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Italia ed estero

5G: l’impatto nella vita reale

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Mentre l’elenco dei Comuni e dei Sindaci italiani che hanno detto no al 5g continua a crescere (ad oggi 471 Comuni d’Italia sono ufficialmente stop5g, 311 Sindaci hanno emanato ordinanze stop5g e 2 Regioni hanno approvato mozioni per la precauzione), il dottor Diego Tomassone, medico chirurgo, nutrizionista clinico, specialista in Omeopatia hahnemanniana, con un master in malattie pediatriche complesse, un altro master in PNEI e anche studente laureando in fisica e bioingegneria, ha risposto ad alcune domande.

Dottor Tomassone è d’accordo con quanto riportato nell’articolo del giornale diretto da Mentana in riferimento allo studio svolto dal Professor Olle Johansson e dallo scienziato Paul Doyon e pubblicato nel Medical Hypotheses (2017;106;71-87)?

“Innanzitutto ci tengo a precisare che stimo tutti i giornalisti e tutti gli studiosi, purtroppo però devo spesso prendere atto che o si interpretano male certi risultati e certi lavori, oppure proprio li si ignora, come accade in questo caso, perché basta citare due lavori: il primo del 2011 che parla di “DNA come antenna frattale”, e il secondo recentissimo del 2019  dove si parla di resistenza batterica indotta da esposizione a campi elettromagnetici, per capire che, anche se non ancora del tutto chiarita, una correlazione tra microbi e CEM (campi elettromagnetici) non è da escludere, a maggior ragione se si parla di virus, quindi di semplici sequenze di DNA o di RNA.”

In merito alle analisi sistematiche su 5G e campi elettromagnetici in generale e quindi a favore della diffusione del 5G, l’articolo cita i risultati prodotti da Myrtill Simkò e Mats-Olof Mattsson. Cosa ne pensa?

“Premettendo di essere il primo a sperare che il 5G fosse non solo innocuo ma addirittura benefico, da medico clinico però, quindi che si occupa della salute delle persone, devo per forza fare i conti con la vita reale, e considerare che le persone vivono non in un mondo ideale, quindi senza inquinanti di nessun tipo, ma in un mondo purtroppo inquinato.

Come documentato da questo lavoro, che cito su tutti anche perché molto recente, ad oggi non esistono studi sulla vita reale, cioè che abbiano potuto misurare veramente l’impatto che una nuova tecnologia di questa portata ha sulla salute delle persone, registrando i “real life data”, ossia l’impatto vero nella vita reale, ma è ancora tutto in fase sperimentale e con troppi pochi dati per poter affermare incontrovertibilmente l’innocuità del 5G, anche perché le semplici misurazioni o il semplice basarsi sulla capacità di penetrazione delle onde, sicuramente inferiori dei G precedenti siccome si aumenta la frequenza, non è indicativo di innocuità, anche perché non si considera adeguatamente la risonanza, altro fattore determinante per valutare la eventuale pericolosità.”

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Visto il suo curriculum, quali sono gli studi in tema di 5G che lei conosce e che risultati pongono in termini di rischi per la salute umana?

“Premesso che il mio curriculum (tra l’altro ancora “working in progress” e che mi vede impegnato maggiormente nell’attività clinica di umile medico di territorio, tra l’altro pure omeopata!), è nulla in confronto a quello dei veri e stimati ricercatori che hanno studiato e studiano tutt’ora queste tecnologie, quindi mi rifaccio in primis al Report completo con decine di lavori di vari autori, curato e redatto dal biologo CNR prof. Fiorenzo Marinelli e dal matematico-biofisico prof. Livio Giuliani, da sempre impegnati in queste ricerche in maniera indipendente e con indiscussa trasparenza ed assenza di conflitti di interesse.”

Quando uno studio si può definire indipendente? Ne conosce alcuni in tema di 5G?

“Uno studio si può definire indipendente quando non è finanziato da aziende o Istituti che hanno un tornaconto sui risultati, in pratica è quando non si chiede all’oste se il vino è buono.

I lavori indipendenti sono quelli citati nella domanda precedente, ed è curioso come se si comparano i risultati di lavori indipendenti, con quelli finanziati dalle compagnie telefoniche, i risultati sono esattamente opposti. Come è possibile osservare nella figura che allego infatti, i lavori finanziati dalle compagnie telefoniche “decretano” una innocuità pari al 68%, mentre i lavori indipendenti e non finanziati da nessuno che potrebbe avere interessi per i risultati, decretano un opposto 70% di pericolosità!”


Lei ritiene che le onde non ionizzanti siano sicure per la salute dell’uomo? (David Puente afferma il contrario in questo articolo)

“Purtroppo ci sono troppe evidenze che correlano tutta una serie di disturbi, o peggioramento di patologie pregresse, all’esposizione ai campi elettromagnetici (ed è facilmente verificabile che siano correlate, perché diminuiscono di molto o cessano quanto più ci si sposta dalla fonte di emissione), ed io stesso ho voluto raccogliere dati per approfondire questa tematica, e conto di pubblicare dei lavori in tal senso, anche perché è opportuno approfondire questi temi di medicina ambientale, per dare sempre maggiori risposte e soluzioni terapeutiche alle persone che, purtroppo, risultano elettrosensibili.”

C’è chi definisce l’omeopatia una pseudoscienza. Cosa ne pensa? Come è iniziato il suo percorso di formazione e professionalizzazione in questo campo?

“Ho iniziato a studiare le medicine complementari, tra cui l’Omeopatia ancora studente di medicina, seguendo poi due diverse scuole post laurea di formazione triennale, seguendo successivamente seminari in Italia e in Svizzera, e ‘imparando il mestiere’, praticando come allievo che assisteva le visite di medici omeopati con pratica clinica di lungo corso.

Senza dilungarmi troppo con i testi universitari di filosofia della scienza di Popper, Okasha e Kuhn, leggiamo correttamente la definizione di pseudoscienza: “Il termine pseudoscienza, nell’epistemologia, indica ogni teoria, metodologia o pratica che afferma, pretende o vuole apparire scientifica ma che tuttavia non mostra i criteri tipici di scientificità ovvero non ha alcun’aderenza al metodo scientifico (o metodo sperimentale), che è il metodo alla base della scienza moderna per dimostrare le proprie affermazioni e progredire. Tra i primi ad usare il termine ci fu François Magendie, pioniere della fisiologia.

Il termine deriva dal prefisso greco ψευδής pseudés (falso, mendace) e dal latino scientia (conoscenza)”, e se conosciamo un pochino di Omeopatia, non solo non è possibile definire la stessa “pseudoscienza”, ma anzi la si può definire una vera Scienza a tutti gli effetti. Infatti è stato lo stesso prof. Hahnemann, con la sua sperimentazione “pura” dei rimedi omeopatici (pura perché eseguita su soggetti sani), a introdurre il metodo scientifico in medicina, e di fatto a “inventare” le sperimentazioni in doppio e triplo cieco (prima di lui nessuno sapeva che un dato rimedio diluito e dinamizzato opportunamente poteva dare un dato effetto su soggetto sano).”

A che punto è l’omeopatia in Italia oggi?

“L’Omeopatia è una medicina molto ricercata in Italia, si stima che 1 italiano su 5 (il 21% della popolazione, cioè 13 milioni di persone) fa uso di terapie non convenzionali, con la medicina omeopatica che è la medicina non convenzionale più amata e usata, con un 76% di preferenze rispetto ad altre pratiche come fitoterapia, osteopatia o agopuntura. Si fa però ancora troppa confusione tra ciò che è veramente Omeopatia, ossia quella hahnemanniana, ed altre medicine che usano prodotti omeopatici ma non seguono lo stesso impianto teorico, e lo stesso metodo di fare diagnosi.”

E negli altri Paesi?

“Negli altri Paesi sia europei che extraeuropei la situazione è variabile, perché in Paesi come ad es. Giappone o India o anche Cuba la medicina omeopatica è ben inserita anche nel sistema sanitario nazionale, con medici che lavorano, soprattutto in India, prevalentemente negli ospedali pubblici, mentre in altri Paesi rimane una pratica esclusivamente ambulatoriale e privata come qui in Italia (fatto salvo per l’Ospedale di medicina integrata di Pitigliano in Toscana).

Stime recenti parlano che in Europa più di 100 milioni di persone utilizzano l’Omeopatia, e nel mondo la utilizzano più di 600 milioni di persone, facendo si che sia la seconda medicina più utilizzata.”

In Stati come l’India e la Cina molte persone colpite dal Covid-19 sono state curate con la medicina alternativa e nessuno è stato tacciato di complottismo o altro. Qual è la situazione in Italia?

“In Italia la medicina omeopatica ha fatto la sua parte come medicina del territorio, sia come prevenzione che come cura sia nei pazienti con sintomi non severi da necessitare di ventilazione meccanica e apparecchiature ospedaliere di monitoraggio, sia nei pazienti usciti dagli ospedali e ancora convalescenti.

Personalmente, come successo a Cuba ed in India dove i Governi hanno fornito e consigliato rimedi omeopatici, ho suggerito ai miei pazienti quello che in gergo omeopatico si chiama ‘genio epidemico’, ossia il rimedio che per esperienza copre il maggior numero di sintomi della specifica epidemia (ho curato diversi casi di ‘COVID col senno di poi’ nel periodo dicembre/gennaio), ottenendo notevoli risultati nei pazienti che hanno voluto usufruire di questa opportunità, perché quasi nessuno si è ammalato, e una piccola minoranza ha solo manifestato lievi sintomi influenzali, risolti in breve tempo.”

Una visione olistica applicata a quanto stiamo vivendo avrebbe evitato l’instaurarsi della paura, che ormai si è diffusa, forse molto più del virus?

“La paura fa parte di noi quindi non penso la si sarebbe evitata, sicuramente una sinergia di intervento e una collaborazione tra più figure e tra saperi avrebbe sicuramente reso la situazione più facilmente gestibile, e di conseguenza avrebbe mitigato di molto anche il panico. Lo posso dire con esperienza diretta perché ho seguito diversi pazienti terrorizzati di andare in ospedale, che sono stati seguiti a casa senza problemi e con paura molto minore, sapendo di essere seguiti costantemente.

Avendo poi una ‘profilassi’ da seguire, ho notato oltre agli indubbi effetti sulla salute e sul potenziamento del sistema immunitario, anche una maggior tranquillità e serenità nel vivere questa ‘epidemia’.”

Qual è l’approccio della salutogenesi che lei attua nella sua pratica di medico?

“Da medico cerco di seguire le orme del padre codificatore della medicina omeopatica, il maestro prof. Hahnemann, approcciandomi al malato considerandolo un individuo unico e irripetibile, e prescrivendo la terapia omeopatica unicista, considerando la totalità sintomatologica modalizzata, ossia non concentrandomi solo su un distretto o su un disturbo o sul ‘nome allopatico’ della patologia, ma considerando la ‘malattia’ di quel particolare ‘malato’, considerando l’insieme di tutti i disturbi e inserendoli nel quadro personale e di vita del malato.”

Quali aspetti positivi ha potuto riscontrare nella sua attività professionale e di studio e ricerca attraverso la salutogenesi?

“Ho potuto riscontrare una maggiore vicinanza al malato ed alle sue sofferenze, e vedo molto spesso che grazie alla medicina complementare è possibile risolvere anche casi considerati incurabili dalla sola medicina convenzionale, proprio grazie ad un approccio non settoriale e slegato, ma integrato e che segue il malato passo-passo.”

Quali prospettive vede per il futuro?

“Per il futuro vedo un ulteriore incremento nell’utilizzo delle medicine non convenzionali, e si confermerà il trend di crescita che si è osservato negli ultimi anni per l’Omeopatia (incremento dal 13% al 16.5% dal 2005 al 2015), soprattutto perché purtroppo le malattie croniche saranno quelle che maggiormente richiederanno intervento e cura, e continueranno a crescere, come aumenteranno le malattie, soprattutto di origine ambientale, con ‘sintomi vaghi e strani’, che la medicina allopatica ahimè, non sa trattare in maniera precisa ed adeguata.

Si avrà un incremento anche perché sarà necessario un nuovo approccio epistemologico alla cura, dove si dovrà maggiormente considerare la totalità e l’individualità del paziente, e sempre meno conterà essere iper-specializzati in una patologia di organo; sarà necessaria insomma, una medicina personalizzata e di precisione, che trova già adesso nella medicina omeopatica ben applicata, una opportunità di cura di questo tipo.”

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