Trento
Piste da sci chiuse fino al 15 di febbraio: la Pat chiede al governo 4,5 miliardi di euro di risarcimento

Per un altro mese gli impianti di risalita rimarranno chiusi. E’ quanto deciso dal nuovo Dpcm. Dopo quella data ci saranno comunque parecchie incertezze e non è assolutamente detto che si possa pensare ad una riapertura.
L’Anef trentina si riunirà martedì per prendere atto della decisione e fare delle ipotesi su cosa fare dopo il 15 febbraio. E’ infatti possibile che dopo il 15 febbraio lo sci sia permesso solo ai residenti.
Alcuni impianti da sci, lontani logisticamente dalla valle dell’Adige, faranno fatica a riaprire perché non avranno abbastanza clientela nemmeno dal Trentino. Gli altri impianti posizionati meglio a livello logistico potrebbero provare ad aprire nei weekend.
Il mondo della ricettività trentina non vede invece nessuna luce in fondo al tunnel. Gianni Battaiola, presidente dell’Asat, ha affermato che il divieto di spostamento tra regioni, indicato nel nuovo Dpcm, ha distrutto gli albergatori e posto fine alla stagione invernale.
Alcune strutture, spiega Battaiola, non avevano aperto nemmeno d’estate perchè pensavano di non avere flussi di turisti sufficienti, e rischiano probabilmente di saltare anche la stagione invernale.
Marco Fontanari, presidente dei Ristoratori di Confcommercio, ha invece spiegato che il Trentino essendo per lo meno in zona gialla fa sì che i ristoranti possano essere aperti a pranzo. Essere nella zona arancione avrebbe portato delle conseguenze più gravi. Fontanari si distanza dalle proteste contro il nuovo Dpcm di altri esercenti.
Sul profilo social dell’assessore Roberto Failoni ieri sera è apparso un post che di fatto conferma la presentazione di un documento completo e importante nato da una proposta trentina che richiede un intervento da parte dello Stato di 4,5 miliardi di euro a ristoro di tutte le diverse attività economiche e lavoratori che ruotano attorno al turismo invernale, sia direttamente che indirettamente.
Gli ingenti danni economici causati dal mancato avvio della stagione invernale – solo per il Trentino parliamo di più di un miliardo di euro perso – richiedono infatti adeguati interventi di ristoro nei confronti degli operatori e dei dipendenti della montagna. Chiaramente l’andamento dei fatturati della stagione invernale si concentra principalmente nel periodo dicembre-marzo e quindi tali operatori non hanno fino ad oggi trovato ristoro nelle misure statali, principalmente a causa del criterio che vede il confronto del fatturato aprile 2020 su aprile 2019.
Per questo motivo, nella proposta delle Regioni e Province Autonome viene previsto un duplice intervento:
Per le Aziende o lavoratori autonomi appartenenti ai codici ateco propri del settore turistico invernale e – la novità – per tutte le Aziende o lavoratori autonomi appartenenti all’indotto si prevede un contributo calcolato – con due quote di erogazione – sul calo di fatturato della stagione invernale da novembre a maggio 2020/2021 rispetto al fatturato dei mesi di novembre-maggio 2018/2019
In particolare, la pat ha proposto le seguenti percentuali di intervento sulla differenza di fatturato tra i due periodi presi in considerazione: 50% per i soggetti con ricavi non superiori a 2,5 milioni di € nel periodo d’imposta 2019; 40% per i soggetti con ricavi tra i 2,5 e i 5 milioni di €; 30% per i soggetti con ricavi superiori ai 5 milioni di €. Il contributo spetta anche in assenza dei requisiti di fatturato ai soggetti che hanno attivato la partita IVA a partire dal 1° novembre 2018.
INTERVENTO A FAVORE DEI LAVORATORI STAGIONALI – Il Decreto ristori stabilisce un ristoro una tantum di 1.000€ + 1.000€ per i lavoratori stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo. Considerando che il decreto ristori copriva novembre – dicembre, chiediamo il riconoscimento una tantum di 2.000 € per i mesi di gennaio – febbraio per i lavoratori del turismo invernale, stagionali o autonomi che non possiedono partita IVA o affini, a cui vanno aggiunti altri 2.000 € per marzo-aprile non dovessero essere riassunti.
In alternativa a queste misure la pat chiede il trasferimento alle Regioni e Province Autonome interessate di un volume di risorse adeguato per attivare in autonomia queste misure di contributo.
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