Correva l anno....
32 anni fa la tragedia delle isole Azzorre dove morirono 6 trentini

Alle 13.10 di mercoledì 8 febbraio 1989 l’aereo partito dall’aeroporto di Orio al Serio si schiantò quattro ore dopo, contro la collina di Pico Alto. Alle Azzorre era previsto uno scalo tecnico sulla rotta per Santo Domingo.
A bordo del boing 707 ci sono 144 persone, tra loro anche 6 trentini: Guido Lazzeri di Padergnone, contitolare con il fratello Cesare del ristorante da Valentino in località due Laghi.
Le sorelle Ottilia e Bruna Baratto di Civezzano insieme alla cugina Adriana Baratto di Pergine Valsugana note commercianti che avevano atteso per anni di poter fare questo viaggio. Luciano Pilati e Bruno Emerenziani di Cles, entrambi 26 enni collaboratori della rispettive aziende famigliari.
Per loro non c’è nessun scampo. Non ci sono superstiti. L’impatto non lascia scampo a nessuno, muoiono tutti, passeggeri ed equipaggio e ci vorranno un po’ di giorni per recuperare i resti, sparsi per un raggio di 6 chilometri.
I familiari si affidarono a un vestito o a un pezzo tra gli effetti personali per riconoscere il proprio congiunto. A dieci dei 144 morti (137 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio), non fu possibile nemmeno dare un nome.
È stata una tragedia che ha segnato profondamente la città di Trento e tutta la provincia.
Sull’aereo viaggiavano cittadini di undici regioni d’Italia: Lombardia (che, con oltre cinquanta vittime era stata la regione più colpita), Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Trentino, Sicilia, Marche, Molise, Campania e Puglia.
Grazie al ritrovamento della Scatola nera, le indagini portarono ad una conclusione molto più banale quanto ancora più tragica. Ci fu un’incomprensione tra i membri dell’equipaggio e la torre di controllo determinata dalla sovrapposizione nelle comunicazioni che intercorsero nei minuti precedenti al disastro.
La sovrapposizione di comunicazioni impedì all’equipaggio di sentire la parte conclusiva della trasmissione del controllore di volo che chiedeva conferma della quota e a quest’ultimo di capire l’intenzione dell’equipaggio di scendere a 2000 piedi.
Questa tragica incomprensione determinò un’incorretta altitudine del velivolo aggravata da un’inesatta comunicazione della pressione atmosferica. La commissione di inchiesta ha determinato che l’incidente era dovuto al mancato rispetto da parte dell’equipaggio delle condizioni di sicurezza che hanno portato alla discesa volontaria del velivolo a 2000 piedi quando la minima altitudine per il settore era di 3000 piedi.
Va inoltre rilevato che è stata rilevata una discrepanza tra la pressione atmosferica comunicata dal controllore (1027 millibar) e quella reale (1018).
Questa differenza avrebbe provocato il fatto che l’altimetro di bordo dell’aereo indicava un’altezza superiore di 80 metri a quella reale, aggravando l’errore del primo ufficiale.
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