Italia ed estero
Immigrazione: accordo Ue vicino ma l’Ungheria continua a preoccupare
Domani a Bruxelles i ministri dell'Interno dei paesi Ue discuteranno le misure proposte da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, per fronteggiare l'emergenza immigrazione.

Domani a Bruxelles i ministri dell’Interno dei paesi Ue discuteranno le misure proposte da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, per fronteggiare l’emergenza immigrazione.
Le misure presentate da Juncker includono: la redistribuzione per quote obbligatorie di 160mila richiedenti asilo arrivati in Italia, Grecia e Ungheria, l’adozione di una lista di paesi sicuri che permetterà di velocizzare le procedure di asilo per chi proviene da Balcani e Turchia e l’istituzione di un fondo di 1,8 miliardi di euro con il quale aiutare i paesi africani da cui giungono molti migranti.
Secondo fonti diplomatiche ci sarebbe un ampio consenso tra i vari stati membri: questo giovedì alla riunione degli ambasciatori, anticamera del Consiglio, la proposta di redistribuzione dei 120mila richiedenti asilo sarebbe già passata. Gli ambasciatori torneranno a riunirsi oggi per preparare la bozza di conclusioni del Consiglio dei ministri dell’Interno di domani.
Domani ci si attende l’ok al piano per la redistribuzione di 40mila migranti (24mila dall’Italia e 16mila dalla Grecia) con partenza dal 16 dicembre. Inoltre, dovrebbe essere approvata un’intesa preliminare per il ricollocamento di emergenza per altri 120mila (15.600 dall’Italia, 50.400 dalla Grecia e 54mila dall’Ungheria), che servirà da base per l’elaborazione di un testo più dettagliato che dovrebbe essere approvato al Consiglio degli Interni dell’8 ottobre.
Restano da convincere Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, che continuano a dire no al sistema delle quote obbligatorie. Anche se da solo il no di questi tre paesi non riuscirà a bloccare il piano, la loro persistente opposizione desta serie preoccupazioni a Bruxelles.
I ministri degli Esteri dei tre paesi ribelli hanno ribadito la loro posizione venerdì a Praga, al termine di un incontro che ha visto anche la partecipazione dei loro omologhi di Germania, Lussemburgo e Polonia. Il ceco Lubomir Zaoralek ha dichiarato: “Abbiamo bisogno di avere controllo su quanti migranti siamo in grado di accettare”. Lo slovacco Miroslav Lajcak ha affermato: “Abbiamo punti di vista diversi sul problema”. L’ungherese Peter Szijjarto ha sottolineato invece che “il compito principale dell’Europa deve essere quello di riprendere il controllo della frontiera esterna dell’Ue”.
Il no dell’Ungheria è quello di meno immediata comprensione, in quanto il sistema di quote obbligatorie le consentirebbe di ricollocare nel resto d’Unione 54mila dei richiedenti asilo attualmente presenti sul suo territorio. Secondo fonti di Bruxelles: “Gli ungheresi sono convinti che il piano europeo sia solo un aiuto superficiale. Ritengono che sistema di ricollocamento offra ai migranti un ulteriore incentivo per mettersi in viaggio per l’Europa e per questo rigettano l’intero piano”.
Intanto da Budapest giungono notizie sempre più allarmanti. Il premier ungherese Victor Orban ha assicurato in questi giorni che “dal 15 settembre entrerà in vigore una normativa più restrittiva in materia di immigrazione. I migranti che entreranno illegalmente in Ungheria saranno arrestati”. Inoltre, per quella data si prevede anche che vengano conclusi i lavori per la costruzione del famigerato muro di 175 chilometri al confine con la Serbia.
Roszke, il “campo di raccolta” al confine con la Serbia somiglia sempre più a un campo di concentramento. In un filmato girato da una volontaria di un’associazione cattolica, vengono mostrati i migranti, tra cui intere famiglie con vecchi e bambini, chiusi in un recinto accalcarsi per acchiappare al volo buste di plastica con panini e cibo lanciate dai poliziotti.
Il cancelliere austriaco Werner Faymann non ha esitato a paragonare ciò che sta succedendo in Ungheria alla “pagina più oscura della storia europea”, ricordando che le autorità ungheresi hanno ingannato i profughi assicurando loro che il treno su cui stavano salendo era diretto a Budapest, mentre invece la reale destinazione era un campo di raccolta. Una deportazione in piena regola, secondo il cancelliere.
Emblema della disumanità e della follia xenofoba che stanno divorando l’Ungheria è Petra Laszlo, la reporter ungherese divenuta nota per aver fatto qualche giorno fa lo sgambetto a un migrante che correva in fuga dalla polizia con il suo bambino in braccio (qui il video).
La vicenda di questa poveraccia è lì a metterci in guardia sulle conseguenze di una politica che incita al respingimento, che si nasconde dietro alla difesa delle radici cristiane, che agita lo spauracchio della criminalità e della disoccupazione e che reclama la difesa delle frontiere nazionali.
Troppi sono i politicanti in Europa che più o meno indirettamente promuovono comportamenti come quello di Petra Laszlo. È da loro che dobbiamo guardarci, non dai migranti.
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