Trento
Referendum trivelle, un’altra sconfitta della nostra Italia
Urne chiuse, quorum mancato.

Urne chiuse, quorum mancato.
Ed ecco che un’altra volta l’Italia ha deluso quei pochi che ancora credono in lei. Ecco che un’altra volta abbiamo sbagliato, abbiamo dimenticato il vero significato del voto e della fortuna che oggi possiamo vantare nel dire a chi ci circonda “Oggi vado a votare!”.
Peccato che non tutti abbiano colto ciò che rende speciale il nostro paese, ovvero che anche noi possiamo scegliere, anche noi, umili cittadini, possiamo finalmente dire la nostra. Ci sono in tutto il mondo una miriade di lapidi che testimoniano quando ardua ed astiosa sia stata la battaglia che ci ha voluto vedere cittadini di una società che, nel vero senso della parola, ci appartiene.
Scordiamo, per un solo istante, i discorsi che disintegrano tutto ciò, le apologie che mirano ad infrangere persino l’ultimo barlume di libertà che tutti noi abbiamo. Sto parlando dei soliti luoghi comuni che additano la nostra costituzione come il frutto dell’egoismo dei potenti, che “tanto salgono al governo quei soliti quattro politici”, che è inutile provare a cambiare uno stato che mai cambierà. Lasciamo perdere queste brutte favole, perché non servono ad altro che ad alimentare il gregge di pecore che ieri, proprio ieri, ha fatto il gioco dei politici tanto odiati.
Non mi riferisco a chi ha preso in mano la matita per votare no, pensando ai benefici economici piuttosto che ai danni ambientali. Sto puntando il dito contro chi non ha avuto la voglia o il tempo di informarsi, di capire fino in fondo il significato di questo referendum sulle trivelle, preferendo starsene rannicchiato in casa a guardare la televisione o, ancora peggio, andando al mare.
Voilà, Renzi chiede al gregge di non andare a votare, e il gregge risponde. La stampa comunica al gregge che ieri nove regioni avrebbero votato per il referendum, quando è in tutta Italia che si è votato per il referendum. Bene, non è vero che nulla può cambiare, come molti noi pensiamo. Ma ciò che è realmente mutato, ciò che è stato vittima di un’irreversibile metamorfosi, sono le nostre coscienze.
Dove è finita l’Italia che scende unita in piazza per urlare a favore dei propri diritti? Dove sono finite le rivoluzioni contro il marcio che risiede tra le file del governo? Tutto questo si è nascosto dietro alla disillusione e alla mancanza di fiducia che sono ormai diventate un ostacolo insormontabile, al di là del quale sembra impossibile vedere.
E mentre le piattaforme esistenti continueranno a trivellare e ad operare senza quei limiti temporali che quell’86% dei votanti hanno tanto desiderato, noi fingeremo ancora di vivere felici in un presente senza fine. Fa paura infatti guardare un po’ più in là, nella direzione di un futuro incerto e del quale ce ne importa ben poco. Fa persino paura immaginare cosa ne sarà dei nostri boschi, dei nostri ghiacciai e dei nostri mari, ma, d’altronde, “noi non ci saremo più, ci penserà qualcun altro.”
Voglio chiedere scusa a chi verrà dopo di me, ai miei nipoti e ai miei pronipoti, perché chi non ha saputo pensare un po’ anche a loro è proprio l’essere umano, proprio colui che si è aggiudicato il premio di specie più intelligente sulla faccia della terra. La sconfitta di un quorum non raggiunto è soltanto un altro tassello da aggiungere ad un’Italia che ancora dorme sogni tranquilli in un passato ormai morto.
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