Trento
Rossi & C. nelle «sabbie mobili» dei vitalizi
Ormai è certo! Tra le fila dello sprovveduto legislatore regionale si fa strada, con sempre maggiore veemenza, la convinzione di trovarsi sull'orlo del precipizio.
Ormai è certo! Tra le fila dello sprovveduto legislatore regionale si fa strada, con sempre maggiore veemenza, la convinzione di trovarsi sull'orlo del precipizio.
Da una parte le "sabbie mobili" della legge 4/2014, quella voluta da Rossi e Kompatscher, di riforma dei vitalizi, sbagliata sotto tutti i profili e impraticabile sul piano del diritto, dall'altra, la legge di iniziativa popolare promossa dalle Acli che mira alla riforma della riforma.
Ci limitiamo, anche in questa occasione, a considerare, l'impraticabilità giuridica della legge regionale, omettendo volutamente di commentare i nascenti contrasti politici che da latenti ora sono diventati fragorosamente scoperti, sicché, dopo il bagliore dei roboanti proclami, la legge è, nei fatti, impantanata.
Riassumendo, PensPlan non cede le quote (quote B) del "fondo family", intestate a consiglieri ed ex consiglieri, al consiglio regionale, benché espressamente disposto dalla legge regionale,perché sa che quella norma esorbita dalla competenza regionale, invadendo materie nazionali ed europee (testo unico della finanza) e non vuole incorrere nelle relative sanzioni.
I consiglieri, capeggiati dal vicepresidente Widmann, (nessuno dei quali ha fatto ricorso contro la legge 4/2014), non firmano la "presa d'atto" del trasferimento delle loro quote (quote B) al consiglio regionale che libererebbe PensPlan da ogni responsabilità, e chiedono, invece, con forza, che il consiglio regionale si attivi per obbligare PensPlan al rispetto della citata norma regionale.
Anche sul fronte del recupero coatto dei vantati crediti nei confronti degli ex consiglieri che hanno, tuttavia, presentato ricorso al giudice per l'illegittimità costituzionale della legge di riforma delle attualizzazione a suo tempo definite e liquidate, la situazione è ferma ai proclami, più volte rinnovellati a mezzo stampa.
Delle interrogazioni dei consiglieri Degasperi e Cia abbiamo già scritto. Ora, ci occupiamo di un'altra interrogazione, presentata lo scorso 9 ottobre dal consigliere Alessandro Urzì.
L'esponente politico altoatesino riprende, in modo più specifico, la domanda del collega Degasperi che chiedeva all'ubiquitario presidente Rossi " la ragione per cui si è deciso di rivolgersi a Trentino Riscossioni anziché procedere direttamente e il riferimento normativo che consente l'intervento nella vicenda di tale soggetto".
Urzì interroga Rossi per sapere "per quali ragioni la Regione autonoma Trentino AIto Adige rinunci ad esercitare "gratuitamente" e in prima persona l'ingiunzione fiscale, delegando ad una società di diritto privato (anche se con capitale interamente pubblico], costituita dalla Provincia autonoma di Trento [art. 34 della l.p. 3/2006) per la riscossione delle proprie entrate e di quelle degli enti locali trentini, l'esercizio di tale strumento, gravando il bilancio regionale di tutti gli oneri conseguenti (es. acquisto delle azioni, e gli aggi dovuti sull'entità del credito da recuperare ecc.).
Quest'ultima domanda, guarda caso, è la stessa che abbiamo molto modestamente formulato anche noi.
Siamo curiosamente interessati della risposta del presidente Rossi, così come siamo curiosi di sapere le conclusioni dell'ufficio di presidenza del consiglio regionale oggi riunito, di fronte alla pubblica "retromarcia" di Kompatscher (e di Rossi).
Alla fine, tra un'intervista e un'altra, curiosità per curiosità, chi resterà con il "cerino in mano"?
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