Rovereto e Vallagarina
Avio, a tavola con le ricette del 1700 di Don Felice libera

Non sappiamo se don Felice Libera avesse a disposizione un menù dal quale scegliere le sue pietanze preferite. Sappiamo però cosa mangiava, quali piatti erano serviti dalla cuoca di casa (lui, sacerdote, era figlio di una famiglia borghese di Avio) o dalla domestica a suo servizio, quali ingredienti contenevano e, in alcuni casi, da dove arrivassero (anche da molto lontano).
Quella racchiusa nell’antico ricettario datato nella seconda metà del XVIII secolo era ovviamente una cucina prevalentemente del territorio nella quale però non mancavano le “contaminazioni” con ingredienti non esattamente locali. Una cucina variegata, anche più ricca rispetto ad altre zone del Trentino grazie sostanzialmente a due fattori: il primo dovuto alla posizione geografica di Avio, terra di confine, circondata sì dalle montagne ma aperta verso la Pianura Padana e vicinissima al Lago di Garda; il secondo elemento riguarda la disponibilità economica di una famiglia borghese che poteva permettersi di acquistare prodotti al tempo non alla portata di tutte le tasche. Nelle ricette di don Libera (dai primi piatti con molte zuppe ai dolci) si fa largo uso di cereali, legumi, verdure dell’orto, erbe spontanee di montagna, cacciagione e frutta ma si trovano anche, ad esempio il Formaggio Lodigiano (l’attuale Grana Padano), il Riso alla milanese in Cajom o i Maccheroni della Puglia.
L’incontro “A tavola con don Felice Libera” promosso dall’amministrazione comunale di Avio si è aperto con una dotta e piacevolissima “lezione” della antropologa e presidente del Centro Studi territoriale Trentino Alto Adige dell’Accademia italiana della cucina Marta Villa alla quale sono seguiti gli interventi di Giuseppe De Probizer, erede della famiglia Libera alla quale apparteneva il ricettario prima di essere donato alla biblioteca civica di Rovereto, e di Franco De Battaglia con le sue pillole di curiosità sul panorama storico e gastronomico del Trentino meridionale. Una “lezione“, quella di Villa, sull’alimentazione del tempo (molti i dettagli su ingredienti e ricette più o meno strane come la “zuppa putrida“) per poi sviluppare il focus sul progetto da lei curato che non si esaurisce con la presentazione del ricettario: “Il cibo è cultura che racconta di noi e del nostro passato. Ben venga quindi la riscoperta della tradizione che ma non dovrà essere fine a se stessa ma diventare occasione di innovazione cambiando i piatti a seconda del gusto. Nel ricettario ci sono pietanze che noi non riusciremmo a mangiare, mentre altre possono essere attualizzabili – ha spiegato l’antropologa – Legare il ricettario al territorio per renderlo attuale è fruibile è un’operazione, con i suoi risvolti culturali e sociali, possibile ed auspicabile: l’enogastronomia diventa così un volano eccezionale per il turismo“.
Il progetto legato all’antico ricettario (esposto per due mesi alla biblioteca di Avio), che in questa prima fase ha coinvolto con l’apprezzamento del dirigente scolastico Vito Rovigo e di tutto il corpo docente i ragazzi di terza media invitandoli ad intervistare le nonne e i nonni per recuperare ricette della tradizione orale altrimenti destinate ad andare perdute, si avvia alla conclusione. Ma da ora inizia una nuova fase con l’apporto di altri attori del territorio e il pieno sostegno dell’amministrazione comunale.
Lo ha detto chiaramente il sindaco di Avio Ivano Fracchetti dopo aver dato atto ai consiglieri del Patt di aver stimolato l’iniziativa e ringraziato tutti i partecipanti e lo ha ribadito l’assessore Marino Salvetti: “Ora dobbiamo far conoscere il ricettario all’esterno adattando le antiche ricette alle esigenze attuali per valorizzare i nostri prodotti. Creare un’immagine della Vallagarina abbinando il ricettario con i nostri vini è possibile coinvolgendo In primo luogo la Cantina Sociale di Avio, i ristoratori, l’Apt e le Donne rurali”. Lorenzo Libera, presidente della Cantina sociale di Avio nonché presidente di Cavit, ha ricordato l’antica origine del vino Enantio, tipico della Terra dei forti, citato già 2000 anni fa da Plinio il Vecchio ed ha ribadito l’importanza della promozione abbinata di cucina e vino “Ricette antiche con un vino antico – ha ribadito Libera – può essere la formula ideale per far conoscere il nostro territorio e tutti i suoi prodotti. Senza dubbio questa idea merita di essere sviluppata”.
Il delegato di Rovereto e del Garda Trentino dell’Accademia italiana della cucina Germano Berteotti, nel plaudere all’iniziativa, ha sottolineato il ruolo e l’attività della delegazione in sinergia con il Centro Studi presieduto da Marta Villa nella conoscenza e nella promozione dei prodotti dell’enogastronomia locale ed ha richiamato l’attenzione sul convegno di maggio a Riva del Garda dal titolo “Cucina è cultura. Tra arte, tradizioni e sostenibilità” .
Mauro Nardelli, operatore turistico di gastronomia e presidente della sezione Asat Rovereto, ha parlato del progetto” da attuarsi in partnership con la Scuola alberghiera inerente gastronomia e turismo” e di “esperienze che diventano centrali per quanto riguarda la proposta di ospitalità di vacanza” . “Cultura, sostenibilità e identità del territorio, prodotti, tradizioni, ricette a tema diventano fondamentali per una strategica proposta turistica” ha detto Nardelli prima di rilanciare la proposta, che risale al 2019, di un “Museo del gusto a tutela e valorizzazione delle produzioni locali, luogo dove conservare la memoria storica della Vallagarina e luogo di divulgazione al viaggiatore/turista facendolo partecipe di esperienze multisensoriali”. Degna conclusione dell’incontro l’assaggio del “celteno” (su ricetta ovviamente del Libera) realizzato dalle Donne rurali di Sabbionara presiedute da Serena Salvetti per un confronto con l’attuale “zelten“. A mettere d’accordo sulla preferenza dei dolci ci ha pensato il brindisi con la “Vendemmia tardiva” della Cantina sociale di Avio.
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