Trento
Porfido, il Coordinamento attacca: “Nessuno stupore se c’è malaffare”

Nessuno stupore se nel Porfido c’è il malaffare. Questa la replica del Coordinamento Lavoro Porfido all’Espo (Ente Sviluppo Porfido) che aveva rigettato le accuse di infiltrazioni mafiose all’interno del proprio settore imprenditoriale.
«Che la situazione del settore del porfido sia alla deriva è sotto gli occhi di tutti – sostiene il Clp – l’occupazione è passata dai 1.495 addetti nel 1990 ai 1.052 nel 2006 fino ai 625 del 2014, dimostrando in maniera impietosa quanto questi imprenditori si siano prodigati per “non mandare a casa gli operai”. Questo ovviamente anche grazie alla mancata attuazione da parte dei Comuni, amministrati direttamente o indirettamente dagli stessi concessionari di cava, dell’aggiornamento delle concessioni e dei relativi disciplinari prevedendo, con apposita clausola, i livelli occupazionali da mantenere per la durata della concessione”».
Esistono quindi «situazioni di conflitto d’interesse tra amministratori locali e attività estrattiva intesa nel suo complesso (indotto, trasporti e appalti)» . Nel mirino del Clp ci sono gli imprenditori e anche lo stesso presidente di Espo, Massimo Stenico. Grazie a questo sistema, fatto anche di “ricatti ai lavoratori” essi hanno ottenuto «ingenti profitti poi investiti in speculazioni immobiliari e nell’acquisto di cave in Argentina, Messico, Brasile, Marocco, Bulgaria e Cina, aggravando con ciò la crisi del porfido trentino»
Inoltre «sono emerse irregolarità nel pagamento dei salari in 4 ditte che hanno portato ad accordi di rateizzazione di arretrati per centinaia di migliaia di euro, più volte disattesi, così come è successo a Cembra, dove è stata dichiarata la decadenza di una concessione».
Ecco quindi l’accusa. «Come ci si può stupire che nel sottobosco artigiano determinato dalla destrutturazione del settore, alligni non solo il malaffare ma anche la piccola e grande criminalità?». Vi sono inchieste sul traffico di droga che «hanno coinvolto soggetti con attività di copertura nelle cave di porfido o comunque legati ai paesi della zona».
Secondo il Coordinamento, «il coinvolgimento della Marmirolo Porfidi srl e della Emiliana Scavi srl (a cui la ditta Pasquazzo srl ha ceduto un ramo d’azienda per un corrispettivo di 1 milione di euro) nella maxi inchiesta sulla N’drangheta denominata “Aemilia” dovrebbero inquietare anche i dirigenti dell’Espo. Perché in tutti questi anni essi non hanno mai sentito il bisogno di stigmatizzare certi fatti? Come mai non hanno mai promosso iniziative di sensibilizzazione nel mondo imprenditoriale e si dedicano con tanto zelo ad attaccare chi denuncia il malaffare?».
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