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Gli indiani Cherokee contestano il nome della jeep

La Cherokee, la cui produzione è iniziata nel 1973, è da anni uno dei modelli di maggior successo nell’ambito dei fuoristrada. Prodotta in America dalla Chrysler prima ed oggi dalla neo costituita Stellantis. Ma sin dal suo battesimo il nome è stato contestato dai discendenti dei nativi indiani, una comunità che oggi conta 380 mila indigeni che chiedono con fermezza il cambio del nome.
I Cherokee nel XVI° secolo abitavano le terre orientali e sud orientali degli attuali Stati Uniti si sono eroicamente opposti all’invasione dell’uomo bianco ed oggi ti discendenti di quei guerrieri non sotterrano l’ascia di guerra, ma si affidano alla carta bollata.
Chuck Hoskin jr capo dei Cherokee parla a nome del suo popolo che non vuole più che il nome della sua tribù serva per identificare una macchina, seppur di lusso. “Sono sicuro che le intenzioni sono buone, ma non ci onora vedere il nostro nome attaccato alla targa di un’automobile”.
C’è un precedente. Altre tribù sono riuscite a far cambiare denominazione alle squadre dei “Redskins” football e “Indians” società di baseball a Cleeveland. Da parte di Hoskin nessuna richiesta economica, ma la volontà di iniziare un dialogo sul tema dell’appropriazione culturale delle tradizioni dei pellerossa.
Una rivendicazione che è comune agli afroamericani, insomma il contesto nel quale inizia questa vertenza non certo dei più favorevoli alla Stellantis che recentemente è stata al centro di uno scandalo.
Ha infatti dovuto sospendere il lancio pubblicitario programmato per il Superball con Bruce Springteen che invitava i 50 stati americani a riunirsi al centro per trovare una strada comune ovviamente a bordo di una Cherokee. Ha bloccare tutto è stato anche l’imprevisto l’arresto della rock star per guida in stato di ebbrezza. I Cherokee non hanno fissato scadenze, ma sono determinati a far rispettare un principio: “Serve un dialogo sull’utilizzo delle nostre tradizioni”.
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