Italia ed estero
Quanto è grottesco il dibattito sull’efficacia della tortura
“Abbiamo fatto ciò che ci avevano assicurato fosse legale”, “Stavamo solo eseguendo gli ordini”, “Credevamo che il fine giustificasse i mezzi”, queste sono solo alcune delle patetiche scuse usate da coloro che, in nome degli Stati Uniti, hanno ordinato o perpetrato quelli che sono internazionalmente riconosciuti come crimini di guerra.

“Abbiamo fatto ciò che ci avevano assicurato fosse legale”, “Stavamo solo eseguendo gli ordini”, “Credevamo che il fine giustificasse i mezzi”, queste sono solo alcune delle patetiche scuse usate da coloro che, in nome degli Stati Uniti, hanno ordinato o perpetrato quelli che sono internazionalmente riconosciuti come crimini di guerra.
Secondo il rapporto del Senato americano sul trattamento dei detenuti coinvolti negli eventi dell’11 settembre 2001, sono almeno 39 coloro che vennero torturati con quelle che l’amministrazione guidata da George Bush e Dick Cheney definì “tecniche di interrogatorio avanzate”.
Venivano tenuti svegli per addirittura 180 ore, spesso in piedi o in posizioni ideate apposta per indurre sofferenza. Le braccia legate dietro al capo. Denudati e obbligati a immergersi in delle vasche piene di acqua ghiacciata. Almeno cinque detenuti furono sottoposti alla cosiddetta “reidratazione” o “alimentazione anale”.
E mentre la CIA dice che furono solo 3 coloro che vennero sottoposti al waterboarding, la tristemente celebre tortura che simula un annegamento, gli investigatori del Senato hanno trovato gli strumenti per questo tipo di violenza anche in quei centri di detenzione dove, sempre secondo le fonti ufficiali, non era stata praticata.
Infine, sono ben due i detenuti che persero la vita a causa di queste “tecniche di interrogatorio avanzate”, che nulla hanno da invidiare alle più perverse sevizie del regime nazista.
Il rapporto del Senato americano tenta di dimostrare che il ricorso alle torture fu inefficace, in quanto tutte le informazioni utili nella lotta contro Al-Qaida sono state ottenute con metodi di interrogatorio tradizionali. Non è questa però la versione di coloro che hanno ordinato e commesso queste brutalità, come ad esempio l’allora vicepresidente Dick Cheney, che non ha imbarazzo a dire che rifarebbe tutto da capo.
Si tratta di affermazioni che non potranno mai essere dimostrate. È infatti impossibile determinare a posteriori che le informazioni carpite attraverso la tortura avrebbero potuto essere ottenute anche con altre tecniche di interrogatorio.
Ma soffermarsi sull’efficacia di queste sevizie è altamente fuorviante. Ciò che importa non è se si possono ottenere più o meno informazioni attraverso la tortura. Ciò che veramente conta è che il ricorso alla tortura, oltre che a costituire una grave violazione del diritto statunitense e internazionale, costituisce la più violenta forma di umiliazione della dignità dell’individuo. Un mezzo a cui non si può mai fare ricorso, pena la perdita della nostra stessa umanità.
La CIA si difende sostenendo che i consiglieri giuridici dell’amministrazione Bush dichiararono a suo tempo che quelli commessi dall’agenzia non erano esattamente atti di tortura. Ma se gli ufficiali della CIA sono sinceramente convinti di aver fatto la cosa giusta, perché continuano ad aggrapparsi a queste scappatoie legalistiche?
E poi: perché tutte le registrazioni delle sessioni di waterboarding sono andate distrutte? Perché la CIA si è opposta così strenuamente alle investigazioni del Senato, arrivando addirittura a infiltrasi nei computer del comitato investigativo? Perché si continua a insistere sulla presunta efficacia della tortura, sviando il dibattito dalla gravità dei crimini commessi dalle autorità americane?
La risposta è una sola: i responsabili delle torture sanno (e hanno sempre saputo) che quello che stavano facendo era terribilmente sbagliato.
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