Trento
Il nerissimo futuro del commercio trentino. È necessario sospendere subito gli affitti

Il commercio trentino è ormai in riserva e se la chiusura degli esercizi si prolungherà ancora per un mese, saranno in tanti quelli che non ripartiranno.
La prima vittima illustre è Conbipel, la cui situazione non era florida, che ha depositato richiesta di concordato preventivo al Tribunale di Trento
L’azienda ha due punti vendita a Trento, in via San Pietro e in via Brennero, al Top center, e un altro negozio a Pergine per un totale di circa 20-25 addetti, che rischiano di rimanere senza lavoro. Per la storica azienda il coronavirus è stato letale a tutti gli effetti.
Le speranze maggiori di poter rialzare la saracinesca sono per i negozianti che hanno i locali in proprietà, ma per tutti quelli in affitto specialmente nel centro storico e nei centri commerciali dove i costi sono alle stelle, le possibilità sono minime.
Un’azienda che paga fino a 7 mila euro di affitto al mese e si trova magari con il magazzino pieno di merce già pagata per la stagione ha ben poche possibilità di resistere molto senza aiuti. Il fatto poi che i proprietari dei locali non sospendano gli affitti e siano poco propensi di trovare una soluzione aggrava ancora maggiormente la situazione.
È un gatto che alla fine si morde la coda. Le aziende infatti non pagheranno più gli affitti e i proprietari dei locali si dovranno tenere le strutture vuote per anni rimettendoci un sacco di soldi. E alla fine ci rimetteranno tutti. Aziende, dipendenti e proprietari dei muri. È un processo che alla fine dell’emergenza porterà alla completa desertificazione del territorio.
Ma va detto che lo Stato chiede ai proprietari degli immobili le tasse anche sugli affitti non riscossi. È chiaro quindi che l’input deve quindi partire dal governo che per ora nicchia e molto.
Per il momento sono pochissimi i proprietari disponibili a non incassare le locazioni, qualcuno accetta la rateizzazione, altri la scalano dalla cauzione, ma con uno stop a due mesi.
Dovrebbe prevalere la logica e cioè che uno sfratto per morosità non sia la soluzione più conveniente e veloce, ma così non è.
Non si tratta nemmeno di posticipare le scadenze, perché senza incassi gli operatori economici possono dare fondo ai risparmi, ma non all’infinito.
Poi si arriva al caso paradossale di un commerciante trentino che si è visto recapitare due bollette di Dolomiti Ambiente a scadenza già avvenuta: 20 marzo e 9 marzo.
Il problema è che non si può andare a due velocità: i tempi del governo non sono quelli di chi emette bollette e tasse e quindi la sospensiva deve arrivare il prima possibile.
Infine, ma non per ultimo c’è il discorso dei dipendenti. Tra licenziati, contratti non rinnovati e disoccupati che erano prossimi all’assunzione il numero è considerevole, pur non essendoci ancora una stima ufficiale.
In questo momento il futuro del commercio trentino è nerissimo. Serve un intervento urgente che non possono essere i 600 euro già stanziati che suonano come una presa in giro e che verranno comunque liquidati dopo il 15 di maggio 2020.
Se non ci sono i fondi per un finanziamento si deve almeno intervenire sulle spese fisse.
Il rischio che si corre è che a fine emergenza si tornino a riempire le strade, ma in una desertificazione di attività commerciali.
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