Politica
Luca Zeni, ecco la storia del nuovo Robespierre trentino

Da liberale a giustizialista, da garantista a censore degli avversari: ritratto di Luca Zeni, il nuovo moralista della politica trentina, che guarda ora a Kamala Harris per poter approdare a Roma.
Che Luca Zeni fosse un politico “flessibile” lo si sapeva. Ad ogni stagione, lui segue il leader di quel tempo. Prima allievo prediletto del margheritino Lorenzo Dellai, abbandonato poi per aderire al Partito Democratico; franceschiniano per la breve stagione in cui l’attuale Ministro della Cultura era segretario del Pd. Poi il grande amore, l’abbraccio ideale con l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi.
“La sua linea politica – raccontò Zeni ai giornali trentini – la sento vicina”. Per l’ex sindaco di Firenze fu pesantemente criticato dal proprio partito, organizzando in grande segreto a Bolzano una cena a tre, tra lui, l’ex premier e l’allora sindaco di Rovereto Andrea Miorandi, per accreditarsi come il capo dei rottamatori trentini.
Un tentativo goffo subito scoperto dalla stampa che raccontò l’episodio che fece infuriare l’allora ex vice presidente della Provincia e sodale di partito Alessandro Olivi. Con quest’ultimo quasi ‘arrivarono alle mani’ per dividersi il Trentino nella pedalata organizzata con lo stesso Renzi in uno dei tanti eventi di campagna elettorale.
Sembra che il nostro Zeni abbia dimenticato le sue performance da assessore alla sanità trentina. Sotto la sua gestione nel 2017 una bimba morì di malaria, infettata proprio mentre si trovava in cura presso l’ospedale Santa Chiara di Trento. Negli ultimi mesi il furore ideologico sembra aver preso comunque il sopravvento nel giovane consigliere del Pd. Molte interrogazioni contro la giunta Fugatti. Tutte scritte con il fare a metà tra il Sommo Sacerdote, che si rivolge ai sudditi fedeli, e il marchese del Grillo “perché Io so Io e voi non siete un c….”.
E’ arrivato ad accusare di complottismo l’attuale amministrazione provinciale, in particolar modo il capo di Gabinetto dell’Assessore all’Istruzione Mirko Bisesti, accusato con tono e fare sprezzante alla Robespierre (vedi qui interrogazione 2020), per aver postato sul proprio profilo Facebook una Q e una frase riferibile al presidente americano Kennedy.
“Chi ricopre ruoli istituzionali– sentenzia Zeni – ha un dovere di massima attenzione all’osservanza di comportamenti e dichiarazioni consone alla funzione ricoperta e tra questi non pare ricompresa la lotta santa in salsa esoterica che su quel profilo alberga”.
Gli ha prontamente risposto l’assessore Mirko Bisesti (vedi qui Risposta interrogazione n. 2020 ): “ll Capo dell’Ufficio di Gabinetto del mio assessorato nel biennio 2002/2003 ha servito il nostro Paese come Ufficiale dell’Esercito ed è stato impiegato a seguito degli attentati terroristici del 11 settembre 2001 nell’operazione di salvaguardia delle libere istituzioni e di mantenimento dell’ordine pubblico, per cui si è guadagnato l’apposita Croce con provvedimento del Ministro della Difesa di data 11 aprile 2003. Aderisce pienamente, pertanto, ai valori costituzionali e repubblicani e rigetta tesi ed idee non suffragate da dati oggettivi e razionali”.
L’assessore ha inoltre aggiunto: “La Q ha un importante significato religioso per l’unità dei cristiani. La fonte Q è, infatti, una raccolta di detti di Gesù che gli studiosi hanno identificato nei Vangeli di Luca e di Matteo. È una fonte in lingua greca che i due evangelisti hanno usato per comporre i loro testi sacri”.
Zeni ha persino dimenticato che Kennedy fu un presidente democratico (dovrebbe essere il suo stesso partito ndr) e che durante la seconda guerra mondiale, da Ufficiale della Marina americana, contribuì alla fine della dittatura sul versante dell’estremo Oriente.
Una svista non di poco conto, come ha specificato Bisesti: “Il motto Where We Go One, We Go All, ovvero Tutti per uno, uno per tutti, è apparso sulla pagina social del Responsabile dell’Ufficio del mio assessorato per l’anniversario della morte del presidente Kennedy lo scorso novembre. Questo motto è inciso sulla campana di una delle barche del presidente Kennedy, esposta nella show room della libreria a lui dedicata a Boston.
Il motto accompagnava – nella pagina social del mio capo di gabinetto – una delle ultime foto del presidente Kennedy assieme alla moglie, qualche giorno prima della sua morte. Un modo per ricordare una figura importante del secolo scorso nell’anniversario della sua morte”.
Assieme alla famiglia il nostro Luca vive nella bellissima villa a Tenna, affacciata sul lago di Caldonazzo, proprio nel cuore della Valsugana, il feudo elettorale da sempre in mano alla destra trentina. I vicini raccontano di un pesce fuor d’acqua nel vederlo passeggiare per le vie del paese.
Lui, sempre incravattato, mal si concilia con i residenti che popolano il borgo, tutti o quasi votanti per la Lega fugattiana. Cambia d’aspetto quando, invece, si trova nel proprio studio d’avvocato nel centro storico della città di Trento, nel cuore rosso del Trentino. Lì l’aria è migliore e frizzante.
Un collega consigliere racconta che la sconfitta alle provinciali del 2018 per Zeni è stata uno schock. Un’ossessione costante. Individua le responsabilità, non nelle scelte della giunta provinciale in cui egli era assessore alla Sanità, ma nei social, luogo libero e aperto dove le idee alternative trovano terreno fecondo.
Per questo ha voluto firmare un ddl (ddl 43) che nel titolo già si capisce: “E’ istituito l’osservatorio sulle discriminazioni, l’intolleranza e l’odio in provincia di Trento”. Un organismo in stile orwelliano che “controlla quotidianamente ogni mezzo d’informazione e di comunicazione, compresi quelli realizzati tramite gli strumenti informatici e le loro reti, per verificare la presenza o meno di incitamenti alla discriminazione, all’intolleranza e all’odio”.
Una sorta di polizia politica, di grande fratello, che dovrà poi comunicare alle autorità ogni segnalazione. Immaginiamoci cosa potrà succedere se il signor ‘Mario Rossi’ rivendicherà sui social il fatto di essere ebreo invece che musulmano, o magari di votare un determinato partito, o di preferire una pietanza mediterranea rispetto a una africana.
“Siamo ai forconi!” ha così commentato il sempre moderatissimo Mario Tonina, democristiano e vice presidente della giunta provinciale, quando per la prima volta lo ha letto.
Ormai alla sua terza legislatura da consigliere provinciale, Zeni sa che non potrà più essere ricandidato per un quarto mandato. Il suo obiettivo nemmeno tanto velato è Roma, il Parlamento, magari il Senato, dove così potrà riunirsi con quel Matteo Renzi per cui tanto si è adoperato quando era il segretario nazionale del Pd.
Per fare questo ha messo su una corrente con Elisabetta Bozzarelli, assessore del Comune di Trento, con cui ha sostenuto l’elezione a segretario provinciale di Lucia Maestri, ex comunista frattocchiana. Questo movimentismo è stato mal digerito dai colleghi di partito Alessandro Olivi e Sara Ferrari, anch’essi miranti al seggio nella Città Eterna.
Le sue battaglie sono ormai orientate all’agenda verde, ai diritti lgbt e agli immigrati, in coerenza con il suo nuovo punto di riferimento, la vice presidente americana Kamala Harris, leader pop dell’area radical chic della sinistra mondiale.
“Da Dellai a Kamala in soli quindici anni” racconta un ex anziano dirigente della Cgil.
Per questo molti nel partito lo vedono negativamente. Il rischio è che per il nostro Luca finisca come per Robespierre: da grande inquisitore giustizialista alla tagliola della ghigliottina. Come disse, infatti, Pierre Victurnien, “la rivoluzione è come Saturno: divora i suoi figli”. Chi vivrà, vedrà.
Sotto, la lista dei documenti riportati nell’articolo
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