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Speciale Festival dello sport 2018

Calcio, Riccardo Cucchi: “Giovani cronisti tendono a essere protagonisti”

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Voce di “Tutto il calcio minuto per minuto” fino all’anno scorso, Riccardo Cucchi, giornalista, conduttore e radiocronista, ha presentato oggi il suo libro “Radiogol”, dove ripercorre quarant’anni di imprese memorabili: la finale mondiale di Berlino 2006, vinta dall’Italia, la conquista della Champions League da parte dell’Inter, l’ultimo scudetto della Roma nel 2001, il “filotto” degli scudetti juventini, assieme a racconti di incontri, interviste, momenti significativi della sua lunga carriera.

Romano, nel 1979 viene assunto alla Rai dopo aver vinto un concorso per radiotelecronisti.

Nella stagione 1992-93 inizia ad alternarsi a Sandro Ciotti nel ruolo di prima voce di “Tutto il calcio minuto per minuto”, per poi – due anni dopo – sostituirlo come radiocronista della Nazionale e prima voce del leggendario programma radiofonico della domenica pomeriggio.

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Proprio nel canonico orario delle partite domenicali, oggi alle 14:30, nell’ultimo giorno del Festival dello Sport, Cucchi ha ripercorso alcune tappe significative della sua storia di radiocronista, coadiuvato da Carlo Martinelli e Massimo Arcidiacono.

Il suo è un atto d’amore per il calcio, la radio e i suoi protagonisti.

“Ho avuto la fortuna di fare il lavoro che sognavo da bambino” dichiara Cucchi, che rivela di essere stato innamorato, letteralmente, della radio e del calcio fin dall’infanzia.

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Il calcio allora era quello delle figurine Panini, dove spiccavano i volti “anonimi”, quasi tristi, dei calciatori di una volta, segnati dalla fatica e dal sacrificio.

Emblematico è il caso di Elio Pascutti, ala del Bologna e della Nazionale negli anni Sessanta, ricordato da Cucchi nel suo libro perché, ad oltre 30 anni di distanza, in occasione di un’intervista, confessò il suo dispiacere, mai sopito, per la brutta sconfitta della nazionale italiana ad opera della Corea del Nord nel Mondiale d’Inghilterra del 1966, che costò alla squadra l’eliminazione dalla competizione.

Altri aneddoti caratterizzano i racconti di Cucchi, come l’intervista a tu per tu, venti minuti da soli, con Diego Armando Maradona, la signorilità di Osvaldo Bagnoli, artefice dell’unico scudetto conquistato dal Verona, o l’incredibile capacità comunicativa di Jose Mourinho, capace più di ogni altro di “girare” le interviste a suo favore.

Dell’allenatore portoghese Cucchi ricorda una frase, che ha voluto fare sua: “Chi sa solo di calcio, non sa nulla di calcio”.

A riprova di questo, i molteplici interessi di Cucchi, a partire dalla musica lirica, passione sin dalla tenera età, tanto da dedicare un capitolo del libro ad un’intervista immaginaria al grande compositore Giacomo Puccini.

Gli anni passano, cambiano i modi e i tempi del calcio, ormai frammentato in uno spezzatino giornaliero, ma secondo Cucchi ciò che non passa e non cambia e l’estrema fascinazione della radio, dove l’ascoltatore portato ad immaginare lo svolgersi dell’azione in campo attraverso le parole del cronista, parte attiva e partecipe della partita.

E, ripercorrendo la sua carriera, si racconta cronista novellino, alle prime armi, davanti a mostri sacri come Enrico Ameri e Sandro Ciotti, poi diventati colleghi di trasmissioni, fino ad arrivare alla magica notte di Berlino 2006, quando l’Italia divenne campione del Mondo, con un’epica radiocronaca, di cui nel corso dell’incontro si è ascoltato un breve estratto, unico cronista, Cucchi, assieme ai mitici Nicolò Carosio e Enrico Ameri a vivere questa incredibile esperienza.

Da poco più di un anno, Cucchi ha appeso “le scarpette al chiodo”, chiudendo la sua ultima radiocronaca con la celebre frase “E’ davvero tutto, questa volta posso proprio dirlo”.

Ma nessun rimpianto: Cucchi sostiene che i vecchi devono lasciare spazio ai giovani; l’unico appunto, forse, rispetto al calcio di una volta, è la tendenza eccessiva a essere protagonisti dell’evento, mentre il buon cronista e radiocronista dovrebbe rendere protagonista centrale della sua storia l’evento, la partita, ciò che accade in campo. 

Al termine dell’incontro, Cucchi ha rivelato come la scrittura rappresenti per lui un nuovo modo di mettersi in gioco, sempre con le parole, questa volta non attraverso la radio ma in un libro. E dall’accoglienza ricevuta al Festival, sembra davvero una sfida vinta.

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