Trento
Agihero: in uscita la storia di Agitu raccontata in musica

Agihero è un brano scritto da Giuseppe Elia in collaborazione con il gruppo Kjøkkenet per non dimenticare e riflettere sul terribile omicidio della donna etiope Agitu, uccisa a martellate il 29 dicembre 2020.
Giuseppe insegna religione a Trento, nasce a Ceglie Messapica in provincia di Brindisi e la passione per la musica lo accompagna fin da quando era piccolo.
Dopo aver iniziato da autodidatta, suo padre decise di dedicarsi alla passione del figlio e assunse due insegnati privati che lo avrebbero accompagnato per dieci anni fino alle scuole superiori quando decise di iscriversi al conservatorio e studiare organo.
Dopo quest’esperienza continuò per la sua strada componendo accompagnamenti per cori e solisti finché non partecipò ai provini dell’accademia di Canto e Spettacolo all’Aquila che, oltre a consentirgli di ritrovare appieno la sua vena artistica, gli permisero di scoprirsi anche cantautore.
La musica lo accompagnò sempre e comunque tanto che decise di farne anche materia per la sua tesi magistrale: si laureò in scienze religiose con un elaborato che univa Caravaggio e De André.
Mi parli della storia di questo brano?
“La storia del pezzo nasce a metà gennaio quando Marco, mio fratello e membro del gruppo Kjøkkenet, mi telefonò per dirmi che avevano pronta una base e gli serviva qualcuno disposto a scrivere il testo. La base è stata sviluppata a partire da un vocale che aveva registrato un artista di strada torinese e che era stato inviato per scherzo a mio fratello Marco.”
Perché hai scelto di raccontare questa storia?
“Appena ho sentito la base mi è venuta subito in mente la storia di Agitu per via del sound che mi ricorda molto la musica africana. Inoltre, per tutti i miei brani io ho scelto da sempre argomenti che potessero invitare, soprattutto i giovani, alla riflessione su temi che ritengo importanti. Troppo spesso vedo che si preferisce evitare di affrontare questi argomenti perché ritenuti probabilmente spinosi, ma penso che la musica possa costituire, almeno in parte, una soluzione a questo silenzio.”
Mi parli più nello specifico del testo?
“Il brano racconta la storia dal punto di vista dell’assassino: vuole essere un pentimento, un modo per chiedere scusa a questa donna. Ogni frase inizia allo stesso modo: << quattro, forse cinque >> sono parole che mi hanno molto colpito; mi era capitato di leggerle in un articolo che raccontava del numero di martellate sferrate dall’assassino. Le immagini che ho utilizzato vogliono richiamare il pentimento appunto ma anche un senso di angoscia esistenziale, un’angoscia che ha sommerso tutti noi, in misura diversa, durante questo periodo di enorme instabilità; sono immagini che rimandano, ad esempio, al vuoto delle strade e delle piazze durante il lock-down.”
Anche la copertina vuole portare un messaggio particolare?
“Per la copertina abbiamo contattato una vignettista di Torino, Marzia Armaroli. L’idea era di trovare il modo di essere rivoluzionari anche attraverso l’immagine che rappresenta Agitu con in una mano la palma del martirio e nell’altra l’arma che ha decretato la sua morte, il martello. Una simbologia che richiama quella cristiana utilizzata per gli affreschi o le decorazioni dei chiostri per raccontare la vita dei santi attraverso i segni.”
Come mai hai scelto Agihero come titolo?
“Per il titolo ho preso spunto dal nome che le hanno dato in Etiopia da quando è stata assassinata: da quel 29 dicembre, infatti, lei è conosciuta con il nome Agihero.”
Quando uscirà il pezzo?
“Il 29 marzo uscirà su tutte le piattaforme musicali e sarà distribuito dalla One Recording Studio di Latiano. La scelta del giorno non è casuale: quel giorno, infatti, saranno passati tre mesi dalla sua morte e, oltretutto, sarà l’inizio della settimana di Pasqua, la Settimana Santa per i cristiani.”
È confortante vedere ragazzi come Giuseppe che fanno uso dei loro talenti per affrontare temi così importati.
Quello che afferma non potrebbe essere più veritiero: la musica è un mezzo essenziale per la diffusione di idee, notizie, punti di vista soprattutto verso i giovani.
Molto particolare l’idea di pensare la storia dal punto di vista dell’assassino, sicuramente una scelta fuori dal comune e originale che sottolinea la grande umanità dell’artista, il quale conclude dicendo: “Per cogliere l’umanità bisogna aver sempre presente che dietro a chi vive il male c’è sempre un essere umano, e dietro a chi fa il male c’è a sua volta un altro essere umano.”
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