Arte e Cultura
Kansas: chitarre e poesia in chiave progressive
Quando qualcuno vi dice ‘Kansas’, voi a cosa pensate? Se per prima cosa il vostro pensiero va allo stato che occupa il centro degli Stati Uniti d’America siete esperti della geografia del mondo, però forse un po’ lontani dal mondo del rock.
Quando qualcuno vi dice ‘Kansas’, voi a cosa pensate? Se per prima cosa il vostro pensiero va allo stato che occupa il centro degli Stati Uniti d’America siete esperti della geografia del mondo, però forse un po’ lontani dal mondo del rock.
Se invece in un secondo momento pensate anche alla musica siete decisamente sulla strada giusta verso l’illuminazione musicale.
Senza dubbio riuscirete a indovinare che la band fondata negli anni ’70 è originaria di Topeka, capitale (nemmeno a dirlo) dello stato del Kansas, ma magari non siete al corrente del fatto che nel corso dei consecutivi anni essa abbia avuto un successo impressionante, vendendo milioni di dischi e riempiendo sale da concerti e stadi.
Se la vostra conoscenza in fatto di Kansas si limita a Dust In The Wind e siete convinti che siano una band tutta chitarre acustiche e violini dovrete rimediare, perché vi sbagliate in pieno. Potreste cominciare ascoltando Audio-Visions, il settimo album della band e a dire il vero non il più conosciuto, che fa capire chiaramente come la chitarra acustica non sia l’unica che i chitarristi Kerry Livgren e Rich Williams sanno imbracciare.
L’album alterna power chords e assoli che faranno impazzire gli amanti del rock, a momenti di solennità altisonante con dedica speciale per i prog-addicted, a intime chicche piano/voce contenute in canzoni da cui assolutamente non ce lo si aspetterebbe.
Insomma, un album completo e piacevolissimo all’ascolto, progressive senza ombra di dubbio ma per nulla faticoso o impegnativo. Vi sfido a trovare una canzone di cui dire ‘questa proprio non mi piace’: i Kansas sono grandi musicisti e hanno un gusto sopraffino. Inoltre, con un vocalist come Robby Steinhardt ogni canzone assume quel tocco di bellezza in più che solo una gran voce può dare.
Dall’album sono stati estratti due singoli, Hold On (che raggiunse la posizione 40 della classifica Billboard) e Got To Rock On, ma se volete il mio parere si sarebbe potuta rilasciare ogni canzone del CD. Non era dello stesso avviso Rolling Stone, che fece una recensione piuttosto negativa dell’album.
In molti hanno scritto che ormai i Kansas stavano diventando per i membri stessi un’occupazione part-time, in quanto alcuni dei musicisti erano impegnati nella pubblicazione dei loro lavori da solisti.
Però ascoltando Curtain Of Iron o No One Together non si può non rimanere colpiti. Voce cristallina, violini, chitarre, tastiere, batteria e basso si fondono per creare canzoni meravigliose, che spero apprezzerete almeno quanto me!
Stay prog!
Elena Molinari
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