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Trento

Genetica, ricerca e malattie rare. Dialogando con Matteo Bertelli

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Riesco a rintracciare Matteo Bertelli di ritorno da un congresso scientifico svoltosi a Roma presso la Biblioteca del Senato, intitolato: I centri per le malattie genetiche e rare in rete: l’esperienza di Magi.

Conosco la sua attività per essere stato da lui invitato, in qualche occasione, a raccontare a medici, genetisti, oncologi… qualche pagina di storia dell’ospedale e così prendo la palla al balzo per intervistarlo.

Bertelli è fondatore di MAGI, Centro Pilota per la Diagnosi e Cura delle Malattie Genetiche e Rare con sede principale in Trentino Alto Adige e altre sedi affiliate in Albania, Siberia, Tanzania e, a breve, India; collabora con ospedali e università, in Italia e negli Stati Uniti, insieme a Lucio Luzzatto, per vent’anni al Memorial Cancer Center di New York, unanimentemente considerato uno dei massimi oncologi genetisti al mondo.

I suoi punti di riferimento sono grandi genetisti cattolici come Jérôme Lejeune, padre della citogenetica, Luigi Gedda, Angelo Serra e Leopoldo Zelante, direttore della genetica di Casa Sollievo della Sofferenza, ma anche personalità non cattoliche come Rita Levi Montalcini, di cui Bertelli è stato amico e collaboratore per un decennio nei progetti che Ella dirigeva per lo sviluppo dell’Africa alla fondazione omonima.

Soprattutto il gruppo di MAGI ( http://www.magi-group.eu/) indirizza le proprie competenze e la propria passione per la genetica in direzioni oggi piuttosto inusuali, in un’epoca in cui l’uso dei test genetici conduce spesso, più che alla ricerca delle cure, a favorire l’eliminazione dei feti malati, mentre la crescente infertilità in Occidente, più che indurre alla prevenzione e alla rimozione delle cause, alimenta il grande business della fecondazione artificiale combinata con l’aborto selettivo degli embrioni sovrannumerari o malati.

Professor Bertelli, cominciamo dall’attualità, dal caso Charlie…

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“Quella del bimbo inglese è una malattia genetica estremamente rara che porta alla paralisi muscolare e cerebrale; come tutte le malattie genetiche rare è poco studiata. In particolare queste malattie mitocondriali spesso sono vissute come una condanna a morte, perchè manca la volontà di indirizzare la ricerca verso delle soluzioni. La medicina attuale, presso certe cattedrali della scienza scientista, si è piegata all’ideologia oggi vincente, per cui quando ci si trova di fronte a patologie poco curabili si abbandona la lotta, si sceglie la morte. Ma così si ferma anche il progresso stesso della medicina. Già all’epoca di Jérôme Lejeune, lo scopritore della causa genetica della sindrome di Down, egli si trovò quasi solo: da scienziato cattolico voleva utilizzare la sua scoperta per cercare una cura, ma l’indirizzo dominante era un altro”.

Quale?

“La selezione, il cosiddetto aborto terapeutico (che di terapeutico non ha nulla, eliminando il malato). In un certo senso uccidere è molto più semplice, non solo da un punto di vista tecnico: si spera così di non dover affrontare il problema del dolore, della malattia… Ma le malattie non le elimineremo mai del tutto. E’ certamente più umano, dunque, curare, o provarci, accudire, accompagnare, fare i conti con dolore e morte, che ricorrere ad aborto ed eutanasia”.

C’è anche un problema di costi, di investimenti?

“Ogni anni devo recarmi negli USA per una collaborazione scientifica, e lo scorso anno hanno mostrato i traguardi raggiunti dalla scienza medica… In una slide era indicato l’anno in cui l’uomo è andato sulla Luna (1969); poi l’anno in cui abbiamo mandato la prima sonda su Marte… E quando l’uomo ha curato la prima malattia genetica con la terapia genica? Dopo essere andato sulla Luna e dopo aver raggiunto Marte! Io credo che curare una malattia genetica sia meno complesso e meno costoso che andare sula Luna”.

E’ una questione di priorità?

“Certamente. Quello che guida le scelte scientifiche sono le decisioni, le ideologie… se noi decidiamo di non investire in un settore, esso non evolve, o evolve molto lentamente. E’ vero che la scienza è neutra, ma la scelta di prendere una direzione o l’altra non è neutra, deriva da una visione del mondo e dell’uomo, da ciò che riteniamo giusto, corretto fare. Se per i medici di un ospedale curare un bambino non è essenziale, perchè hanno deciso (loro!) che il suo “interesse migliore” è la morte, allora non investiranno tempo, ricerca, passione per curarlo. La scienza è ricerca, spinta dalla dalla volontà di trovare: così di progredisce”.

Occore dunque una genetica “diversa”?

“E’ quello che proviamo a fare come MAGI, insieme a tante realtà, come l’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza fondato da San Padre Pio da Pietralcina e l’Ospedale Bambin Gesù di Roma. Vogliamo dare un’ alternativa, scientificamente ed eticamente valida. Oggi i bambini malati rischiano, dopo l’aborto, l’eutanasia? E noi abbiamo fatto una ricerca scientifica sull’ igroma cistico, mettendo a punto un test genetico che permette di individuare la forma benigna ed evitare così un aborto”.

Risultato?

“Il risultato sta qui: mentre di solito i feti umani con igroma cistico vengono indirizzati all’aborto, senza molte sottigliezze, d’ora in poi molte vite umane potranno essere salvate, perchè possiamo identificare gli igromi cistici benigni. Si potrà dire ai genitori: “vostro figlio ha un’ anomalia genetica, ma non andate nel panico, non toglietegli la vita: sappiamo che regredirà spontaneamente”. Un altro lavoro che abbiamo portato a termine, con l’aiuto del professor Giuseppe Noia del Gemelli di Roma, è uno studio su gravidanze inattese in momenti in cui la madre sta assumendo farmaci (compresi contraccettivi orali) ritenuti teratogeni. Dal nostro studio si è dimostrato come nei primi mesi di gravidanza per molti farmaci non c’è rischio teratogeno aumentato ma solo eventuale aborto spontaneo. Anche in questo caso si salvano delle vite, altrimenti destinate, spesso, all’aborto”.

Un altro esempio del vostro agire alternativo?

“Oggi si spendono milioni di euro per l’eterologa, o per acquisto gameti femminili all’estero… Eppure, come spiego anche nel libro che ho scritto insieme a Giorgio Placidi, GenEtica, Scienza e Coscienza, la fecondazione artificiale in generale e l’eterologa in particolare comportano moltissimi rischi per la salute psichica e fisica delle persone che vi sono coinvolte. Noi investiamo, ancora una volta, nella cura, avendo a cuore la medicina e il rispetto della dignità umana. Bisogna combattere l’infertilità, non generare ulteriori problemi. Così assieme al professor Giuseppe Noia abbiamo attivato un progetto sui test genetici per le infertilità accoppiati ai metodi naturali”.

Nel suo libro, prima citato, Lei dedica spazio anche alle aberranti sperimentazioni sugli animali che hanno portato alle mucca senza corna, ai maialini bonsai, al pollo terminator…

“Certamente anche la manipolazione genetica sugli animali ci impone di definire quali siano i confini entro cui la tecnologia debba muoversi. In Gran Bretagna milioni di polli vengono allevati per 6-7 settimane in capannoni senza luce naturale, e poichè devono crescere più velocemente di quanto la natura prevede, spesso muoiono per insufficienza cardiaca o polmonare, dovuta all’accrescimento sproporzionato del corpo rispetto agli organi interni. Per “ovviare” al problema, c’è chi ha proposto la possibilità di produrre polli senza cervello, così che l’assenza della corteccia cerebrale possa attenuare le loro percezioni sensoriali e quindi lo stress dovuto al sovraffollamento ecc. E’ morale tutto ciò? E’ vera scienza?”.

E l’uomo?

“Vale lo stesso discorso. Mercato degli ovuli, mercato del seme, mercato degli uteri da affittare… ma così si dissolvono l’uomo e la famiglia. Così si supera il paradigma bioetico del valore immenso della vita umana: se è infatti possibile acqustare il seme, gli ovuli, affittare l’utero ecc. di fatto si è dato un costo alla vita umana e la si è declassata a merce da acquistare. In fondo stiamo rifacendo ciò che facevano i nazisti, che erano certamente, da un punto di vista tecnico, buoni scienziati”.

Per concludere, in un ambito così sensibile come quello della genetica è possibile pensare ad un’ offerta di laboratorio e clinica esclusivamente presidiata da centri ispirati al pensiero dominante?

Ritengo che in nessun’altro ambito come la genetica sia importante la presenza sul territorio anche di centri di genetica medica fortemente orientati pro-vita, come il nostro. Altrimenti il principio costituzionalmente tutelato di libertà di scelta del cittadino verso il centro di diagnosi e cura verrebbe a mancare. Credo che i principi enunciati per la tutela di tutte le minoranze debbano poter valere anche per il mondo sanitario cattolico, a patto ovviamente che lavori bene e che i risultati sul piano scientifico e tecnico siano di eccellenza.

Da Francesco Agnoli, Gli scienziati davanti al mistero del cosmo e dell’uomo. Piccoli dialoghi su grandi temi, Dominus, Firenze, 2018

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