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Speciale Festival dello sport 2018

Sacchi, Ancelotti e Guardiola incantano il Santa Chiara. Pep: «Futuro in Italia? Perché no»

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Sacchi, Ancelotti, Guardiola. Nomi che fanno venire i brividi. Tre mostri sacri, tre allenatori che hanno scritto la storia del pallone.

Tre condottieri che hanno rivoluzionato il gioco del calcio e lo hanno rimodellato, plasmato, costruito a propria immagine e somiglianza.

Seguendo ognuno le proprie idee, così geniali e così vincenti.

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10 Champions League sono salite sul palco del Teatro Santa Chiara questo pomeriggio. E di trofei, Sacchi, Ancelotti e Guardiola, ne hanno appesi tanti altri in bacheca, impossibile ricordarli tutti. Hanno vinto semplicemente tutto ciò che si può vincere.

E il modo in cui lo hanno fatto li ha resi indimenticabili, intramontabili, per dirlo alla Gianni Brera, delle pietre miliari. Delle autentiche leggende, tra i più grandi tecnici di tutti i tempi.

Trento ha avuto l’onore di ospitare tre totem del pallone, accolti in maniera unica da un pubblico a cui non ricapiterà probabilmente più un’occasione del genere. Sacchi, Ancelotti, Guardiola. Lì, a pochi, passi. Qui, a Trento, per raccontarsi e per rivivere emozioni indelebili.

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La bellezza, dello sport e del gioco, è stato il fil rouge dell’incontro. Chi gioca bene vince? Guardiola ne è convinto solo fino a un certo punto: “Sì, ma non sempre è così. Il calcio è l’unico sport dove non puoi fare un tiro in porta e vincere la partita. Per quello è così affascinante, così matto”. Anche Ancelotti è sulla stessa lunghezza d’onda: “Se giochi bene hai più probabilità, ma il calcio è imprevedibile”. Sacchi, invece, innamorato del bel gioco, cita Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo. Mi è sempre piaciuto chi attacca, mi è sempre piaciuto il dominio del gioco, lo spettacolo. Una vittoria senza merito per me non è una vittoria”.

Spazio poi a delle riflessioni sul calcio moderno, cresciuto molto dal punto di vista del gioco, con anche le “piccole” che oggi cercano di avere una propria identità. “Una volta era solo difesa e contropiede” ricorda Ancelotti.

Ma come sta, realmente, il calcio italiano? Sacchi non è del tutto ottimista. “L’evoluzione del gioco è necessaria e l’Italia in quest’ottica non è tra le prime. Nel nostro Paese c’è una resistenza culturale al cambiamento. Serve coraggio: il gioco non dipende dalla qualità di giocatori, dipende dalle idee. Il copione è il gioco, che viene dato dagli allenatori. È il giocatore al servizio del gioco, non il gioco al servizio del giocatore”.

Domanda dovuta a Pep: Messi che tipo di persona e di giocatore è? “È un ragazzo per bene, un animale competitivo, feroce. Aiuta la gente che gli sta intorno a essere competitiva. Odia perdere e fa la differenza”.

Sacchi, Ancelotti e Guardiola sono dei conoscitori incredibili di questo gioco, quasi maniacali nei loro metodi e nelle loro idee portate avanti con determinazione anche quando c’era chi aspettava solo che la loro macchina perfetta si inceppasse. Inutile dire che quella macchina, in realtà, non si è mai inceppata.

Il segreto di Ancelotti? “Esprimersi per ciò che si è – rivela Carletto –. Manifestare il proprio carattere davanti agli altri è l’unico modo per essere credibile”. Napoli?È una società che ha voglia di crescere, una bellissima città, ci sono tutte le condizioni per fare un bel lavoro”.

Quando gli vengono chieste quali siano le favorite per la Champions, nominando anche il suo Manchester City, Guardiola prova un po’ a sviare. “Non so se siamo pronti per vincere la Champions – dice sinceramente –. Non abbiamo una grande storia alle spalle. Le favorite per me sono le squadre con una tradizione vincente: Real, Barcellona, anche la Juve è ogni volta più vicina”.

Sacchi ha una grande stima di Ancelotti (“È una persona che ispira fiducia, è molto intelligente”), ma è in Guardiola che si rivede: “Pep ha l’ossessione di andare oltre i propri limiti, è un perfezionista”.

Divertente in molte risposte e molti atteggiamenti, Pep fa scoppiare la platea in una risata quando gli viene chiesto cosa ruberebbe ad Ancelotti, oltre le coppe: I capelli. Carletto invidia invece la velocità di Guardiola nel trasmettere le proprie idee alla squadra.

Cosa manca al calcio italiano per fare uno scatto in avanti? Guardiola non ha dubbi: “Niente. La storia non si scrive in un anno o due. L’Italia ha vinto tanto in molte maniere diverse. Sono gli altri, forse, che devono imparare da voi. Difendere bene, ad esempio, è un talento e voi siete maestri in questo. Si dice che in italia non c’è talento? Io non ci credo”.

Possibile che in futuro possa venire ad allenare in Italia?Perché no. Qui si mangia anche molto bene”.

Per Ancelotti, però, ci sono alcuni aspetti su cui dobbiamo migliorare molto. “A livello tecnico rimaniamo competitivi e molto rispettati. A livello ambientale, invece, all’estero si trovano stadi nuovi, pieni e soprattutto rivalità limitata all’ambito sportivo. Da questo punto di vista siamo rimasti indietro”.

Una partita che Carletto vorrebbe rigiocare? “Rigiocare no, però mi sarebbe piaciuto scendere in campo per una volta nel Milan che allenavo al posto di Pirlo, con Gattuso e Ambrosini ai lati. Nel mio Milan, quello di Sacchi, dovevo correre molto di più”.

Questi sono Sacchi, Ancelotti, Guardiola. Nomi che fanno venire i brividi e che sono stati consegnati all’eternità del calcio. E persone dotate di grande umanità, capacità, intelligenza.

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