Italia ed estero
Migranti, accordo con la Turchia: per l’Ue un boccone amaro
“Vi scriviamo questa lettera dalla prigione di Silivri…I vostri governi stanno negoziando con Ankara per quanto concerne la crisi dei rifugiati… Ci auguriamo che il vostro desiderio di porre fine alla crisi non ostacolerà la vostra sensibilità verso i diritti umani, la libertà di stampa e di espressione come valori fondamentali del mondo occidentale”. Firmato Can Dundar e Erdem Gul.

“Vi scriviamo questa lettera dalla prigione di Silivri…I vostri governi stanno negoziando con Ankara per quanto concerne la crisi dei rifugiati… Ci auguriamo che il vostro desiderio di porre fine alla crisi non ostacolerà la vostra sensibilità verso i diritti umani, la libertà di stampa e di espressione come valori fondamentali del mondo occidentale”. Firmato Can Dundar e Erdem Gul.
Nelle ore in cui Bruxelles e Ankara hanno finalizzato l’accordo con il quale la Turchia si impegna ad arginare il flusso dei migranti e a colpire i trafficanti, alla modica cifra di 3 miliardi di euro, Can Dundar (nella foto) e Erdem Gul, rispettivamente direttore e capo redazione del quotidiano turco Cumhuriyet, hanno scritto una lettera ai leader europei dal carcere nel quale sono detenuti con l’accusa di spionaggio, per aver rivelato che i servizi segreti turchi avrebbero mandato armi ai ribelli islamisti in Siria. Rischiano l’ergastolo.
Tutto è cominciato il 29 maggio di quest’anno, con un video pubblicato da Cumhuriyet che mostrava la gendarmeria e la polizia turca fermare alcuni camion con a bordo delle casse. Secondo il quotidiano, queste casse avrebbero contenuto armi e munizioni mandate in Siria dai servizi segreti turchi. Armi che sarebbero state destinate ai ribelli islamisti impegnati a combattere il presidente siriano Bashar al Assad.
Pochi giorni dopo, il 2 giugno, il presidente turco in persona, Recep Tayyip Erdogan, si prese la briga di iniziare una causa legale contro i due giornalisti, minacciando che “chi aveva scritto l’articolo avrebbe pagato un prezzo molto alto”, perché il video “includeva immagini e informazioni che non corrispondevano ai fatti”.
Pochi giorni fa, Erdogan ha specificato, che “è irrilevante se i camion trasportassero o meno armi, perché la pubblicazione dell’articolo è stata di per sé un tradimento”. Inoltre, il presidente turco ha chiarito che i camion del video incriminato erano stati allestiti per mandare aiuti umanitari ai turcomanni, minoranza etnica impegnata a combattere il regime di Assad in Siria.
La questione non è semplice come Erdogan vorrebbe far credere. L’impegno turco nel conflitto siriano è caratterizzato da un’ambiguità di fondo. L’obiettivo di Ankara è far cadere il regime di Bashar al Assad, senza però allo stesso tempo porre le basi per la nascita di uno stato curdo ai suoi confini.
Il nemico del mio nemico è il mio amico. Sulla base di questa logica, la Turchia sta cercando di raggiungere i suoi obiettivi in Siria sostenendo i gruppi ribelli. A detta di alcuni analisti, anche quelli islamisti ed estremisti. A tal proposito, il governo turco è stato anche accusato di non fare abbastanza per bloccare il passaggio dei foreign fighters, i combattenti stranieri che vengono dall’Europa per unirsi alle file dell’Isis o di altri gruppi estremisti.
L’impegno militare turco nel conflitto siriano è stato duramente criticato da vari commentatori internazionali, che rimproverano al governo di Erdogan di fronteggiare blandamente l’Isis e di concentrare la maggior parte dei suoi sforzi per mettere fuori gioco i curdi.
Il fatto che in Iraq e in Siria i curdi siano riusciti a conquistare i territori dello stato islamico ha, infatti, rafforzato di molto il movimento curdo. Quest’estate, le relazioni tra Turchia e i curdi turchi del PKK, che da anni chiedono maggiore autonomia per la minoranza nel Paese, sono precipitate. Il clima di caccia alle streghe che ne è derivato ha già fatto molte vittime innocenti, ultimo tra queste Tahir Elci, capo degli avvocati curdi, ammazzato tre giorni fa a Diyarbakir nel corso di una sparatoria fra attentatori e forze di polizia, al termine di una sua conferenza stampa in strada
I nodi stanno venendo al pettine e l’effetto è dirompente. Settimana scorsa la Turchia ha abbattuto un aereo russo accusato di aver violato lo spazio areo turco. La disputa che ne è derivata con Mosca ha messo tutta la NATO in una posizione scomodissima.
Le tensioni sono state in parte appianate ieri durante il vertice tra Ue e Turchia. Alle prese con l’emergenza migranti, l’Ue ha dato l’ok per lo stanziamento di 3 miliardi di aiuti ad Ankara, affinché questa si occupi dei profughi presenti sul suo territorio, nella speranza di evitare così che l’ondata migratoria travolga l’Europa unita.
Bruxelles ha fatto buon viso a cattivo gioco. Il bavaglio che Erdogan ha messo alla stampa del suo Paese è sintomo di un’implosione antidemocratica che promette di fare ancora molte altre vittime. Per l’Ue, l’accordo con il “sultano” è un boccone amaro che sarà difficilissimo da digerire.
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