Trento
Affossati il ddl popolare e il referendum

Non ci sarà la ventilata seduta consiliare del 27 agosto, centrata sul disegno di legge d’iniziativa popolare per introdurre nuovi strumenti di partecipazione popolare nella democrazia trentina.
Poco fa si è conclusa la Conferenza dei capigruppo, al termine della quale il presidente Bruno Dorigatti ha preso atto dell’impercorribilità del d.d.l. 1/XV, approvato pochi giorni fa in Prima Commissione.
Nonostante il noto taglio da circa 50 a soli 7 articoli, il testo si arena dunque di fronte alla contrarietà di molti gruppi consiliari d’opposizione attorno alla riduzione del quorum di validità dei referendum provinciali dall’attuale 50 fino al 20%.
Oggi è stato chiarito che il comitato promotore del referendum sarebbe disposto a elevarlo non oltre il 25%, ma questa ulteriore apertura non è bastata.
E’ stato per primo Nerio Giovanazzi a chiedere la discussione con tempi non contingentati e a preannunciare mille emendamenti ostruzionistici.
Identica la posizione di Massimo Fasanelli, di Manuela Bottamedi, dello stesso Alessandro Savoi, che ha “aperto” soltanto a un quorum tra il 30 e il 40%.
Rodolfo Borga ha detto che è stato il centrosinistra autonomista ad affossare questa iniziativa legislativa, quando – appena giunta in Consiglio – l’ha cassata su quasi tutta la linea, eliminando dalla discussione istituti partecipativi che destavano un notevole interesse.
Il consigliere ha aggiunto poi il suo alla lista dei no al quorum del 20%, “perché esporrebbe al pericolo che piccoli gruppi di opinione possano far passare modifiche legislative su temi anche molto rilevanti per la comunità“. Secondo Borga si potrebbe piuttosto agganciare il quorum sui referendum alle percentuali medie di affluenza degli elettori alle urne per le elezioni provinciali.
Marino Simoni ha fatto presente che con tutta evidenza non c’è campo per una discussione d’aula che possa risolversi con il voto entro una sola giornata. Favorevole a procedere – tra le forze d’opposizione – il solo Filippo Degasperi, “perché il ddl d’iniziativa popolare verrà cancellato con la fine imminente della legislatura e si vanificherà lo sforzo espresso dai cittadini”.
Non è stato accolto infine l’appello del presidente della Provincia, Ugo Rossi, che ha tentato di convincere i capigruppo.
L’iniziativa popolare dev’essere rispettata – ha detto – e non capisco perché si voglia impedire l’esame e il voto consiliare, dopo che con il comitato popolare l’esecutivo, e in particolare l’assessore Mauro Gilmozzi, è riuscito a raggiungere una utile mediazione e a stendere un testo sicuramente più praticabile politicamente. Rinunciare a questo passaggio trovo sia una sconfitta per tutto il Consiglio.
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