Speciale Festival dello sport 2018
Moser, Wiggins, il record dell’ora e le regole truffa: “Francesco un’icona”

Francesco Moser e Sir Bradley Wiggins, due recordman dell’ora, a confronto sul palco dell’Auditorium Santa Chiara di Trento.
Naturalmente tutto esaurito con centinaia di tifosi, giornalisti e curiosi a caccia di selfie.
Il dibattito è piuttosto stimolante soprattutto quando arriva il momento di parlare delle regole che sono cambiate negli anni così come i materiali.
“Mi chiesero nel 1983 se volevo tentare di battere Merckx – racconta Moser – e mi dissero che mi avrebbero dato tutto l’aiuto possibile. Per prima cosa andai in Messico a provare la pista per 15 giorni. C’erano le ruote lenticolari, novità assoluta. Vennero a vedermi da tutto il Trentino, non potevo deluderli”.

Foto Alfonso Norelli
“La mattina dovevamo aspettare che si asciugasse la pista, era in gennaio. Feci così una prima prova ma vedendo che stavo battendo il record proseguii, anche se era il 19 gennaio e avevamo programmato la prova ufficiale per il 23. Così ho battuto il record due volte in pochi giorni”.
Entra quindi nel discorso “Sir” Bradley Wiggins, il baronetto, anche se lui dice di non amare di essere chiamato così.

Foto Alfonso Norelli
“Francesco è un’icona per me, lo vidi per la prima volta in tv a 14 anni. Anche Merckx è diventato un amico. Sono un collezionista di maglie da ciclismo, credo di avere la più grande collezione al mondo”.
Comincia quindi il discorso regolamento Uci che ha suscitato molte polemiche.

Foto Alfonso Norelli
“A un certo punto la Uci ha deciso che le nuove tecnologie non erano più regolari e i record non erano più validi, si doveva tornare a una bici tradizionale. Mi sembrava una truffa“.
“Ma poi – interviene Moser – ci hanno ripensato riammettendo di nuovo bici ipermoderne (come quella con cui Wiggins ha fatto il record, ndr) quindi dovrebbe essere valido il record di Boardman”.

Foto Alfonso Norelli
Al di là dei regolamenti strani e dei numeri Wiggins racconta così il suo record: “L’ho fatto per la gente, mi sentivo in dovere verso la fine della mia carriera. L’ho fatto per gli sponsor e per il pubblico presente anche se gli ultimi 15 minuti sono stati infernali”.
Oggi Wiggins possiede una squadra tutta sua e ha altri progetti: “Abbiamo bici italiane, of course. Ho lasciato andare lo sport per dedicarmi alla famiglia ed ho pubblicato un nuovo libro”.

Foto Alfonso Norelli
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