Trento
Scandalo ITAS, ci sono 5 indagati

Chiuso il primo filone d’indagine per lo scandalo ITAS con un totale di 5 indagati.
Insieme all’ex direttore generale Ermanno Grassi sono indagati anche Paolo Gatti, 44 di Milano, dirigente e procuratore speciale di Itas Patrimonio, Roberto Giuliani, 57 anni, di Mori, titolare della Target sas, Gabriele Trevisan, 44 anni di Piove di Sacco, rappresentante della Point rent car e Alessandra Gnesetti, alias «gola profonda» 53 anni, ex responsabile gadget dell’Itas.
Nel fine indagine la procura ha cambiato un’ipotesi di accusa nei confronti degli indagati, cioè dalla truffa si è passati all’approprazione indebita. L’addebito è relativo agli acquisti di beni fatti con i soldi del fondo gadget ITAS.
Per questo reato sono indagati Ermanno Grassi e Alessandra Gnesetti, quest’ultima si è sempre difesa dicendo di eseguire gli ordine del suo direttore generale Grassi. In questo caso l’approprazione indebita sarebbe stata quantificata in circa 450 mila euro.
Trevisan è accusato di truffa per aver procurato a Grassi la Porsche Cayenne da 80 mila euro, la Porsche Carrera 911, e una Porsche Boxter per la Gnesetti, (per questo indagata anche per truffa) il tutto attivando dei leasing pagati naturalmente, a propria insaputa, da ITAS.
La posizione di Alessandra Gnesetti, nell’ambito delle indagini si sta aggravando, infatti l’ex funzionaria ITAS è anche accusata di falso perché aveva dichiarato di essere lei al volante della macchina multata che percorreva a 112 km/orari invece che il Grassi. In quel caso quindi si prese la colpa per non far perdere i punti della patente al suo ex direttore generale.
Gatti invece è indagato per truffa per aver fatto passare l’attico di Piazza Silvio Pellico a Trento dove viveva la famiglia Grassi come una sede ITAS e quindi, addebitando alla compagnia 670 mila euro di spese di ristrutturazioni, spese per i mobili, cucine, impianti domotici ed elettrodomestici.
Giuliani titolare della Target s.a.s. di Villa Lagarina (capitale sociale 10.400 euro) è accusato di truffa perchè in concorso con Ermanno Grassi comprava dei beni di lusso pere poi rifatturarli maggiorati alla compagnia assicurativa ITAS. L’operazione, messa in piedi da Grassi, come primo obiettivo aveva l’assunzione in Target della moglie a 6.200 euro al mese senza obbligo di presenza sul lavoro.
La maggiorazione dei beni rivenduti ad ITAS alla fine – ipotizza la procura – servivano appunto per pagare l’ex moglie dalla quale Grassi si era appena separato e alla quale doveva versare gli alimenti che in quel caso alla fine erano pagati quindi da ITAS. 550 mila euro, questo l’importo fatturato da Target solo nel 2011
Grassi, in concorso con gli altri 4 indagati, viene indagato in tutti i procedimenti. L’ex direttore di ITAS si difende dicendo che tutti i beni erano solo dei benefit concordati con ITAS, che ricordiamo è parte lesa in questo scandalo, e che aveva già ad ottobre del 2016 demansionato Grassi in attesa del fine indagini dei carabinieri dei ROS.
Grassi nega anche di aver mai ricattato il presidente Di Benedetto, tesi che sostiene anche lo stesso presidente ITAS. Ma allora chi lo spiava con la cimice (per il momento spenta) trovata dai ROS dentro il suo ufficio? e perché?
Grassi è il solo indagato per l’ipotesi estorsiva nei confronti di Di Benedetto, per tentata truffa per aver cercato di far pagare all’Itas la badante per i genitori e per aver messo sul conto di ITAS la vacanza con la famiglia a Palma di Maiorca usando l’aereo privato della compagnia e facendola passare per un week end di lavoro a Berlino (13 mila euro il costo) e per calunnia nei confronti della Gnesetti
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