Politica
Claudio Cia si dimette da assessore Regionale. «Una scelta politica senza nessuna contropartita»

Claudio Cia assessore agli enti locali del Consiglio regionale deposita le proprie dimissioni.
Un promessa fatta durante la conferenza stampa dove aveva confermato il passaggio a Fratelli d’Italia ed ora quindi mantenuta. È uno dei pochissimi casi di dimissioni da parte di un assessore di maggioranza nella storia politica della provincia autonoma di Trento.
Ed è sicuramente l’unico caso di un assessore che si dimette per scelta politica e senza avere nessuna contropartita. Ora entro 15 giorni dovrà essere convocato il consiglio regionale straordinario dove saranno discusse le sue dimissioni e proposti dei nuovi nomi per la sua sostituzione.
Si fa largo l’idea che a sostituire Claudio Cia possa essere chiamato il presidente del consiglio provinciale Walter Kaswalder che lascerebbe la sua carica sostituito da Roberto Paccher in scadenza di mandato per quanto riguarda la presidenza del consiglio regionale.
Non ci sono conferme per ora, e gli spostamenti saranno comunque varati dalla Giunta, in particolar modo dal governatore Fugatti.
«La mie dimissioni sono figlie di una scelta politica che avevo già preso nel momento del passaggio da Agire per il Trentino a Fratelli d’Italia, – spiega Claudio Cia – era un atto dovuto che non mi ha creato nessun problema e per il quale non ho chiesto nessuna contropartita»
Che aria si respira dentro Fratelli d’Italia?
«Ho trovato un partito con molto entusiasmo al proprio interno che si sta espandendo molto sul territorio. Il grande lavoro di Giorgia Meloni, Andrea De Bertoldi e Adolfo Urso sta portando i suoi frutti anche qui in Trentino. Fratelli d’Italia è sempre stato un partito molto coerente che non ha mai accettato nessun inciucio, ed quanto sta succedendo a Roma in questi giorni e le dichiarazione del suo leader lo dimostrano. Mi risulta infatti che la Meloni fin dall’inizio della crisi abbai ripetuto che al governo ci si deve arrivare solo grazie al voto popolare»
Quali sono i motivi più importanti che ti hanno costretto alla scelta di abbandonare Agire per il Trentino?
«Io non parlerei di abbandono, visto che la grande parte degli attivisti e tesserati sono confluiti con il sottoscritto all’interno di Fratelli d’Italia, quanto piuttosto di traduzione in azione di quello che era il nome del movimento territoriale da me fondato: AGIRE per il Trentino. La mia adesione al partito di Giorgia Meloni non cambierà il mio modo di fare e di stare in politica, sempre in mezzo alla gente comune, ascoltandone i problemi e cercando soluzioni».
Cosa non ha funzionato alla fine?
«Il deludente risultato ottenuto dalla lista di AGIRE per il Trentino sulla città di Trento mi ha portato a riflettere sulla difficoltà, nel momento storico che stiamo vivendo – con una politica fortemente polarizzata tra destra e sinistra – , di far passare un messaggio civico e moderato (lontano quindi dalle tifoserie da stadio a cui i dibattiti televisivi ci hanno abituato) con un movimento la cui forza non derivava da un voto di opinione legato al simbolo, ma dalla sommatoria delle preferenze personali dei candidati. Sono inoltre giunto alla conclusione che il fatto che il mio Gruppo consiliare provinciale fosse composto da una persona soltanto (il sottoscritto) e l’assenza di una forte compagine politica alle mie spalle in grado di esercitare massa critica, abbia rappresentato in questi primi due anni di legislatura uno svantaggio, non permettendomi di incidere come avrei voluto sulle politiche provinciali. Al termine di questa riflessione, desideroso di continuare ad apportare il mio contributo alla politica trentina, ho deciso di accettare la proposta – avanzata già nel corso del mese di gennaio 2020 – del collega ed amico senatore Andrea de Bertoldi. Ci tengo a ricordare come – nel momento critico in cui nello scorso maggio AGIRE per il Trentino e il sottoscritto furono messi alla porta dall’allora candidato alla carica di sindaco di Trento Alessandro Baracetti – il sen. De Bertoldi fu l’unico a stigmatizzare tale comportamento, continuando a sottolineare l’importanza di una coalizione di centrodestra unita».
Si è fatto un’idea di quello che sta succedendo a Roma in questi giorni?
«Più che di idee, parlerei di delusione. Il dibattito politico degli ultimi giorni ci ha dimostrato quanto – in fin dei conti – le idee dei politici contino ben poco, visto che esse sono state in gran parte delegate ai comitati tecnici e quelle poche che vengono sciorinate nei salotti televisivi, non trovano mai applicazione. Oltre a ciò, è triste verificare come partiti politici con percentuali da prefisso telefonico riescano a tenere in mano il destino politico di un Paese. Ritengo che spesso all’interno di quei palazzi i politici vivano in una bolla, ignari di ciò che avviene all’esterno e delle difficoltà che devono affrontare ogni giorno gli italiani.»
I suoi valori in realtà sono da sempre quelli dei Fratelli d’Italia. Ma allora perché fondare una lista civica moderata?
«Nel 2016 (quando ho fondato AGIRE per il Trentino) il panorama politico era diverso, la polarizzazione attuale non era così marcata e la politica trentina aveva bisogno di un movimento civico ed autonomista che partisse dal basso, sollevando i problemi della gente comune. Ciò si era reso ancora più necessario, se si considera che quello che teoricamente dovrebbe essere il partito di raccolta dei trentini (il PATT) e che si trovava momentaneamente ai vertici della nostra Provincia ha fallito proprio nel trattare le questioni che stavano più a cuore ai nostri cittadini, per dedicarsi ai massimi sistemi (portare l’ideologia gender nelle scuole per esempio) e usufruire del potere per creare centri di collocamento per i suoi tesserati. È vero che tra il sottoscritto e Fratelli d’Italia c’è sempre stata comunanza di valori: la necessità di una politica pulita, coraggiosa, coerente e rispettosa delle Istituzioni che sostenga la famiglia, che dia priorità alla sicurezza e alla legalità, che sappia mettere al centro chi lavora e chi fa impresa, con un’attenzione particolare alla vita nascente e morente e che sia in grado di valorizzare le nostre radici culturali e storiche. Questi valori necessitano però, nel panorama politico trentino (le cui dinamiche sono certamente diverse da quelle nazionali) di una declinazione più locale, moderata ed è per questo che stiamo lavorando assieme ai senatori Urso e De Bertoldi e a tutto il direttivo di FdI trentino».
Come andranno le elezioni provinciali del 2023?
«Difficile dirlo, oggi abbiamo imparato che in soli 6 mesi può cambiare tutto e che il voto è diventato estremamente liquido e in grado di spostare velocemente grandi frange di consensi. Per quel che mi riguarda non ci penso. Io lavorerò per essere pronto per quell’appuntamento con trasparenza ed entusiasmo.»
Secondo lei come è stata gestita la pandemia dalla giunta Fugatti?
«Maurizio Fugatti ci ha messo la faccia dal primo giorno. Teniamo conto che l’impegno richiesto per combattere questo maledetto virus è stato enorme e si è svolto dentro degli scenari in continuo cambiamento. Lui ha mantenuto la barra diritta come fa un condottiero, cercando di prendere delle decisioni come fa un padre con i propri figli. Se qualche errore c’è stato è stato certamente dovuto a delle criticità difficili da superare dove si è trovato spesso contro un governo centrale debole, incapace di decidere e spesso incongruente e contraddittorio»
C’è qualcosa che non rifarebbe nella sua carriera politica?
«Se tornassi indietro non presenterei la lista per le ultime elezioni comunali di Trento.»
Ma dica la verità, si aspettava che finisse così?
«No, perché ritenevo che la coerenza e correttezza di Agire per il Trentino fosse riconosciuta dagli elettori trentini. Probabilmente in molti non seguono la politica e le sue dinamiche se non 15 giorni prima delle elezioni. In molti chiedono coerenza e trasparenza ma poi non la premiano, altri chiedono nuove facce però non le votano perché non le conoscono».
E se le chiedessero nel 2023 di candidarsi per Roma?
«Preferisco lavorare nella mia regione. Ma comunque credo che sia Andrea De Bertoldi la persona più indicata ad andarci visto quanto ha dimostrato di valere all’interno delle istituzioni. Mi candiderei solo se il partito me lo chiedesse.»
Lei è stato l’alleato più stretto e fedele del presidente Fugatti nel 2018. Ora il vostro rapporto com’è?
«Immutato. È molto buono e coordinato da una stima reciproca dovuta anche ad anni di battaglie portate avanti insieme quando eravamo all’opposizione dei governi di sinistra».
Qualche rimpianto o rimorso per come è andata alle elezioni comunali?
«No, io sono stato sempre lineare e ho dovuto intraprendere un percorso dettato da altri dopo la mia cacciata ad opera di Baracetti. Io non ho fatto campagna contro la lega ma contro la sinistra»
Parliamo di politica?
«Volentieri»
Che ne pensa del Patt?
«Ho trovato molto divertenti le arrampicate sugli specchi del Segretario Politico Simone Marchiori quando mi ha definito “autonomista di facciata” oppure “fascista e neo-fascista”. Proprio lui che è un segretario di facciata, utile solo a coprire i movimenti – neppure molto sottotraccia – del milanese Ugo Rossi, parla di Fratelli d’Italia come di un partito anti-europeista, ma dimentica che la nostra leader Giorgia Meloni è presidente del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei (unica politica italiana a rivestire un ruolo di prestigio a livello europeo) oltre alle parole di Giorgio Almirante: “La destra o è Europa o non è”. Certo è che quell’Europa di cui parlava Almirante non esiste più, sostituita da un manipolo di burocrati incapaci di dare risposte ai problemi dei nostri cittadini e di creare un’identità europea.
Per quanto mi riguarda, a dispetto dei patentini di autonomismo rilasciati da chi negli anni ha sfruttato la parola “Autonomia” per un mero tornaconto elettorale, continuerò a promuovere la nostra Autonomia regionale e provinciale, difendendo l’identità storica e culturale trentina dai continui attacchi di una sinistra che ci vorrebbe tutti uguali ed omologati al pensiero unico, conducendoci quindi verso la perdita di quella specialità che ci caratterizza e che rende realmente unici la nostra terra, la nostra gente ed il nostro modo di vivere. Per fare questo è però necessario mettere da parte i conflitti del passato e riconoscere che l’Autonomia trentina si amministra e si vive a Trento, ma si difende a Roma».
E sul PD?
«Il Pd soffre l’opposizione. Non riesce – fatta esclusione per alcuni elementi molto validi come il collega Tonini – ad essere efficace e a drenare i voti che stanno fuoriuscendo per andare verso l’estrema sinistra rappresentata da Futura (che pur sta avendo le sue difficoltà, anche dopo aver perso la componente dei Verdi). Credo poi che – dopo le dimissioni da Vice presidente del Consiglio provinciale di Alessandro Olivi – si sia aperta una crisi interna al Gruppo consiliare legata a chi deve occupare quella poltrona. Non escludo scissioni in futuro verso Italia Viva».
Sulle dimissioni di Paolo Ghezzi?
«Le dimissioni di Ghezzi erano nell’aria da un po’ di tempo, certo è che nessuno si aspettava un abbandono così brusco. Evidentemente si era reso conto di non essere così incisivo come avrebbe voluto ed ha preferito abbandonare. È da dire che quasi mai ci siamo trovati d’accordo su qualche argomento (motivo per cui ci siamo spesso scontrati in aula e sulla stampa) e che non ho apprezzato in molte occasioni il suo modo di portare avanti alcune battaglie (si ricordino il maglione con l’articolo del regolamento consiliare o lo sventolamento di oggetti all’interno dell’aula consiliare), tuttavia è da riconoscere che il Consiglio provinciale senza Ghezzi è sicuramente meno movimentato.»
Chi è stata la sorpresa della giunta in senso positivo fino ad ora?
«Achille Spinelli per la sua pacatezza, competenza, ed il suo equilibrio. Poi mi piace anche la sua ironia inglese. Parla poco ma nei provvedimenti si fa notare molto. Poi senza dubbio Giulia Zanotelli, persona autorevole e con una capacità oratoria sorprendente.»
Cosa vi siete detti nell’incontro avvenuto a Roma con Giorgia Meloni?
«Mi ha colpito la sua semplicità e il modo con cui si è rapportata con me. Ha dimostrato di essere una donna vera e non costruita mediaticamente. Ho trovato una persona schietta, concreta, capace e competente su ogni tematica. Nel dialogo è molto affabile e quando ti parla ti guarda fisso negli occhi. Lei ha un’idea sulla provincia autonoma di Trento: vuole infatti non contrapporre l’autonomia allo Stato e viceversa dicendo che l’autonomia delle regioni serve per governare meglio lo Stato. E qui ho capito che Fratelli d’Italia non è nemica dell’autonomia.»
Quali gli obiettivi a breve di Fratelli d’Italia?
«Ci stiamo radicando sul territorio e sono molte le richieste di iscrizione che arrivano dalla provincia e dall’Italia, in questo momento stiamo perfezionando la struttura organizzativa per potersi presentare il meglio possibile alle prossime elezioni. Ma intanto dobbiamo lavorare con concretezza sui temi che arrivano dal territorio che sono molti. Quella di Fratelli d’Italia è una squadra in continua evoluzione dentro la quale ci sono persone di spessore che portano un peso formativo e professionale importante al gruppo. Le sensazioni sono molto buone.»
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