patriarcale ha lavorato a lungo per coltivare questo timore, principalmente ancorato alla dominanza fisica maschile, alla violenza nelle sue molteplici forme e alla libertà di azione sui corpi delle donne.
Le donne sanno di non poter utilizzare la città in tutto il suo complesso, la maggior parte dello spazio urbano è pericoloso, e possono utilizzarne solo una parte ed in specifici momenti. Perché poi, se ti succede qualcosa, la prima domanda che la gente si pone è “ma che cosa ci faceva lì a quell’ora da sola?”, come se una donna, in fondo, non dovesse fare altro che stare a casa o, al più, uscire accompagnata (da un uomo).
La funzione sociale della paura delle donne è il controllo delle donne. La paura limita la vita delle donne. Limita l’uso degli spazi pubblici, plasma le scelte sul lavoro e altre opportunità economiche e mantiene dipendenti, in quello è un vero paradosso: uomini come protettori.
Tutto questo funziona per sostenere un sistema eteropatriarcale in cui le donne sono legate allo spazio privato della casa e responsabili del lavoro domestico all’interno dell’istituzione della famiglia.
I sondaggi sulla paura del crimine chiedono ai partecipanti chi temono e per le donne la risposta sono sempre gli uomini. Ma gli uomini come gruppo non possono essere evitati. La paura degli uomini da parte delle donne assume una logica geografica.
Capiamo quali luoghi evitare, piuttosto che quali persone. Ma poiché abbiamo pochissimo controllo sulla presenza degli uomini nei nostri ambienti e non possiamo funzionare in uno stato di lotta costante, spostiamo parte della nostra paura negli spazi.
Alla fine della giornata questi limiti, costi e stress equivalgono a un programma indiretto ma altamente efficace per il controllo sociale. Le nostre paure socialmente rafforzate ci impediscono di abitare pienamente la città e di trarre il massimo dalla nostra vita giorno per giorno.
Potremmo non sapere che aspetto abbia una città sicura, ma sappiamo che non comporterà misure di sicurezza private. Non si affiderà alla polizia per prevenire o indagare adeguatamente sui crimini. Non sarà incentrata sui bisogni e sui desideri delle donne bianche privilegiate. E non si aspetta che i cambiamenti fisici annullino il dominio patriarcale.
Come minimo, sarà richiesto un approccio intersezionale che parta dai bisogni e dalle prospettive dei più vulnerabili. Ascoltare e credere alle donne sarà una pratica standard.
Aumenterà la comprensione delle interconnessioni tra violenza pubblica e privata. I miti e la cultura dello stupro verranno smantellati. La paura non sarà una tattica di controllo sociale.
In una città femminista e sicura, le donne non dovranno essere coraggiose solo per uscire dalla porta. Le nostre energie non verranno sprecate per un milione e una precauzione di sicurezza. In questa città si può realizzare fino in fondo ciò che le donne hanno da offrire al mondo.
L’ambiente costruito può anche contribuire a fattori correlati alla violenza domestica: la segregazione spaziale degli spazi pubblici e privati non solo fa sentire le donne, le ragazze e le minoranze sessuali e di genere, spesso come se non appartenessero alla sfera pubblica.
I dati da acquisire per migliorare questa situazione saranno relativi, ad esempio, agli elementi fisici localizzati che maggiormente innescano la paura del crimine e ad eventuali esperienze di crimine urbano che sono state vissute; successivamente, si potranno acquisire delle casistiche di senso di insicurezza in spazi urbani puntuali, e quali comportamenti precauzionali vengano assunti dai cittadini come protezione dal crimine reale o percepito.
In tutto il mondo, le donne denunciano spesso una scarsa prevenzione del crimine, in ambito pubblico e privato: una adeguata educazione alla parità di genere e al rispetto, che dovrebbe venir attivata fin dalla prima età scolare, e una normativa sufficientemente equa per i crimini verso ogni genere, stanno alla base di quelle misure di sicurezza che devono venir considerate come prioritarie nella pianificazione, progettazione e monitoraggio degli spazi pubblici e in tutte le successive fasi di riorganizzazione.
Giuditta Stelzer (nella foto accanto) è laureata in design alla “Trentino Art Academy”. Dalla passione per l’urbanistica nasce una costante di ricerca di un disegno che favorisca e migliori la vita dei cittadini all’interno degli spazi urbani.
Articolo scritto con la collaborazione di Giuditta Stelzer
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