Italia ed estero
Cure per Coronavirus: Torniamo a Sperare?

Dall’America alla Cina i paesi e le aziende sanitarie di tutto il mondo si stanno mobilitando per trovare una medicina, un vaccino per contrastare il Covid-19 che sta mettendo in ginocchio gran parte del pianeta.
Per ora, in Italia si stanno mettendo a punto due tipi di possibili cure.
Sono stati provati contro il virus, senza molto successo, noti farmaci solitamente usati per contrastare l’hiv che fermano l’enzima che permette all’aids di penetrare nelle cellule .
E’ andata molto meglio con quello che viene chiamato da alcuni “il farmaco della speranza”, il Tacilinzumab che in questo momento è stato somministrato a 30 pazienti contagiati dal coronavirus.
La multinazionale svizzera Roche avrebbe anche annunciato di voler distribuire quantità di questo farmaco gratis per i casi più gravi.
Il “Tacilinzumab”, normalmente utilizzato come cura per l’artrite reumatoide, è stato somministrato dal dottor Paolo Ascierto a sei pazienti affetti da Coronavirus nell’ospedale Giovanni Pascale di Napoli.
I malati dopo pochi giorni hanno avuto degli importanti miglioramenti. Il farmaco è stato somministrato poi a 21 pazienti cinesi e anche in questo caso i miglioramenti sono stati notevoli. L’istituto sanitario della Campania, in collaborazione con l’ospedale di Cotogno sta studiando a fondo gli sviluppi di questa cura.
Sarà veramente il farmaco della speranza?
Come già detto, per ora sono stati utilizzati “vecchi” farmaci per contrastare il virus anche se il ministro della salute francese Olivier Vèron ha espresso il suo dissenso tramite Twitter per quanto riguarda l’utilizzo di antibiotici come ibuprofene o cortisone che secondo lui potrebbero aggravare l’infezione da Covid-19 o causare insufficienza renale nel caso del cortisone.
Giuseppe Remuzzi dell’Istituto farmacologico Mario Negri di Bergamo è però fiducioso e pensa che presto verrà trovata una cura al Covid; intanto però prevede saranno necessari 4000 posti letto per contrastare il peggior periodo dell’infezione che sarà nelle prossime settimane.
Anche in Lombardia si sta mettendo a punto una strategia, già provata in Cina, per combattere questa pandemia che prevede l’infusione del plasma di guariti con alti livelli di anticorpi negli ammalati.
Il professore di microbiologia all’università di Pavia e responsabile del laboratorio di virologia molecolare dell’ospedale San Matteo, Fausto Baldanti spiega però di non voler lasciar trapelare ulteriori dettagli poiché si è ancora in fase di sperimentazione.
Varie istituzioni e università legate alla medicina, come quella di Cambridge stanno lavorando per la progettazione di un vaccino che sviluppi degli anticorpi contro la proteina Spike.
Questa proteina è la parte più aggressiva del virus (non a caso Spike in inglese significa artiglio) ed è quella che va a colpire i polmoni, quindi l’apparato respiratorio.
Il gruppo dell’università olandese di Utrecht con a capo Thunyan Wong ha descritto il primo farmaco contenente anticorpi monoclonali che andrebbero a riconoscere la proteina Spike, neutralizzandola.
Per utilizzare il farmaco ci sarà bisogno però di tempo poiché dev’essere ancora testato, prima sugli animali e poi sugli uomini; infine verrà messo in commercio.
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