Italia ed estero
Cosa resta del centrodestra in Italia: intervista a Gianfranco Pasquino

A meno di un anno dalle elezioni politiche in Italia, il centrodestra sembra ancora navigare a vista. Riuscirà finalmente a emanciparsi dal suo padre-padrone, Silvio Berlusconi? E se sì, con quale strategia potrebbe riconquistare la fiducia dei tanti elettori moderati, che non si riconoscono né nella proposta del Partito Democratico né in quella del Movimento Cinque Stelle?
Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Pasquino, Professore Emerito di Scienza Politica all’Università di Bologna.
Professor Pasquino, Forza Italia non sembra ancora in grado di fare a meno di Silvio Berlusconi. È un partito a corto di idee o a corto di leader?
«Il partito è a corto di idee perché è a corto di leader, cioè non ha ancora deciso che tipo di partito vuole essere. Si è affidato a Silvio Berlusconi per molto tempo e fino ad un certo momento gli è andata anche bene. Comunque, è una decina d’anni che lo stesso Berlusconi non ha nessuna idea significativa, efficace, in grado di mobilitare. L’unico modo per uscire da questa situazione è fare come alcuni dicono, anche se in maniera piuttosto sommessa, ovvero procedere ad elezioni primarie, nelle quali le ambizioni dovranno ‘scendere in campo’ e cercare di ottenere la leadership sulla base di proposte, idee e spunti programmatici».
Matteo Renzi si è appropriato dell’idea di rivoluzione liberale con cui Berlusconi si è imposto sulla scena politica italiana?
«Era mai possibile pensare che un duopolista, cioè il proprietario di metà del sistema televisivo e di informazione italiano, potesse promuovere una rivoluzione liberale? Fin dall’inizio questa è stata semplicemente un’indicazione propagandistica, che, tra l’altro, ha trovato un terreno interessantemente aperto sul quale penetrare, senza però mai ovviamente tradursi in qualcosa di concreto.
Come pensare che il proprietario di cliniche, della più grande casa editrice del Paese e di una grande agenzia di assicurazioni potesse dar vita a una rivoluzione liberale? È come aspettarsi che Trump dia vita a una rivoluzione liberale negli Stati Uniti. Semplicemente impossibile. Gli intellettuali liberali al fianco di Berlusconi c’erano, ma sono durati lo spazio di una legislatura.
E per quanto riguarda Renzi, davvero qualcuno crede che un ex-democristiano come lui possa dar vita a una rivoluzione liberale? Neanche per sogno. Renzi è al centro di un sistema di negoziazioni e interessi dal quale non può affatto uscire una rivoluzione liberale. E, poi, diciamocelo per bene: esiste un pensiero liberale in questo Paese? Tranne per coloro che si definiscono ‘quattro gatti’ e dovrebbero chiedersi perché sono rimasti in quattro gatti, non esiste nessuna riflessione liberale in Italia».
Il ‘popolo del centrodestra’, ovvero le categorie socio-economiche che per vent’anni hanno votato Berlusconi, stanno migrando più verso il Partito Democratico o il Movimento Cinque Stelle?
«Il popolo del centrodestra è composito. Una parte è un po’ incattivita e vota Lega Nord, un’altra è un po’ di destra e preferisce Giorgia Meloni. E poi, soprattutto, ci sono quei ceti moderati a cui Berlusconi ha saputo dare rappresentanza politica.
Ceti moderati che hanno diritto ad avere una rappresentanza politica e che, invece, per una parte della sinistra dovrebbero essere solo abbandonati al loro destino. Questo è il grande contributo di Berlusconi alla politica italiana, cioè avere dato rappresentanza a tutti quei ceti moderati, che hanno diritto a un Paese con regole meno stringenti e meno manipolabili, a un Paese nel quale la situazione sulle tasse non punisca la maggioranza della popolazione e preservi i privilegi di pochi. Che costoro vadano a votare per Renzi può anche succedere. Dipende dall’offerta politica che verrà formulata da Renzi che, tra l’altro, per il momento è ancora abbastanza confusa. Altri, per insoddisfazione e contrapposizione al governo potranno scegliere anche il Movimento Cinque Stelle.
Ma se il centrodestra riuscisse ad articolarsi, quegli elettori sarebbero lì, disponibili».
Uno sguardo alle prossime elezioni: cosa farà Forza Italia? Sceglierà di fare da stampella a un governo targato Pd o sceglierà l’alleanza con Salvini?
«Un centrodestra a guida Salvini non è assolutamente in grado di vincere le elezioni. In quel caso, metà degli elettori di centrodestra sceglierà di restare a casa e l’altra metà di votare Renzi o, se incattiviti, voteranno Grillo.
Un’alleanza guidata da un esponente di Forza Italia come, ad esempio, Giovanni Toti, potrebbe offrire invece un’alternativa reale.
Molto dipende dalla legge elettorale. Se la nuova legge elettorale conferirà il premio di maggioranza a uno schieramento che potrebbe essere fatto anche da tre o quattro partiti, allora il centrodestra dovrà mettersi insieme. Altrimenti, se la legge elettorale sarà completamente proporzionale, allora il centrodestra potrà andare alle elezioni separato. Correre separati per vincere uniti sarebbe un’operazione che, con un sistema proporzionale ben costruito, potrebbe consegnare la vittoria al centrodestra, che, secondo i sondaggi, potrebbe avere anche il quaranta per cento dei voti. Molto dipenderà, in tal senso, da chi guiderà Forza Italia.
Ma, se come molti dicono, il prossimo sistema elettorale sarà pasticciato, molto dipenderà dalla percentuale di seggi che otterrà Forza Italia, che è potenzialmente un partito di governo. E se, com’è probabile, il Pd non avrà la maggioranza assoluta, allora i seggi di Forza Italia potranno essere decisivi».
Un centrodestra unito è un centrodestra anti-europeista?
«Il centrodestra italiano dovrebbe, forse, imparare una lezione dalle recenti elezioni francesi. Si può vincere un’elezione presidenziale anche essendo coerentemente, esplicitamente e tenacemente europeisti. Questo è il senso della vittoria di Emmanuel Macron. Una vittoria contro la ‘non Europa’ di Marine Le Pen. Chiaramente, Macron non può essere rivendicato da una parte del centrodestra italiano e nemmeno da Silvio Berlusconi, che è diventato molto tiepido in materia di Europa. Ma non sappiamo quanto i suoi elettori siano o no più favorevoli di lui all’Europa. Purtroppo, opportunisticamente, Forza Italia non vuole svolgere un’operazione pedagogica: Forza Europa.
Al centrodestra serve qualcuno che abbia voglia di fare una vera campagna a favore dell’Europa, sottolineando le cose che non vanno, ma, soprattutto, mettendo in chiaro che staremmo tutti molto peggio senza Unione europea».
Questa persona potrebbe essere Antonio Tajani, l’attuale presidente del Parlamento europeo?
«È difficile da dire. Non ho mai visto Tajani all’opera in campagna elettorale, lo vedo anche poco in televisione. Ho l’impressione che potrebbe anche esserlo. Però, lo dovrebbe diventare nel momento in cui ci fosse una competizione aperta per la leadership del centrodestra.
In ogni caso, Tajani non è Martin Schulz».
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