Italia ed estero
Stupri Rimini, Matteo Salvini: «farò piazza pulita, gli italiani sono stufi di importare criminali da tutto il mondo»

«Vi presento Guerlin Butungo, accusato di essere il capobranco dello stupro di Rimini. Arrivato in Italia dal Congo 2 anni fa, ospite, a spese degli italiani, in Umbria come “richiedente asilo”, era particolarmente attivo anche su Facebook con tante belle foto… Ma da che guerre scappa uno così? Non vedo l’ora di fare una bella PULIZIA, gli italiani sono stanchi di importare criminali da tutto il mondo!»
Queste le dichiarazioni del leader della Lega Nord Matteo Salvini postate su Twitter poche ore dopo l’arresto del capo banda degli stupratori che hanno violentato la ragazza 26 enne polacca e il transessuale peruviano dopo averli massacrati di botte insieme al compagno della ragazza.
MA CHI È GUERLIN BUTUNGU? 20 anni, congolese è stato fermato mentre cercava di fuggire verso la Francia, dove millantava di avere una sorta di rifugio, una tana. Butungu è stato riconosciuto ed identificato perché era entrato nel circuito di Schengen. Per quale ragione? Perché dopo essere arrivato in Italia aveva chiesto asilo politico, per poi andare a vivere a Cagli nel pesarese (nella procedura per l’asilo politico vengono rilevate anche le impronte digitali).
Resta un fatto, che deve far riflettere: un immigrato richiedente asilo sarebbe stato a capo della banda di stupratori. Un altro duro colpo contro chi predica la politica dell’accoglienza senza freni, da Laura Boldrini e fino ad ampie frange della sinistra. (giornali compresi)
Il capo banda in paese era conosciuto come uno spaccone, amante dei bei vestiti e delle auto fuori serie. In alcuni filmati apparsi in rete predica la fratellanza fra i popoli, anche se sembra farlo sotto l’effetto dell’alcool o degli stupefacenti. Il collage di immagini raccolte dallo stesso Matteo Salvini non mostra certo una persona provata, anzi, negli scatti appare sempre ben vestito alla moda e sorridente, quasi fosse in Italia in vacanza. In questo caso pagata dagli italiani. «Aveva sempre disponibilità di contanti e poteva permettersi tutto» – hanno spiegato alcuni abitanti del paese
Sbarcato a Lampedusa nel 2015, il sistema di accoglienza italiano lo aveva spedito a Pesaro Urbino, ospite – a spese nostre – della coop Labirinto. Ad accoglierlo la comunità di Acquaviva di Cagli, che se lo ritrovò alla porta il 25 novembre 2015. Il suo percorso di integrazione inizia qui, e forse il modo in cui su è concuso dovrebbe farci riflettere sul funzionamento delle strutture per profughi.
A settembre 2016 Butungu finisce nelle mani della cooperativa Freedom di Pesaro del circuito Sprar, dove ci rimane quasi un anno fino al 22 aprile 2017. Ad oggi non è ancora chiaro se si tratta dello status di rifugiato o se è un permesso per motivi umanitari. Di certo bisognerà chiarire come questo soggetto potesse permettersi vestiti di lusso, cellulari di marca, e tecnologie varie che in Italia si possono permettere in pochi.
Insomma l’elegante rifugiato che su Facebook scrive “siamo tutti fratelli” da una parte, e dall’altra lo stupratore che fugge su un treno armato di coltello.
Ma anche sugli altri membri della banda stanno emergendo cose inquietanti. La famiglia dei fratelli che hanno terrorizzato Rimini infatti è nell’occhio della giustizia da tempo. La mamma dei due fratelli marocchini, e di un altro fanciullo più piccolo e di una sorellina di quattro anni, è stata raggiunta da un ammonimento per stalking nei confronti della vicina di casa. E nei suoi confronti è aperto un procedimento per atti persecutori. «Non può avvicinarsi a casa mia – spiega la vicina a ilgiornale.it – ma qui siamo tutti stretti in pochi metri». Insomma, il provvedimento è un pezzo di carta all’italiana: vale per quello che vale. «Io ho fatto l’errore di aiutarli all’inizio, poi loro non mi hanno più mollato. Furti. Botte. Ingiurie. Ma sono sempre qui, nessuno li butta fuori, nessuno li rimanda in Marocco. E non hanno rubato solo a me, no qua tutti sanno chi sono»
Il padre invece è messo anche peggio. È blindato, in detenzione domiciliare, in quella casa popolare dal canone bassissimo. La situazione è quasi incredibile: la famiglia, in Italia dagli anni Novanta, ha messo radici ma è irregolare che più irregolare non si può. Una sanatoria nel 95, poi la revoca del permesso di soggiorno per i troppi inciampi penali, poi equilibrismi e i tanti misteri della legge italiana. Il grappolo dei figlioletti a fare da scudo.
Il nucleo resiste a dispetto di tutto e tutti. Il sindaco del paese aveva deciso il ricongiungimento della famiglia in Marocco perché reputata pericolosa, ma poi la richiesta è stata bloccata da qualche giudice.
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