Val di Non – Sole – Paganella
Daniel e Roberto Webber fanno rivivere antiche tradizioni a Vigo di Ton

Daniel e Roberto Webber sono due giovani di Ton, hanno 23 e 18 anni e sono amici da una vita. Insieme hanno deciso di riscoprire mestieri, sapori e tradizioni di una volta, che hanno fatto parte del nostro passato e hanno scritto pagine importanti della storia della Val di Non.
Entrambi dipendenti alla Dalmec di Cles, i due ragazzi condividono tante passioni come la caccia, l’amore per la montagna e, soprattutto, per il nostro territorio.
Qualche tempo fa è sorta in loro un’idea innovativa: perché non piantare pannocchie in un appezzamento di mille metri quadrati a Vigo di Ton, là dove solitamente spuntano meleti, per produrre farina da polenta?
«L’idea è nata un po’ per gioco e un po’ per la voglia di riscoprire tutte quelle lavorazioni che svolgevano i nostri nonni – raccontano Daniel e Roberto –. Abbiamo iniziato con la semina del mais nella primavera del 2020, a settembre abbiamo raccolto le pannocchie e proceduto con l’essicazione, mentre ora stiamo svolgendo la macinazione del mais per ottenere la farina».
Per quest’anno la farina verrà donata a chi ha dato loro una mano a realizzare questo piccolo sogno. «Insieme abbiamo deciso di regalarla a tutti i nostri amici – rivelano – come ad esempio Andrea Marcolla, attuale consigliere comunale e imprenditore agricolo che ci ha aiutato nella sgranatura delle pannocchie, e Anselmo Battan, anche lui imprenditore agricolo che ci ha gentilmente concesso l’appezzamento di terreno».
La maggior parte del lavoro è stata svolta manualmente. «Per la sgranatura e la macina – raccontano i due Webber che, nonostante il cognome, non sono parenti – abbiamo invece chiesto un favore agli amici che possedevano già i macchinari».
«Visti il successo e le soddisfazioni che abbiamo ottenuto quest’anno – aggiungono – in ottica futura stiamo pensando di aumentare la nostra produzione, magari riuscendo, non si sa mai, a creare un piccolo business, diverso da quelli già presenti in Val di Non».
I presupposti, a quanto pare, ci sono tutti. Per far rivivere strumenti, usanze e profumi di una volta. E per far conoscere ai più giovani i sapori della nostra tradizione.
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