Trento
Morte Sofia Zago per malaria: respinta la richiesta di archiviazione

E’ stata respinta la richiesta di archiviazione del procedimento aperto in seguito alla morte della piccola Sofia Zago.
Sono ancora molte le zone d’ombra per le indagini sulla morte della bimba, avvenuta il 4 settembre 2017 in seguito a un contagio di malaria all’ospedale di Trento.
Non sarebbe ancora chiara la dinamica del contagio e si prosegue dunque verso l’udienza che a luglio vedrà la possibilità per il gip Marco La Ganga di ordinare al pubblico ministero nuove indagini per l’imputazione dell’infermiera del Santa Chiara.
L’accusa: omicidio colposo.
E’ stato già accertato, al termine delle lunghe analisi ordinate dal pm Gallina, come il contagio sia avvenuto all’interno del nosocomio cittadino, tanto che l’azienda sanitaria ha già proceduto al risarcimento dei danni alla famiglia.
Quello che resta da accertare è l’eventuale accusa a carico della professionista.
L’attenzione degli inquirenti continua a concentrarsi sulla giornata del 17 agosto 2017, giorno in cui vennero effettuati nove prelievi del sangue, tra i quali quelli ad una bimba africana affetta da malaria.
L’ipotesi del contagio avvenuto attraverso l’agocannula utilizzato rimane da verificare così come la seconda idea per la quale la donna potrebbe avere utilizzato due volte un guanto usa e getta.
Tutte accuse che l’infermiera, assistita dagli avvocati Alessandro Melchionda e Giuliano Valer, ha sempre respinto con forza, affermando di avere agito sempre ed esclusivamente nel rispetto delle regole.
In quelle ore, inoltre, era presente in reparto anche un’altra infermiera. Elemento che tenderebbe ad escludere la certezza assoluta nell’indicare un solo possibile responsabile.
Tra le ipotesi, infine, quella che le bambine possano essere entrate in contatto da sole.
I diversi episodi di epistassi (sangue da naso) della piccola africana malata e le diverse ferite di Sofia potrebbero infatti far pensare che il contagio sia avvenuto in modo alternativo all’errore umano.
Nessuna prova concreta e la presenza di scenari alternativi rendono dunque impossibile l’archiviazione del procedimento.
A luglio il pm deciderà se disporre ulteriori indagini o mandare l’infermiera a processo.
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