Trento
Bufera in consiglio, la giunta abbandona l’aula durante l’intervento di Claudio Cia.

Altra giornata molto nervosa in consiglio durante la discussione sulla manovra finanziaria.
Ieri il protagonista era stato Fugatti, che aveva ripreso molte volte il governatore Rossi oggi è stata la volta di Claudio Cia che con il suo intervento ha fatto imbestialire il governatore.
Risultato: una mezza rissa dove sono volati insulti e minacce, poi la giunta ha deciso di abbandonare l’aula per protesta, anche se erano pochi gli assessori presenti.
La miccia è stata accesa dallo stesso Rossi, visibilmente nervoso fin dall’inizio della discussione.
Rossi ha dichiarato inveendo contro la minoranza che “si stanno diffondendo i germi di una delegittimazione a prescindere dalle istituzioni che porta alla crisi irreversibile della democrazia”.
Claudio Cia nella sua risposta ha chiesto rivolgendosi allo stesso Rossi: «ma siamo sicuri che a generare l’antipolitica siano le minoranze o non piuttosto una agire politico impregnato di ambiguità e interessi che non aiutano il cittadino a guardarci con fiducia e rispetto?»
Dopo la reazione di Cia sono cominciate le prime scaramucce.
L’esponente di Agire poi ha continuato il suo intervento domandandosi «Ma come è vissuta la nostra azione politica dal popolo?» e senza peli sulla lingua ha poi dato dei mafiosi agli esponenti della giunta provinciale.
A metà del suo discorso sono cominciati ad arrivare insulti dai banchi della giunta che dopo alcuni minuti ha abbandonato l’aula in segno di protesta.
Parole durissime quelle di Cia, che hanno scatenato entrambi gli schieramenti, un clima da stadio che è continuato anche quando la giunta – richiamata da Fugatti – è tornata in aula.
Non contento Claudio Cia ha attaccato anche l’assessore Daldoss e ha chiesto l’immediata sospensione delle deleghe, «Dopo aver esposto quanto sopra, – ha tuonato Cia – a proposito “de mesteri da far”, ho sollevato la questione del progetto della tangenziale Daldoss e ho chiesto che per evitare ambiguità nell’interpretare operazioni dove c’è commistione tra interessi personali e pubblici, si sospenda in attesa di risposte certe. In alternativa che a togliere a lui la delega sia il presidente Ugo Rossi presumendo che questo sia stato all’oscuro di tale interferenza di interessi».
Riportiamo sotto l’intervento del consigliere Claudio Cia in maniera dettagliata.
«Scandali, conflitti d’interessi, incompatibilità, bugie, appalti dubbi, finanziamenti sospetti, clientelismo, piazéri e piazeròti sono la punta di un iceberg fatto di illegalità e rappresentazione di una certa politica che ama annaspare nel torbido.
Più guardano alla politica, più si convinco che il Trentino non sia poi tanto diverso dai territori impregnati di Camorra. Nel Sud Italia, il crimine organizzato nasce fuori dai palazzi istituzionali e in cerca di copertura si rivolge poi ai politici, per espandersi e perpetuare l’azione criminale.
In Trentino no. A generare mafia è la politica fatta da certi personaggi che, stando al riparo, hanno umiliando, spolpato le istituzioni per creare un sistema di potere su cui modellare norme, dare vita a società, inventare bisogni e pretesti tali da giustificare l’uso di denaro pubblico, piazzare fedelissimi – i picciotti della polenta e lugànega – a presidio di posti strategici.
Un tempo il fedelissimi marcavano la piazza del paese, oggi li troviamo nei punti cardine del sistema. C’è la convinzione che da noi non si usa la lupara… si lavora di fioretto: se non ti adegui, perdi gli “amici”, se perdi gli “amici” perdi il finanziamento, se perdi il finanziamento chiudi baracca e burattini. Non sei schierato con il partito giusto? Allora non ricevi sostegno, non trovi o perdi il lavoro, per te non c’è l’appartamento Itea, la meritocrazia non conta. Nella tua terra la vita diventa un inferno.
La paura è l’ingrediente vitale che alimenta questo sistema, ti obbliga al silenzio e – in questo silenzio – diventiamo tutti sudditi, vincolati alle promesse di quelli che vengono percepiti come i nostri padroni che spesso, per una sorta di Sindrome di Stoccolma, siamo noi stessi ad osannare. In molti sappiamo e vediamo, in molti però tacciamo adeguandoci, e il nostro silenzio è pure manifesto quando, invece di recarci a votare per imprimere un cambiamento, preferiamo disertare le urne. Nostro malgrado, si costringono a pensare e ad agire quasi fossimo anche noi dei mafiosi, perché il silenzio è complice del crimine.
Diceva Oriana Fallaci che “vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”.
Generalmente i cittadini detestano questo modo di servirsi della politica, ma sono pure pronti ad omologarsi ad esso quando si convincono che, per vedere materializzati i loro sogni, con questi politici devono scendere a patti. D’altronde prima di mettersi nelle mani di qualcuno, viene naturale affidarsi a chi più di altri può garantirti, ad esempio, l’approvazione di un progetto e magari pure il finanziamento per realizzarlo”.
Non sono citati esplicitamente, ma evidentemente tra gli “addetti ai lavori” sono noti casi di consiglieri, assessori, sindaci, mogli o parenti vari che traggono beneficio dall’affidamento di opere finanziate con denaro pubblico.
Anche molte amministrazioni pubbliche distribuite sul territorio preferiscono affidarsi a professionisti che hanno influenza in seno alle istituzioni provinciali. In alternativa, se questo non fosse possibile, assoldano chi è imparentato con il politico che conta.
Un criterio che condiziona anche il modus operandi del comune cittadino, convinto che chi non ha buone sponde in Provincia, non va da nessuna parte”. È così che con questa prassi il professionista imparentato con il politico, o il politico che è pure il professionista incaricato, assumono un’influenza e un potere tendente a spazzare via chiunque possa dar loro fastidio o risulti un potenziale concorrente.
Ho chiesto se nel corso della legislatura siano stati affidati incarichi per consulenze o progettazione di opere finanziate con soldi provenienti dal bilancio provinciale a personalità che rivestono un ruolo istituzionale in seno alla Giunta o al Consiglio, o a loro parenti e affini entro il secondo grado, o a società a loro riconducibili, e naturalmente anche gli eventuali importi in dettaglio. Ho espresso l’auspicio che nella risposta prevalga il coraggio della verità. Ad oggi non ho risposta.»
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