Italia ed estero
Altre centinaia di soldati italiani in Iraq: questa volta a difesa della diga di Mosul
Il Ministro della Difesa italiano, Roberta Pinotti, ha ufficialmente annunciato solo qualche giorno fa, che l’Italia incrementerà la sua presenza militare sul territorio iracheno inviando oltre un centinaio di nuovi soldati nell’area del Kurdistan intorno alla città di Erbil.
Il Ministro della Difesa italiano, Roberta Pinotti, ha ufficialmente annunciato solo qualche giorno fa, che l’Italia incrementerà la sua presenza militare sul territorio iracheno inviando oltre un centinaio di nuovi soldati nell’area del Kurdistan intorno alla città di Erbil.
La dichiarazione della Pinotti è stata rilasciata a conclusione del Vertice dei 23 Paesi più impegnati nella lotta contro lo Stato islamico, il cosiddetto Small Group, che si è riunito a Roma lo scorso 02 Febbraio per fare il punto degli interventi da rafforzare nell’azione di contrasto a Daesh.
La decisione italiana di incrementare la propria presenza attiva sul campo in Iraq ha fatto seguito ad una richiesta avanzata direttamente dal Segretario della Difesa statunitense, Ashton Carter, che invitava l’Italia, non solo a rafforzare il proprio impegno, ma addirittura a considerare l’ipotesi di unirsi ai raid contro l’ISIS.
Fino ad ora le forze militari italiane si sono occupate principalmente dell’addestramento delle forze di polizia irachene con l’obiettivo di supportarle nel loro tentativo di recuperare il controllo delle zone cadute in mano le milizie dello Stato islamico.
Tuttavia, il Ministro della Difesa Pinotti ha escluso per il momento che i soldati italiani partecipino a vere e proprie azioni di guerra sul territorio iracheno e per ora l’Italia non parteciperà ai raid aerei. Secondo le rassicurazioni del Ministro, i 130 militari che verranno inviati ad Erbil nei prossimi mesi, avranno il compito prioritario di “raccogliere i feriti in combattimento”.
A questi si affiancheranno altri 450 soldati italiani che avranno il compito di sorvegliare i lavori di restauro della diga di Mosul, sul fiume Tigri. L’appalto, infatti, è stato vinto dalla società italiana del Gruppo Trevi S.p.A. di Cesena e quindi i lavori di riparazione saranno realizzati da operai italiani che saranno appunto “protetti” dalle nostre forze militari.
Il governo iracheno ha deciso di affidare alla società italiana l’intero progetto di messa in sicurezza della Diga di Mosul, la più grande in Iraq che, da quando l’ISIS ha iniziato a sottrarre il controllo di vaste zone del territorio iracheno alle istituzioni legittime, non ha più subito interventi di manutenzione ed oggi ha necessità urgente di riparazioni.
Il valore dell’intero progetto dovrebbe aggirarsi intorno ai 200 milioni di dollari che presumibilmente saranno finanziati tramite la Banca Mondiale alla quale il governo iracheno si sarebbe rivolto per un prestito.
Data la presenza necessaria degli operai italiani, che nei prossimi mesi saranno impegnati in questo intervento di manutenzione, proprio in questi giorni il governo italiano è in contatto con quello iracheno per definire la partecipazione dei militari italiani al progetto con il compito di difendere la diga e gli operai e assicurare che i lavori procedano senza intoppi.
Con l’invio dei soldati a difesa della diga di Mosul, quello italiano diventa in Iraq il secondo contingente militare più corposo dopo quello statunitense e si arriverà a sfiorare la quota di un migliaio di uomini sul territorio iracheno. Il governo italiano è pronto a stanziare circa 600 milioni di euro in più per il finanziamento delle nuove operazioni.
Ancora una missione di supporto e aiuto alla popolazione piuttosto che azioni di guerra vere e proprie per il contingente militare italiano. Il Ministro della Difesa ha assicurato che per ora l’Italia non è chiamata ad avviare i raid nell’immediato e che continuerà a svolgere il suo ruolo di sostegno alle forze dell’ordine irachene.
Tuttavia, il nostro Paese fa parte dell’alleanza che combatte contro lo Stato islamico, è partner delle grandi potenze che guidano la coalizione e non potrà sottrarsi per ancora molto tempo dal prendere una posizione più netta e assumere un ruolo ancora più attivo.
Gli Stati Uniti scalpitano ed oltre ad un maggior attivismo in Iraq, cominciano a chiedere anche maggior impegno in Libia.
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