Arte e Cultura
Al Sociale l’inarrestabile oblio de «Il padre»

Prosegue la stagione di Grande Prosa del Centro Servizi Culturali Santa Chiara con «Il padre» di Florian Zeller. Il nuovo testo per la regia di Piero Maccarinelli ha portato ieri sera sul palcoscenico del Teatro Sociale di Trento la tragica attualità dell’Alzheimer, una delle piaghe più dolorose dell’epoca a noi contemporanea, magistralmente raccontata da Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere.
Con Il padre (Le Père in francese) il pluripremiato drammaturgo Florian Zeller conferma l’opinione più che positiva della critica, che da tempo lo ha descritto con toni entusiastici come «il più emozionante nuovo scrittore teatrale del nostro tempo» (cfr. The Guardian).
Gli ingredienti di quest’eccellente messinscena sono tanto semplici quanto profondi: empatia e rassegnazione, ironia e dolore; in una sola parola, genuinamente vita.
Dopo i suoi primi romanzi di successo – come Il fascino del peggio e Gli amanti del nulla – un giovanissimo e brillantissimo Zeller si cimenta con la scrittura teatrale, imponendosi subito all’attenzione della critica tanto da guadagnarsi nel 2006 il Premio Jeune Théâtre assegnatoli dalla prestigiosa Académie française.
Ma i riconoscimenti collezionati dall’autore – non ancora quarantenne – non finiscono qui. Lo spettacolo andato in scena ieri sera al Sociale, Le Père, si è infatti aggiudicato il premio come miglior spettacolo dell’anno al Prix Molière nel 2014. Dopo aver calcato diversi tra i più autorevoli palcoscenici del mondo, da Londra a Broadway, nel 2015 la pièce è stata riadattata per il grande schermo da Philippe Le Guay, con il titolo Florida.
Protagonista della vicenda è Andrea, un padre ancora molto attivo nonostante la sua età, il quale tuttavia inizia a mostrare i primi sintomi di quello che potrebbe essere il morbo di Alzheimer.
La figlia Anna, che gli è molto legata, farà il possibile per accudirlo con affetto, fino a proporgli di stabilirsi nel suo grande appartamento assieme al marito. Ma la scelta di Anna – seppur emblema di un profondo amore verso quel padre con cui ha condiviso traguardi e gioie – si scontrerà con la cocciutaggine di un uomo per nulla intenzionato a rinunciare alla propria indipendenza.
Man mano che la malattia degenera, la testardaggine di Andrea si scontrerà inevitabilmente con ricordi sempre più evanescenti, persone dai contorni e dalle identità sempre più vaghe, spazi e tempi ormai rimescolati. Tutto a poco a poco va scomparendo: i punti di riferimento, i ricordi, la felicità della famiglia.
La perdita di autonomia del padre avanzerà in maniera così incalzante da costringere la figlia Anna a dover prendere una decisione al suo posto – e, drammaticamente costernata, contro la sua volontà.
Eppure, la sapiente penna di Zeller riuscirà a descrivere una situazione così tragica con empatia e dolce leggerezza.
Il punto forte dello spettacolo è sicuramente la sua naturale capacità di raccontare, dosando sapientemente lucida ironia e delicatezza, l’attaccamento alla vita di un uomo sempre più disorientato, la cui memoria non fa che degenerare ogni giorno che passa.
E noi, parte del pubblico, non possiamo che vivere empaticamente quelle stesse contraddizioni che lacerano Andrea nel suo vivere quotidiano, dove «qualcosa non torna» e tutto a poco a poco scivola in un ripetersi sempre più disordinato ed incalzante.
Dove l’unico ritmo, l’unico elemento che invece ‘torna’ è la spasmodica ricerca del suo orologio, unica ancora di salvezza in un presente che, inesorabilmente, sfugge.
«’Il padre’– commenta sul Corriere dello Spettacolo Francesco Vignaroli – è un toccante viaggio nei meandri di una mente stravolta dalla malattia che, con un geniale espediente narrativo, l’autore Florian Zeller ci costringe a compiere assieme ad Andrea, rendendoci partecipi del suo smarrimento, delle sue visioni, del suo progressivo e irreversibile distacco dalla realtà, e facendoci toccare con mano la drammatica condizione del disagio mentale. […] Una storia di grande intensità e poesia in cui Zeller, per smorzare un po’ la drammaticità del testo, riesce a inserire ironici tocchi d’alleggerimento mai inopportuni, affidati per lo più a un Alessandro Haber in stato di grazia e autore di una prova semplicemente magistrale nel difficile ruolo di Andrea, un personaggio cui dà vita con profonda umanità e verosimiglianza, suscitando emozione e commozione».
Guidato dalla regia di Piero Maccarinelli, un immenso Alessandro Haber interpreta con verosimiglianza e profonda umanità il difficile ruolo di Andrea, affiancato da un’efficace Lucrezia Lante Della Rovere nella parte della figlia Anna, David Sebasti nel ruolo del marito, nonché Daniela Scarlatti, Ilaria Genatiempo e Riccardo Floris.
Hanno dato il proprio contributo all’allestimento dello spettacolo – presentato da Goldenart Production – Antonio Di Pofi per le musiche e Alessandro Lai per i costumi. L’elegante appartamento parigino, nel quale spiccano stucchi e cornici raffinate è invece frutto del genio di Gianluca Amodio, coadiuvato dal disegno delle luci di Umile Vainieri.
Dopo la prima di ieri sera, il sipario del Teatro Sociale si alzerà venerdì 9 e sabato 10, sempre con inizio alle 20.30, e domenica 11 febbraio alle ore 16.00.
Come di consueto, la rappresentazione de Il padre sarà accompagnata nel pomeriggio di venerdì 9 febbraio presso lo spazio ridotto del Teatro Sociale, dal «FOYER DELLA PROSA», incontro di approfondimento critico curato da Claudia Demattè e Giorgio Ieranò che il Centro Servizi Culturali S. Chiara propone in collaborazione con il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.
L’incontro, al quale parteciperanno Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere, è fissato alle 18.30 presso lo spazio ridotto del Teatro Sociale. La discussione sarà introdotta dalla professoressa Francesca Lorandini dell’Università di Trento.
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