Trento
Dal gender al referendum costituzionale. Cosa ci vogliono imporre?

Questa è la domanda a cui dovranno dare risposta i relatori durante l’incontro aperto a tutta la cittadinanza che avrà luogo lunedì 26 settembre presso la sala della Cooperazione in via Segantini a partire dalle ore 20.30.
Relatori dell’importante incontro organizzato dal «comitato famiglie per il NO» alla riforma costituzionale proposta dal governo Renzi, saranno Massimo Gandolfini, neurochirurgo e psichiatra e il magistrato Pino Morandini.
L’incontro sarà mediato dall’avvocato Maristella Paiar
Pubblichiamo per intero la nota di Pino Morandini che presenta l’evento dettagliatamente attraverso alcune importanti riflessioni
«Molti si chiederanno che nesso possa esserci tra il tema del gender e la riforma costituzionale oggetto del prossimo referendum.
In realtà il legame è assai più stretto di quanto appaia. Cerchiamo di vederne insieme le ragioni.
La vigente Costituzione si fonda, da un lato, su un’impostazione personalista e relazionale, fortemente voluta dai Padri costituenti, riconoscendo e garantendo i diritti inviolabili della persona umana sia “come singola sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità” (art.2).
Quindi precedenza sostanziale della persona umana rispetto allo Stato, destinazione di questo a servizio di quella e al contempo necessaria socialità delle persone in vari corpi intermedi: la famiglia, le associazioni, la parrocchia, la circoscrizione, il comune, la regione, ecc.
D’altro lato, la nostra Carta esprime un’impostazione sussidiaria, per la quale non deve fare la realtà superiore quello che può fare quella inferiore (ad es. non si intrometta lo Stato in competenze che spettano alla Regione); e ciò sia per favorire la partecipazione dei cittadini dal basso sia per conferire ai cennati corpi intermedi poteri propri e funzioni di rappresentanza delle loro comunità, in modo che allo Stato restino solo competenze residuali e si eviti l’accentramento di potere in capo ad esso.
Lo stesso metodo seguito per scrivere e approvare la Costituzione si caratterizzò per il suo carattere democratico: un reciproco ascolto e un confronto aperto tra i 556 parlamentari, durato ben diciotto mesi, rispettoso delle opinioni diverse e avente come fine primario quello di un autentico servizio al bene comune.
Diversamente, la recente riforma costituzionale – il cui metodo è consistito in una proposta voluta, imposta e votata dalla maggioranza di Governo – riserva davvero scarsa attenzione ai cennati corpi intermedi. Concentra, infatti, il potere nelle mani di pochi, i membri del Governo, a partire dal Premier, avvalendosi di una legge elettorale (il c.d. Italicum) collegata con la riforma, che attribuisce antidemocraticamente un premio di maggioranza abnorme al partito vincitore delle elezioni. In tal modo avallando la destrutturazione dei suddetti corpi intermedi ed accelerando quella già in atto per alcuni di essi.
Che ne sarà della famiglia di cui agli artt. 29 e segg. Costituzione (che Togliatti fece votare dallo stesso PCI), già duramente colpita dalla legislazione anche ultimamente, se si pensa alla legge sul c.d. divorzio breve e più ancora alla legge Cirinnà, alla cui stregua discendono ben cinque modelli di famiglia? Se tutto è famiglia, nulla è più famiglia. Destrutturando la cellula fondamentale, come potrà reggere l’intero organismo? In un contesto “atomizzato”, dove il cittadino è sempre più solo di fronte all’enorme potere dello Stato e mancante di solidi punti di riferimento, non sarà forse più facile, per il Governo di turno, forte di una maggioranza bulgara, far passare leggi antifamily e contro le persone più fragili? L’esperienza di altri Paesi europei è eloquente.
E gli altri corpi intermedi?
Che ne sarà delle Regioni ordinarie – le cui materie di competenza sono ridotte da 43 a 31 – di fatto trasformate in soggetti di decentramento amministrativo, in quanto la loro legislazione sarà di mera esecuzione sotto l’egida del coordinamento statale ? E che dire delle Regioni ad autonomia speciale, a partire dalla nostra, apparentemente garantite da una sorta di tutela costituzionale addirittura doppia (destinata a durare fino a quando considerato il clima generale negativo verso le “specialità”?) e dalla c.d. intesa, peraltro tutta da definire negli organi, nella procedura e nel grado effettivo di tutela e la cui pregressa esperienza non fa certo bene sperare?
Che ne sarà del Parlamento, ridotto di fatto ad una Camera, apparentemente valorizzato – unico titolare del rapporto di fiducia col Governo e del potere di indirizzo politico – ma nella realtà sotto la sferza del Governo, che potrà imporgli la trattazione prioritaria delle proposte di legge definite “essenziali per l’attuazione del programma”, che dovranno essere decise entro 70giorni? Che imparzialità potranno avere i classici organi di garanzia – in primis Capo dello Stato e Corte costituzionale – quando la maggioranza della Camera, in mano al partito di maggioranza relativa a causa della legge elettorale, avrà i voti sufficienti per influenzare in modo determinante la loro elezione? Quale l’incidenza di un Senato non più eletto direttamente dal popolo e privo dei poteri che lo rendano valido strumento di concertazione nel rapporto Stato-Regioni?
Pare pertanto abbastanza chiaro il quadro dell’involuzione oligarchica in atto: destrutturata la famiglia a colpi di leggi; decostruita la funzione dei corpi sociali intermedi, ulteriormente penalizzati con l’aumento delle firme necessarie per leggi d’iniziativa popolare e per il referendum; ridimensionate le funzioni delle comunità regionali; delegittimato il Senato e sminuita la Camera, istituzionalizzando il primato del Governo nel processo legislativo. Con il risultato, attraverso la nuova legge elettorale, di concentrare il potere nelle mani dei pochi cooptati attraverso meccanismi interni al partito di maggioranza, non certo scelti men che meno eletti dal popolo.
Conclusivamente, per tornare alla famiglia, gli stessi vertici del PD non hanno fatto mistero di voler utilizzare l’anzidetto capovolgimento istituzionale per completare la trasformazione del tessuto sociale italiano, destrutturando la famiglia stessa e la stessa antropologia umana. Si rivela coerente con siffatta impostazione culturale un programma politico che alle leggi sul divorzio breve e sulle unioni civili accosta le proposte di legge sull’eutanasia, sulle adozioni per tutti, compresi single e coppie gay, sull’omofobia, sulla legalizzazione delle droghe,ecc.»
Pino Morandini
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