Spettacolo
Il nome della rosa: Massini e Muscato riscrivono il bestseller di Eco

In occasione del penultimo appuntamento con la Stagione di Grande Prosa del Centro Servizi Culturali Santa Chiara, arriva al Trento Il nome della rosa, prima trasposizione teatrale italiana dell’omonimo bestseller di Umberto Eco, uno dei più acclamati – e discussi – classici della letteratura del ‘900.
Dopo aver chiuso ieri sera sotto una valanga di applausi, lo spettacolo, adattato per il teatro da Stefano Massini e con la regia di Leo Muscato, verrà replicato al Teatro Sociale di Trento venerdì 23, sabato 24 e domenica 25 marzo.
Il nome della rosa di Umberto Eco è uno di quei romanzi che non ha certo bisogno di molte presentazioni e fronzoli celebrativi. Basterebbero solamente un paio di cifre per cogliere la maestosità di un’opera considerata come il primo e il più consapevole esempio di letteratura postmoderna all’italiana, in grado di fondere le avanguardie novecentesche con le istanze tradizionali.
Tradotto in ben 47 lingue e con oltre 50 milioni di copie vendute in trent’anni, Il nome della rosa non solo ha incassato un enorme successo nell’ambito della critica letteraria – sugellato dal Premio Strega 1981 – ma è riuscito anche a sfondare sul grande schermo, con la trasposizione cinematografica del 1986 diretta da Jean-Jacques Annaud e magistralmente interpretata da attori di grande calibro come Sean Connery e Christian Slater.
Il romanzo di Eco ha riscosso grande successo anche nel nostro piccolo, vincendo il referendum Un libro, una città promosso dal Comune di Trento: centro di un ricchissimo calendario di iniziative culturali, il suo percorso sul territorio trentino culminerà questo fine settimana sul palcoscenico del Teatro Sociale con la sua trasposizione teatrale. Un omaggio che Stefano Massini, autore del colossale Lehman Trilogy, ha voluto fare al celebre scrittore piemontese scomparso nel febbraio del 2016 chiamando a rapporto un numeroso cast di grandi interpreti.
Lo spettacolo, che ha debuttato nel maggio del 2017 al Teatro Carignano di Torino, si vanta infatti di un variegato entourage composta da artisti come Eugenio Allegri, Giovanni Anzaldo, Giulio Baraldi, Luigi Diberti, Marco Gobetti, Luca Lazzareschi, Bob Marchese, Daniele Marmi, Mauro Parrinello, Alfonso Postiglione, Arianna Primavera, Franco Ravera, Marco Zannoni.
L’opera, ambientata sul finire del XIV secolo, rimane fedele all’espediente letterario utilizzato da Eco, quello del manoscritto ritrovato opera del monaco benedettino Adso di Melk, il quale vi racconta, ormai vecchio, i terribili accadimenti di cui fu testimone quand’era novizio.
Nell’adattamento teatrale di Muscato, tuttavia, sarà proprio lo stesso frate, ormai ottantenne, a ripercorrere a ritroso il suo passato: sotto i suoi occhi andrà a materializzarsi quel “se stesso” adolescente trascinato dal proprio maestro – il dotto francescano Guglielmo di Baskerville – nella ricerca dell’assassino che nel lontano 1327 insanguinò con una serie di omicidi un’imprecisata abbazia benedettina dell’Italia settentrionale e la sua labirintica biblioteca.
Lo sdoppiamento del protagonista, al contempo ottantenne e diciottenne, è forse l’aspetto più interessante e problematico dell’intera messinscena, riconosciuto dallo stesso Eco nelle sue celebri Postille: «Adso racconta a ottant’anni quello che ha visto a diciotto. Chi parla, l’Adso diciottenne o l’Adso ottantenne? Tutti e due, è ovvio, ed è voluto. Il gioco stava nel mettere in scena di continuo Adso vecchio che ragiona su ciò che ricorda di aver visto e sentito come Adso giovane».
E mentre Adelmo, Venanzio, Berengario, seguiti da altri monaci, troveranno la morte in circostante misteriose, nelle sale dell’abbazia riverberano quelle lotte tra Chiesa e Impero che hanno travagliato l’Europa per secoli. Intenti nel mediare (senza successo) la disputa teologica e politica sulla povertà della Chiesa Cattolica, la delegazione dei francescani di Michele da Cesena (appoggiati da Ludovico il Bavaro) e quella dei francescani fedeli al papa avignonese Giovanni XXII e ostili all’Imperatore liquideranno sbrigativamente la serie di misteriosi omicidi, reputando come responsabile il cellario – accusato, tra l’altro, anche di eresia.
Ma Guglielmo e Adso, una volta penetrati di nascosto nel finis Africae – la sezione inaccessibile della maestosa biblioteca nella quale sono conservati i volumi proibiti dedicati al tema del riso – giungeranno inaspettatamente alla verità del caso…
Impossibile non apprezzare la maestria con cui la pièce integra, attraverso l’espediente del ricordo, la trama di un giallo deduttivo in un racconto storico vero e proprio che spicca per la sua minuziosità di particolari. Ambienti, saperi, usi e costumi del passato vengono racchiusi nel vero senso della parola, come puntualizza Leo Muscato, in una «scatola magica in continua trasformazione che possa evocare i diversi luoghi dell’azione: una biblioteca, una cappella, una cella, una cucina, un ossario, una mensa, ecc. Delle musiche originali, frammiste a canti gregoriani eseguiti a cappella dagli stessi interpreti, contribuiranno a creare dei luoghi di astrazione in cui la parola possa farsi materia per una fruizione antinaturalistica della vicenda narrata».
Lungo gli indizi di un’indagine poliziesca, si svilupperanno i percorsi di un romanzo dal piglio saggistico e filosofico in grado di farsi proiezione allegorica delle contraddizioni del presente. Gothic novel, cronaca medioevale, poliziesco, allegoria e giallo vengono sapientemente intrecciate da Eco – e riportate sul palcoscenico da Muscato – confezionando così un vero e proprio colossal intriso di mistero e suspense dove, dietro le vesti di un Medioevo che ci appare ormai remoto, riemergeranno quelle dicotomie che ancora oggi segnano il dibattito pubblico, tra progresso e reazione, ragione e irrazionalità.
Dopo aver esordito al Teatro Sociale ieri sera, giovedì 22 marzo, Il nome della rosa verrà replicato venerdì 23 e sabato 24 marzo, sempre alle ore 20.30. La replica di domenica 25 marzo è invece prevista, come di consueto, per le ore 16.00.
A completare l’offerta proposta al pubblico dalla Stagione di Grande Prosa, venerdì 23 marzo alle ore 17.30, presso lo spazio ridotto del Teatro Sociale, si terrà l’ormai collaudato appuntamento di approfondimento e dibattito del Foyer della Prosa proposto dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara in collaborazione con il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.
Il dibattito al quale parteciperanno gli attori della compagnia sarà introdotto dalla professoressa Roberta Capelli, docente presso l’Università di Trento.
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