Trento
Videoregistrare e fotografare per condividere sui social: ecco cosa dice la legge

In un momento storico dove conta quasi più condividere un immagine che vivere un momento, fa parte della sfera privata decidere cosa fotografare e cosa pubblicare nei social.
Va invece posta particolare attenzione a registrare i pubblici ufficiali, agenti e dipendenti pubblici mentre svolgono le loro funzioni.
Infatti in certi compiti vengono svolte mansioni che hanno particolari tutele.
E’ possibile riprendere i pubblici ufficiali al lavoro? Secondo il buon senso sarebbe meglio evitare di riprendere degli agenti quando stanno facendo determinati servizi ma la legge non è di cosi semplice interpretazione.
Molto cambia a seconda delle circostanze di tempo e luogo, motivazioni delle riprese ed anche da chi compie le azioni.
Non ci sono norme che vietino esplicitamente ed in modo semplice di fotografare o riprendere le forze dell’ordine, a meno che non si tratti di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria che stanno svolgendo delle indagini penali ( Art. 329 cod. proc. penale: Obbligo del segreto degli atti d’indagine compiuti dal PM e dalla polizia giudiziaria: sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari), altrimenti valgono le leggi sulla privacy che impediscono di diffondere immagini di altre persone senza il loro consenso, a meno che la diffusione non rientri nel diritto di cronaca.
Il Codice prevede che, in circostanze normali, per pubblicare la foto di un comune cittadino – e quindi non di un personaggio pubblico – serva sempre il suo consenso, che si parli di un giornale, di internet o di un social.
Questo vale anche per le foto scattate in luoghi pubblici, se la persona fotografata è evidentemente il soggetto della foto: non vale invece nei casi in cui una persona risulti fotografata accidentalmente in una foto scattata per rappresentare altro .
Le immagini e i filmati rientrano nella definizione di dato personale, in quanto atti ad individuare ed identificare una persona e, pertanto, sia l’acquisizione che la diffusione delle predette informazioni costituiscono un trattamento di dati, cui applicare la disciplina relativa, che oggi è costituita dal Reg. U.E. 2016/679 (GDPR), dal cosiddetto Codice della privacy (D. Lgs. 196/2003, come modificato dal D. Lgs. 101/2018) e dal D. Lgs. 51/2018, di attuazione della Dir. U.E. 2016/680 .
Caricare informazioni sul web può essere quindi rischioso, la prassi costante della CGUE e della CEDU assoggettano il caricare informazioni in rete agli oneri connessi al trattamento dei dati personali (EU:C:2014:238 e 317, casi Digital Right Ireland e Google Spain, nel quotidiano del 13/5/14; Delfi AS c. Estonia [GC], Benedick c. Slovenia, W.L. e W.W. c. Germania nei quotidiani del 16/6/15, 24/4 e 28/6/18; Cass. pen.40356/15 nel quotidiano del 9/10/15). Attualmente la normativa in materia è stata resa più severa dal nuovo Regolamento sulla privacy (Regolamento UE 2016/679).
Per l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia U.E. costituiscono un trattamento di dati personali, vietato e, quindi, penalmente illecito.
Secondo l’avvocato generale non è possibile infatti riprendere i pubblici dipendenti mentre lavorano. I funzionari dello Stato, nello svolgimento delle mansioni che ricoprono, hanno diritto a veder protette e riservate le proprie attività, lo svolgimento delle quali deve quindi ritenersi coperto da privacy.
Una eccessiva esposizione a una platea ampia potrebbe, del resto, ostacolare l’esercizio di funzioni delicate come, appunto, i controlli della polizia.
E ciò vale anche quando le informazioni pubblicate non sono sensibili (ossia non si viene a sapere dei nomi degli agenti) o quando le persone interessate stanno subendo un abuso. È del resto la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo a tutelare la privacy nella vita lavorativa”
Invece per attività giornalistica l’avvocato generale prevede alcune eccezioni, anche per la pubblicazione quando: quando gli agenti hanno dato il loro consenso ad essere ripresi, se, in assenza di consenso, ne sono stati oscurati i volti, le voci e i dati personali, infine se si è trattato di un abuso realmente grave da diventare di pubblico interesse per la collettività ed esercitare il diritto di cronaca ( sempre secondo il principio di continenza ed attualità.
Tuttavia il dispositivo dell’art. 234 Codice di procedura penale riporta testualmente al comma 1 “È consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.” pertanto su una pubblica vai solo l’applicazione del codice sulla privacy può limitare la registrazione audio e video o fotografica. Pertanto per gli operatori che necessitano delle prove non può essere posto limite, a favore di verità e giustizia.
Secondo una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Pen., Sez. IV, 24 gennaio 2012, n. 10697) tutto quello che l’occhio umano può vedere, può anche essere fotografato e ripreso.
Tuttavia si ricorda quanto previsto all’art. 6 GDPR, ai fini della liceità del trattamento, è vietato diffondere un video o una foto, a meno che non si adottino degli accorgimenti per rendere irriconoscibili le persone riprese.
Spesso quando ci sono troppe leggi non basta il normale buon senso ma occorre riflettere bene su ogni azione e contestualizzare la situazione. Infine resta comunque la speranza che esista ancora un minimo di buon senso ed educazione civile ed il saper valutare l’opportunità di compiere determinate azioni.
Note: Avvocato Generale C. Giust. UE, conclusioni del 27.09.2018 causa C-345-/17. Art. 8 Cedu (Travas c. Croazia nella rassegna del 23/12/16).
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