Arte e Cultura
Il tarlo di Ruth – Cosa sarebbe la vita senza le visioni e senza i sogni?
"Mi chiamo Ruth. Ho trentasei anni. E sono malata. Cioè, penso di avere una malattia rara, e d’altronde non saprei come altrimenti definirla: sono una visionaria.
"Mi chiamo Ruth. Ho trentasei anni. E sono malata. Cioè, penso di avere una malattia rara, e d’altronde non saprei come altrimenti definirla: sono una visionaria.
Ogni persona che incontro e che abbia un qualcosa, anche d’insignificante, che attiri la mia attenzione, stimola la mia immaginazione e mi fa inventare delle storie. Anzi, più che inventare, le vivo, letteralmente.
Secondo alcuni è una dote, ma per me è una condanna, un tarlo che, pian piano, si sta divorando la mia salute mentale…"
Da anni Rocco Sestito più o meno intimamente, coltivava il desiderio di realizzare qualcosa di più strutturato e così è nato il suo primo romanzo, “Il tarlo di Ruth”, disponibile nelle librerie da fine giugno 2014, edito da Leonida Edizioni, casa editrice di Reggio Calabria, ovvero della regione in cui è nato cinquant’anni fa. L'autore, residente a Trento ormai dal 1989, ha risposto gentilmente ad alcune nostre domande.
Mondo parallelo, realtà visionaria… queste esperienze fanno parte del nostro vivere quotidiano?
"Un’algida sequenza di azioni scandite dallo scorrere del tempo. In realtà, sappiamo benissimo come siano i sogni a far muovere l’Uomo verso sempre nuove frontiere e nuovi obiettivi in tutti i campi. E poi come dice Fellini, nella frase che ho usato come citazione a inizio del mio romanzo, “L’unico vero realista è il visionario”. È così che Ruth, nel suo continuodelirio, ci porta a conoscere il mondo come veramente è, e non come ci appare. Dalle nebbie della banale esistenza quotidiana, infatti, tra vicende che si succedono anonime e quasi senza futuro, l’immaginazione di Ruth apre squarci di visibilità, facendo riaffiorare figure, condizioni e situazioni diverse, sagome via via più distinte, che ci viene consentito di sbirciare: la cecità fisica, grazie alla quale Bianca scopre che cosa significhi veramente “vedere”; la ormai rassegnata misantropia del ragioniere Gregorio, sconfitta dall’inattesa scoperta delle poesie del barbone Gustavo; la paura del confronto spinta fino all’annientamento dell’altro; l’amara consapevolezza dell’emarginazione, da cui scaturisce la forza, tutta positiva, di guardare le cose da un’altra angolazione… atomi staccati di vite diverse che, per esistere, chiedono di essere immaginate da Ruth."
Quanto c’è di autobiografico nel Suo racconto?
"Per uno scrittore, inevitabilmente c’è sempre un po’ di sè in quello che scrive. A volte in maniera preponderante, a volte labile. Nel “Tarlo di Ruth”, devo dire che di autobiografico c’è solo il fatto che, come Ruth, anch’io sono un visionario. Anch’io mi ritrovo sempre a fantasticare e inventare storie. Solo che mentre a me la famiglia, il lavoro, la vita di tutti i giorni insomma, per forza di cose mi riporta alla realtà, Ruth, invece, è soggetta all’incessante lavorio del suo tarlo-condanna che fa sì che ogni persona che incontri, e che abbia qualcosa, anche d’insignificante, che la stimoli, le fa immaginare delle storie come fosse lei in prima persona a viverle, letteralmente. E sempre storie molto particolari. Per cui si trova nella quasi perenne condizione di essere fuori se stessa e dentro le vite degli altri. "
C’è un età, secondo Lei, per vivere in un mondo parallelo o ci si può stare per tutta la vita?
"No, non c’è un’età precisa. Realtà e mondo parallelo vanno sempre insieme. Può cambiare la natura delle visioni, ma il sogno ci accompagna sempre: da bambini fino al nostro ultimo istante. L’Uomo ha bisogno di credere e di immaginare “altro” oltre a quello che i suoi sensi gli fanno percepire, con tutte le conseguenze, positive e negative, che ciò comporta. Sognare troppo senza mantenere i piedi per terra non fa bene, ma altrettanto lo si può dire di una vita vissuta senza spiegare le vele al vento della fantasia e dell’immaginazione. Un antico e noto proverbio africano dice: “Nessuna carovana ha mai raggiunto il suo miraggio, ma i miraggi hanno fatto muovere molte carovane”. Questa frase penso spieghi tutto. "
Le storie che Ruth vive rappresentano per lei un tarlo, spesso però il “mondo parallelo” che noi tutti viviamo è per noi una valvola di sfogo.. dov’è il confine tra le due esperienze?
"Il confine o, meglio, il limite è soggettivo ed è quello che ogni uomo dotato di buon senso deve riuscire a darsi. È quello che, invece, non riesce a Ruth, il suo "tarlo”, infatti, è incontrollabile. Solo quando va a letto e, come tutte le persone normali, dovrebbe entrare nel mondo dei sogni, quelli legati al sonno, solo allora il suo tarlo si addormenta e lei, finalmente, riesce a smettere di "delirare"."
Mi racconta un po' di lei, da quanto tempo è a Trento e la sua attività come regista e scrittore?
"Sono nato a Borgia (CZ) in Calabria e, per motivi lavorativi, sono arrivato a Trento nel 1989. Discendo da una famiglia di musicisti e fin da piccolo ho iniziato lo studio prima della tromba e poi della chitarra, strumenti con i quali ho fatto parte di diverse formazioni di musica di vario genere. Ho iniziato a occuparmi di teatro già quando ero in Calabria, dove avevo una mia compagnia e avevo scritto e diretto alcuni spettacoli teatral-musicali.
Trasferitomi a Trento, ho iniziato a lavorare nel "Centro Teatrale Ziggurat" che adesso, purtroppo, non esiste più. Nello stesso periodo, 1992/1994, ho seguito per tre anni il "Laboratorio Nuova Musica", con corsi di composizione, direzione e analisi di musica contemporanea tenuti dal compianto M. Francesco Valdambrini a Pergine Valsugana. Nell'ambito di questo laboratorio ho scritto e diretto mie composizioni per ensemble da camera. Contemporaneamente al lavoro teatrale e musicale ho iniziato a occuparmi di video, realizzando diversi cortometraggi di fiction. Nel 1996 ho cominciato a scrivere racconti, diversi dei quali hanno ricevuto premi e riconoscimenti in vari Festival Letterari, e sono confluiti poi in una raccolta edita da L'Autore Libri – Firenze. Sempre nel 1996 ho fondato la Compagnia Teatrale "EMIT FLESTI", per la quale, oltre a tenere laboratori vari sul lavoro dell'attore, ho messo in scena, come regista, diversi spettacoli come Jacques e il suo padrone di M. Kundera, Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard, Woyzeck ballad da G. Büchner e O. Wilde, Cercando Toto’ spettacolo teatral-musicale mio. Ultimamente ho collaborato e collaboro, come drammaturgo e regista, con diverse realtà come la CORALE ALTRETERRE, per la quale ho scritto e diretto Il viaggio dell’Utopia; l’ASSOCIAZIONE OZ, con la quale ho messo in scena La morte e la fanciulla di A. Dorfman e Scene da un matrimonio di I. Bergman, quest’ultimo, spettacolo pluripremiato; la BANDA di VIGO-CORTESANO, la COMPAGNIA DELL’ ATTIMO di Rovereto e IL GIARDINO DELLE ARTI.
L’ultimo spettacolo di cui ho curato drammaturgia e regia è “SQU – Vittime Carnefici Spettatori” con la Compagnia ESTROTEATRO, andato in scena il 5 dicembre 2014 al Teatro “Cuminetti” di Trento. Infine vorrei ricordare la regia dell’Opera Lirica “Il maestro di musica” di G.B. PERGOLESI, andata in scena al TEATRO SOCIALE DI TRENTO nel dicembre 2002, con l’ORCHESTRA DELL’UNIVERSITA’ DI TRENTO, sotto la direzione musicale del M° Stefano Chicco.”
Titolo: Il tarlo di Ruth
Autore: Sestito Rocco
Editore: Leonida Edizioni
Pagine: 128
Prezzo: 13,00€
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