Italia ed estero
Rivolta degli immigrati a Torino, situazione critica: «Allah ci guiderà nella vendetta»

Mercoledì sera era scoppiata la rivolta dopo lo scoppio di tre bombe molotov lanciate da ignoti all’interno del «Moi», il villaggio olimpico di Torino che doveva essere il fiore all’occhiello della città della Mole e che invece è diventato covo di spacciatori, di droga, prostituzione e che conta circa 1.600 clandestini abusivi che ormai stazionano da anni dentro la struttura bandita alle forze dell’ordine.
Ma la rivolta non accenna a spegnersi, anche per l’intervento dei residenti del quartiere che ormai sono all’estremo della sopportazione.
Ieri sera durante il servizio del programma «dalla vostra parte» alcune immagini girate all’interno del villaggio sono raccapriccianti in termini di degrado. Le forze dell’ordine hanno detto chiaramente che è impossibile sgombrare la struttura visto l’alto numero di clandestini presente al suo interno. La situazione è ormai fuori controllo
Contraddizione e incongruenza, tutti gli oltre 1.500 «abusivi» sono vestiti con capi di marca e possiedono cellulari molto costosi, questo è emerso ieri sera nel servizio della giornalista di rete 4 Silvia Vada.
Anche l’Italia ha la sua banlieue pronta ad esplodere quindi ed è l’ex villaggio olimpico di Torino, dove si è scatenata una guerra civile tra residenti e immigrati al grido «Allah ci guiderà nella vendetta».
Centinaia di africani sono scesi in strada per protestare contro le condizioni in cui si trovano a vivere: “Gli italiani sono razzisti, la polizia ci controlla e non ci difende”. A scatenare la rabbia dei quasi 1.500 migranti, di cui molti clandestini, sono state tre bombe – carta lanciate contro le palazzine del Moi in cui abitano. “Ci insultavano: venite giù scimmie, venite giù bastardi – accusano gli immigrati, secondo quanto riferisce La Stampa -. E poi ci sono stati gli scoppi e noi abbiamo pensato che stavamo per morire tra le fiamme e le bombe. Ma qualcuno è sceso lo stesso. E quelli hanno continuato ad insultarci”. “Siamo nulla per questa città – spiega un ragazzo del Camerun -. Siamo nel mirino di gente che non capisce che anche noi siamo ragazzi e vorremmo una vita decente”.
Povertà, emarginazione, razzismo, violenza: un mix esplosivo che rischia di regalare un pezzo di città all’Islam radicale, quello che occhieggia all’Isis e al fondamentalismo jihadista. Tra i ragazzi, molti ventenni, c’è chi lavora in nero, chi si arrangia, chi spaccia, chi semplicemente non fa nulla, per tutto il giorno. “Voi italiani adesso dite ai vostri figli che non siamo cani. Teneteli tranquilli, perché la nostra pazienza prima o poi finirà. E allora anche noi andremo a prendere latte di benzina da lanciare contro le vetrine”, è la minaccia di un giovane africano.
Si fa strada la legge del taglione: “Un morto nostro, un morto degli altri”, grida chi pensa alla strage di Parigi al Bataclan come “la vendetta degli esclusi”.
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