Trento
Festival dello Sviluppo Sostenibile, concluso il convegno di Plan International Italia e AIDOS

Milano, 9 Giugno 2017 – “Nel mondo le bambine sono le più discriminate” – sostiene Isabella Bossi Fedrigotti, Presidente di Plan International Italia – “e tantissime vedono calpestati i loro diritti. Per questo è importante portare la loro voce anche attraverso eventi come questo che testimoniano dell’intenso lavoro svolto e da svolgere in questo campo e dell’esigenza di sostenerlo per fare di più”. Potete leggere qui il precedente articolo.
L’evento sui diritti delle bambine e le mutilazioni genitali femminili (MGF) – che si è tenuto il 6 giugno – è stato organizzato da Plan International Italia (www.plan-international.it) e AIDOS (www.aidos.it/) e moderato da Emanuela Zuccalà.
La Vicesindaca della Città metropolitana di Milano, Arianna Censi, lo ha inaugurato come “padrona di casa” in quanto tenutosi a Palazzo Isimbardi.
E’ inoltre intervenuto l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino. Entrambi hanno fatto proprio l’impegno delle autorità locali per l’affermazione dei diritti delle donne, dei bambini e delle bambine delle più varie provenienze presenti nel territorio milanese.
Tra i relatori, oltre a Isabella Bossi Fedrigotti, segnaliamo, Clara Caldera Program Officer AIDOS e Vice presidente della Rete europea End FGM, l’Amb. Maurizio Melani, Vicepresidente di Plan International Italia, Fatoumata Ibrahima Samake di Plan International Mali, Patrizia Farina, docente del Dipartimento Sociologia e Ricerca sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Valentina Fanelli Program Officer di AIDOS.
Il Festival dello Sviluppo Sostenibile, promosso da ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), ha fatto da prestigiosa cornice al convegno.
L’Amb. Melani ha rilevato che parità di genere, affermazione dei diritti delle donne, e quindi delle bambine, e loro “empowerment” nella società costituiscono fattori fondamentali di uno sviluppo sostenibile inteso come processo di crescita economica e sociale che non contenga in sé le ragioni del suo arresto o di una sua involuzione con gravi conseguenze sulla sicurezza, sul clima e sulla sopravvivenza delle popolazioni.
Questo nesso è stato chiaramente affermato nell’Agenda 2030, adottata nel settembre 2015 dai Capi di Stato e di Governo delle Nazioni Unite, che indica 17 interconnessi obbiettivi di carattere sociale e ambientale tra i quali il n. 5 relativo alla parità di genere. In questo quadro si colloca il contrasto tramite processi partecipativi alle mutilazioni genitali femminili, forma di oppressione di genere e di crudele violenza sul corpo delle donne diretta alla loro sottomissione sessuale, praticata in molti paesi senza alcuna connotazione di carattere religioso malgrado false narrative in materia.
Clara Caldera ha messo in luce, attraverso il documentario realizzato da AIDOS in Burkina Faso, nell’ambito del programma congiunto UNFPA – UNICEF sulle MGF e realizzato da giovani attiviste e attivisti africani, residenti in Europa e Africa, come l’incontro tra chi emigra e chi rimane nei paesi di origine possa essere un “ponte culturale” per affrontare temi delicati come le MGF.
Tramite il flusso migratorio le MGF sono presenti in Europa e anche in Italia dove oltre il 60% di donne con MGF proviene dalla Somalia, dalla Nigeria e dall’Egitto. Patrizia Farina ha mostrato in esclusiva i dati di uno studio da lei condotto su 1.387 donne migranti che vivono in Italia per mettere in luce l’effetto della legge.
Anzitutto le statistiche mostrano che le donne migranti conoscono molto bene le MGF – solo il 4,6% non ne ha mai sentito parlare– mentre la seconda generazione ne è meno a conoscenza: il 18,6% non ne sa nulla. Questo è un altro effetto positivo del fenomeno migratorio. La generazione migrante, inoltre, è ben consapevole della posizione giuridica del proprio Paese su questo tema, meno conscia di quella italiana, situazione opposta si ha per la seconda generazione. La maggioranza delle intervistate è favorevole a un intervento da parte della legge contro le MGF sia in Italia sia nel Paese d’origine, minor consenso si ha tra donne di comunità nigeriana, egiziana e burkinabè.
Tuttavia ben il 25% è dell’opinione che la pratica dovrebbe continuare di cui il 9% medicalizzandola. Tra i motivi che le spingono a perpetrare la pratica vi è quello di preservare la propria figlia per un matrimonio migliore, mantenendo un legame con il paese di origine attraverso le tradizioni. Il 12,6% delle donne si sottrarrebbe alle mutilazioni perché la legge le vieta.
Coinvolgente è stato l’intervento di Fatoumata Ibrahima Samake. La giovane donna, che fin da bambina convive con le MGF, ha spiegato il suo lavoro diretto a contrastarle con il sostegno di Plan International Mali coinvolgendo tutti i membri delle comunità e dei villaggi di appartenenza che progressivamente abbandonano la pratica. In questo modo viene anche stimolata con un’azione dal basso l’adozione di una legge contro le MGF che il Mali ancora non possiede e la cui efficacia sarà certamente maggiore rispetto a legislazioni calate dall’alto senza una adeguata partecipazione comunitaria.
Infine Valentina Fanelli ha mostrato la piattaforma UEFGM che presenta un corso di formazione online i/le professionisti/e che sono maggiormente a contatto con donne e ragazze a rischio o con MGF: da coloro che seguono l’accoglienza dei rifugiati, ai giuristi, agli insegnanti, ai media. E proprio sul tema della stampa Emanuela Zuccalà è intervenuta per sottolineare come rispetto ad una corretta informazione e conoscenza dei fenomeni e dei loro complessi profili faccia spesso premio il sensazionalismo che non spiega, ma aumenta invece la confusione e la diffusione di sentimenti di separazione, disagio e timore dell’altro.
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